Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5: краткое содержание, описание и аннотация

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Damaso, Vescovo di Roma, che dovè svergognare l'avarizia del suo Clero pubblicando la legge di Valentiniano, ebbe il buon senso o la buona fortuna di impegnare in suo servizio lo zelo e l'abilità del dotto Girolamo; e questo grato Santo ha celebrato il merito e la purità d'un carattere molto ambiguo 80 80 Tre parole di Girolamo, Sanctae memoriae Damasus (Tom. II. p. 109.), lavano tutte le sue macchie; ed abbagliano i devoti occhj del Tillemont: Mem. Eccles. T. VIII p. 386. 424. . Ma curiosamente ha osservato gli splendidi vizj della Chiesa Romana sotto il regno di Valentiniano e di Damaso l'istorico Ammiano, che indica l'imparziale suo sentimento in queste espressive parole. «La Prefettura di Juvenzio godeva il vantaggio della pace e dell'abbondanza; ma presto fu disturbata la tranquillità del suo governo da una sanguinosa sedizione del diviso popolo. L'ardore di Damaso e di Orsino, per occupare la sede Episcopale, sorpassò l'ordinaria misura dell'ambizione umana. Essi contendevano col furor di parte; era sostenuta la disputa con le ferite o con la morte dei loro seguaci; ed il Prefetto, incapace d'impedire o d'acquietare il tumulto, fu costretto dalla forza maggiore a ritirarsi nei sobborghi. Damaso prevalse: la vittoria, molto contrastata, finalmente rimase dalla parte della fazione di lui; furon trovati nella Basilica di Sicinino 81 81 La Basilica di Sicinino o di Liberio è probabilmente la Chiesa di S. Maria Maggiore sul colle Esquilino. Baronio an. 367. num. 3. e Donat. Rom. Antiq. et nov. lib. IV. c. 3. p. 462. , dove i Cristiani tenevano le religiose loro adunanze, centotrentasette corpi morti 82 82 Girolamo stesso è costretto a confessare crudelissimae interfectiones diversi sexus perpatratae. Cron. p. 186. Ma per strana combinazione ci è restato un libello , o domanda originale di due Preti del partito contrario. Essi affermano, che furon bruciate le porte della Basilica, e scoperchiatone il tetto; che Damaso marciò alla testa del suo Clero, di scavatori di sepolcri, di cocchieri e di gladiatori stipendiati; che non fu ucciso veruno del suo partito, ma che vi furon trovati centosessanta corpi morti. Tal libello fu pubblicato dal P. Sirmondo nel primo Tomo delle sue opere. ; e passò molto tempo avanti che gli animi riscaldati del popolo riprendessero la solita loro tranquillità. Considerando lo splendore della Capitale, non mi fa maraviglia, che un premio sì valutabile accendesse le brame di uomini ambiziosi, e producesse le più fiere ed ostinate contese. Il candidato, che ottiene l'intento, è sicuro d'esser arricchito dalle offerte delle matrone 83 83 I nemici di Damaso lo chiamavano Auriscalpius Matronarum , sollecitatore degli orecchj delle matrone. ; e vestito con decente cura ed eleganza può passeggiar nel suo cocchio per le strade di Roma 84 84 Gregorio Nazianzeno ( Orat. XXXII. p. 526.) descrive la vanità ed il lusso dei Prelati che presedevano alle città Imperiali; gli aurei loro cocchi, i focosi destrieri, ed il numeroso seguito ec. La turba dava luogo come ad una bestia selvaggia. ; e la sontuosità della mensa Imperiale non uguaglierà i copiosi e delicati conviti apparecchiati dal gusto ed a spese dei Romani Pontefici. Con quanto più di ragione (continua il buon Pagano) provvederebbero questi Pontefici alla vera loro felicità, se invece d'allegare la grandezza della città come una scusa dei loro costumi, imitasser la vita esemplare di alcuni Vescovi delle province, nei quali la sobrietà e temperanza, il moderato equipaggio, e gli umili sguardi rendono la modesta e pura loro virtù commendabile alla Divinità ed ai veri adoratori di essa 85 85 Ammiano XXVII. 3. Perpetuo Numini verisque ejus cultoribus. Che incomparabil condiscendenza d'un Politeista! ». Fu estinto lo scisma di Damaso e di Orsino mediante l'esilio di questo ultimo; e la saviezza del Prefetto Pretestato 86 86 Ammiano, che fa una bella narrazione della sua Prefettura (XXVII. 9.), lo chiama praeclarae indolis gravitatisque Senator (XXII. 7. e Vales. ib .). Una curiosa Inscrizione (ap. Gruter. MCII, n. 2.) contiene in due colonne gli onori civili e religiosi di esso. In una vien dichiarato Pontefice del Sole e di Vesta, Augure, Quindecemviro, Jerofante ec. ec. Nell'altra 1. Questore candidato, più probabilmente titolare, 2. Pretore, 3. Correttore della Toscana e dell'Umbria, 4. Consolare della Lusitania, 5. Proconsole dell'Acaja, 6. Prefetto di Roma, 7. Prefetto del Pretorio d'Italia, 8. dell'Illirico, 9. Console eletto; ma egli morì prima che cominciasse l'anno 385. Vedi Tillemont Hist. des Emper. Tom. V. p. 241, 736 . restituì la calma alla città. Pretestato era un Pagano filosofo, un uomo erudito, di buon gusto e culto, che cuoprì sotto l'aria di scherzo un rimprovero, allorchè assicurò Damaso, che avrebbe subito abbracciato egli stesso la religione Cristiana, se avesse ottenuto il Vescovato di Roma 87 87 Facite me Romanae urbis Episcopum, et ero protinus Christianus: Girolam. Tom. II. p. 165. Egli è più che probabile, che Damaso non avrebbe comprato a tal prezzo la conversione di esso. . Questa viva pittura della ricchezza e del lusso dei Papi nel quarto secolo, tanto più riesce curiosa, in quanto che ci rappresenta il grado medio fra l'umile povertà del pescatore Apostolico, e la regia condizione d'un Principe temporale, i dominj del quale s'estendono dai confini di Napoli fino alle rive del Po.

Quando il voto dei Generali e dell'esercito pose nelle mani di Valentiniano lo scettro del Romano Impero, la sua riputazione nelle armi, la militar perizia ed esperienza che aveva, ed il rigido suo attaccamento ai costumi, ugualmente che allo spirito dell'antica disciplina, furono i principali motivi della giudiziosa loro elezione. L'ardor delle truppe, che lo costrinsero a nominare un collega, fu giustificato dalla pericolosa situazione dei pubblici affari; e Valentiniano medesimo sapeva, che le forze di uno spirito anche il più attivo non servivano per difendere le remote frontiere di una Monarchia sottoposta alle invasioni. Appena la morte di Giuliano ebbe liberato i Barbari dal terrore del suo nome, che le più vive speranze di rapine e di conquiste eccitarono le nazioni dell'Oriente, del Settentrione e del Mezzogiorno.

Le loro scorrerie furono spesso moleste ed alle volte formidabili; ma nei dodici anni del regno di Valentiniano, la sua fermezza e vigilanza difese i proprj Stati, e parve che il vigoroso genio di lui inspirasse e dirigesse i deboli consigli del fratello. Il metodo in forma di annali esprimerebbe con più forza le urgenti e divise cure dei due Imperatori; ma l'attenzione del lettore sarebbe ugualmente distratta da una tediosa ed incostante narrazione. Un separato prospetto dei cinque gran teatri di guerra, cioè della Germania, della Britannia, dell'Affrica, dell'Oriente e del Danubio, darà un'idea più distinta dello stato militare dell'Impero nei regni di Valentiniano e di Valente.

I. Gli Ambasciatori degli Alemanni erano stati offesi dalla dura ed altiera condotta di Ursacio, Maestro degli Uffizi 88 88 Ammiano XXVI. 5. Valesio aggiunge una lunga e stimabile nota sopra il Maestro degli Uffizj. , che per un atto d'inopportuna parsimonia avea diminuito il valore e la quantità dei presenti, ai quali essi avevan diritto, o per uso o per trattato, nell'innalzamento al trono dei nuovi Imperatori. Espressero e comunicarono essi a' loro nazionali un forte sentimento dell'affronto che facevasi alla nazione. Gli animi dei loro Capi, facilmente irritabili, furono inaspriti dal sospetto di esser disprezzati; e la marzial gioventù corse in folla a' loro stendardi. Avanti che Valentiniano fosse in istato di passare le alpi, i villaggi della Gallia erano in fiamme; e prima che il suo general Dagalaifo potesse andare incontro agli Alemanni, questi avevano già posto in sicuro gli schiavi e le spoglie nelle foreste della Germania. Al principio dell'anno seguente la militar forza di tutta la nazione ruppe in profonde e sode colonne il riparo del Reno nel mezzo al rigore d'un inverno settentrionale. Furon disfatti e feriti mortalmente due Conti Romani; e le bandiere degli Eruli e dei Batavi caddero nelle mani dei vincitori, che spiegarono con insultanti clamori e minacce il trofeo della loro vittoria. Le bandiere furono ricuperate: ma i Batavi non si eran purgati dalla macchia del disonore e della fuga loro agli occhi del severo lor giudice. Valentiniano era d'opinione, che i suoi soldati dovessero apprendere a temere il lor comandante, prima che potessero cessare di temere il nemico. Furono solennemente adunate le truppe, ed i tremanti Batavi circondati dall'esercito Imperiale. Valentiniano allora, salito sul Tribunale, quasi che sdegnasse di punir la codardia con la morte, impresse una nota d'indelebile ignominia negli uffiziali, la cattiva condotta e pusillanimità de' quali si trovò essere stata la prima occasione della disfatta. I Batavi furon deposti dal loro grado, spogliati delle armi, e condannati ad esser venduti per ischiavi al maggiore offerente. A questa tremenda sentenza le truppe caddero prostrate a terra; supplicarono che si calmasse lo sdegno del loro Sovrano; e si protestarono, che se gli avesse accordato loro di fare un'altra prova, si sarebbero dimostrati non indegni del nome di Romani e di suoi soldati. Valentiniano, che affettava ripugnanza, finalmente cedè alle loro istanze: i Batavi ripresero le armi, e con esse l'invincibil risoluzione di lavare il lor disonore nel sangue degli Alemanni 89 89 Ammiano XXVII. 1. Zosimo l. IV. p. 208. Vien soppressa la vergogna dei Batavi da un soldato contemporaneo per un riguardo all'onor militare, che non poteva interessare un Retore Greco del seguente secolo. . Dagalaifo aveva scansato il principal comando, e quest'esperto Generale da cui erano rappresentate forse con troppa prudenza l'estreme difficoltà dell'impresa, ebbe la mortificazione di vedere avanti il termine della campagna, che il suo rivale Giovino cangiò quegli ostacoli in decisivi vantaggi sopra le forze disperse dei Barbari. Alla testa d'un ben disciplinato esercito di cavalleria, di infanteria e di truppe leggiere, Giovino s'avanzò con cauti e rapidi passi fino a Scarponna 90 90 Vedi Danville Not. dell'ant. Gallia p. 587 . Il nome della Mosella, che non è specificato da Ammiano, viene indicato chiaramente da Mascov Istor. degli ant. Germani VII. 2. , nel territorio di Metz, dove sorprese una grossa divisione di Alemanni, prima che avessero tempo di prender le armi; ed animò i suoi soldati con la fiducia di una facile e non sanguinosa vittoria. Un'altra divisione o piuttosto armata nemica, dopo una crudele e licenziosa devastazione dell'adiacente paese, si riposava sulle ombrose rive della Mosella. Giovino, che aveva osservato il terreno coll'occhio di Generale, tacitamente si approssimò per mezzo d'una profonda e selvosa valle, fino a poter distintamente conoscere l'indolente sicurezza dei Germani. Alcuni stavan bagnando le robuste lor membra nel fiume: altri pettinavano i lunghi e biondi loro capelli; ed altri bevevano gran quantità di prezioso e delicato vino. Ad un tratto essi udirono il suono della tromba Romana; e videro nel loro campo il nemico. Lo stupore produsse il disordine; a questo successe la fuga e l'abbattimento; e la confusa moltitudine dei più bravi guerrieri fu trafitta dalle spade e dai giavelotti dei legionari e degli ausiliari. I fuggitivi corsero al terzo e più considerabile corpo, che si trovava nelle pianure Catalaunie vicino a Scialons nella Sciampagna; furono in fretta richiamati i distaccamenti sparsi ai loro stendardi, ed i Capi dei Barbari, ammoniti ed irritati dal fato dei loro compagni, si prepararono ad incontrare in una decisiva battaglia le vittoriose forze del Luogotenente di Valentiniano. Il sanguinoso ed ostinato combattimento durò tutta una giornata di state con egual valore e con dubbio successo. Ma prevalsero finalmente i Romani con la perdita di mille dugento soldati. Vi restarono morti seimila degli Alemanni, e quattromila feriti; ed il valente Giovino, dopo avere inseguito i fuggitivi residui del loro esercito fino alle sponde del Reno, tornò a Parigi a ricever l'applauso del suo Sovrano e le insegne del Consolato pel seguente anno 91 91 Son descritte queste battaglie da Ammiano (XXVII. 2) e da Zosimo (l. IV. p. 209.) il quale suppone che Valentiniano vi si trovasse presente. . Il trionfo dei Romani fu macchiato in vero dal trattamento che fecero al Re prigioniero, il quale fu da essi appiccato ad un patibolo, senza che lo sapesse lo sdegnato loro Generale. Questo vergognoso atto di crudeltà, che potrebbe imputarsi al furor delle truppe, fu seguito dalla deliberata uccisione di Witicab figlio di Vadomairo, Principe Germano, di costituzione di corpo debole ed infermiccia, ma d'ardimentoso e formidabile spirito. Il domestico assassino di lui fu instigato e protetto da' Romani 92 92 Studio sollicitante nostrorum occubuit : Ammiano XXVII. 10. ; e la violazione delle leggi d'umanità e di giustizia dimostra la segreta loro apprensione della debolezza del cadente Impero. Rade volte nei pubblici consigli si adotta l'uso del pugnal traditore, sin tanto che si conserva qualche fiducia nella forza aperta del brando.

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