Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5: краткое содержание, описание и аннотация

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Il trionfo del partito ortodosso ha lasciato sopra la memoria di Valente una profonda macchia di persecuzione; ed il carattere di un Principe, che traeva le sue virtù ed i suoi vizi da un debole intelletto e da un'indole pusillanime, appena merita che ci prendiamo la pena di farne l'apologia. Ciò nonostante, il candore può scoprire motivi di sospettare, che i Ministri Ecclesiastici di Valente spesso eccedessero gli ordini o anche le intenzioni del loro Signore; e che la verità dei fatti siasi molto magnificata dalla veemente declamazione e dalla facile credulità dei suoi antagonisti 69 69 Il D. Jortin. ( Osservaz. sull'Istor. Eccles. Vol. IV. p. 78.) ha già concepito ed insinuato l'istesso sospetto. . In primo luogo, il silenzio di Valentiniano può suggerire un probabile argomento, che i parziali rigori, esercitati nelle Province ed in nome del suo collega, soltanto si riducessero ad alcune oscure ed inconsiderabili deviazioni dallo stabilito sistema di tolleranza religiosa; e quel giudizioso Istorico, che ha lodato la temperata natura del fratello maggiore, non si è creduto in dovere di porre a contrasto la tranquillità dell'Occidente con la crudele persecuzione dell'Oriente 70 70 Questa riflessione è così ovvia e forte, che Orosio (l. VII. c. 32. 33.) differisce la persecuzione fino ad un tempo posteriore alla morte di Valentiniano. Socrate dall'altra parte, suppone (l. III. c. 21.) che fosse quietata da una filosofica orazione, che pronunziò Temistio l'anno 374. ( Orat. XXII. p. 154. solamente in Latino). Tali contraddizioni diminuiscono l'evidenza ed abbreviano il termine della persecuzione di Valente. . Secondariamente, per quanto vogliam prestar fede alle incerte e lontane relazioni, si può distintamente conoscere il carattere o almeno la condotta di Valente negli affari che trattò personalmente coll'eloquente Basilio Arcivescovo di Cesarea, che era succeduto ad Atanasio nel maneggio della causa spettante alla Trinità 71 71 Il Tillemont, da me seguitato e compendiato, ha tratto ( Mem. Eccles. Tom. VIII. p. 153-167.) le più autentiche circostanze dai Panegirici dei due Gregori, l'uno fratello e l'altro amico di Basilio. Le lettere di Basilio medesimo (Dupin Bibl. Eccles. Tom. II. p. 155-180.) non presentano l'immagine d'una persecuzione molto viva. . Se ne fece la circostanziata narrazione dagli amici ed ammiratori di Basilio; e spogliata che sia da un grossolano abbigliamento di rettorica e di miracoli, resteremo sorpresi dall'inaspettata dolcezza del tiranno Arriano, che ammirò la fermezza del suo animo, o temè, facendogli violenza, una rivoluzione generale nella provincia della Cappadocia. L'Arcivescovo, che sosteneva con inflessibile alterigia 72 72 Basilius Caesarensis Episcopus Cappadociae clarus habetur… qui multa continentiae et ingenii bona uno superbiae malo perdidit. Questo irriverente passo perfettamente combina con lo stile e col carattere di S. Girolamo. Non si trova nell'Edizione Scaligeriana della sua Cronica; ma Isacco Vossio l'ha trovato in alcuni antichi manoscritti, che non erano stati corretti dai Monaci. la verità delle sue opinioni e la dignità del suo posto, fu lasciato nel libero possesso della sua coscienza e della sua sede. L'Imperatore devotamente assistè nella Cattedrale alla messa solenne: ed in luogo di una Sentenza di esilio, sottoscrisse la donazione di considerabili beni per uso di uno spedale, che Basilio aveva ultimamente fondato nelle vicinanze di Cesarea 73 73 Quella nobile e caritatevole fabbrica (quasi un'altra città) sorpassava in merito se non in grandezza, le piramidi o le mura di Babilonia. Essa era destinata principalmente a ricevere i lebbrosi: Gregor. Nazianzeno Orat. XX. pag. 439. . In terzo luogo, non ho potuto trovare, che da Valente fosse fatta contro gli Atanasiani alcuna legge, come quella che in seguito fece Teodosio contro gli Arriani; e l'editto, che suscitò i più violenti clamori, non sembra poi tanto degno di riprensione. L'Imperatore aveva osservato, che molti dei suoi sudditi, seguitando la pigra loro inclinazione, si erano associati, sotto pretesto di religione, ai Monaci dell'Egitto; e diede ordine al Conte dell'Oriente di trarli fuori della lor solitudine, e costringere quei disertori della società ad accettare la giusta alternativa, o di rinunziare ai temporali lor beni, o di adempire i pubblici doveri degli uomini e dei cittadini 74 74 Cod. Teodos. l. XII. Tit. I. leg. 63. Il Gotofredo (Tom. IV. p. 409-413) fa l'uffizio di Commentatore e d'Avvocato. Il Tillemont ( Mem. Ecoles. Tom. VIII. p. 808. ) suppone una seconda legge per iscusare gli Ortodossi suoi amici, che avevano male rappresentato l'editto di Valente e soppresso la libertà della scelta. . Sembra che i Ministri di Valente estendessero il senso di questo penale statuto, giacchè si arrogarono il diritto di arrolare nelle armate Imperiali i Monaci giovani e di forte corporatura. Fu spedito da Alessandria nel vicino deserto di Nitria 75 75 Vedi Danville Descript. de l'Egypt. p. 74. In seguito esamineremo gl'Instituti Monastici. , popolato da cinquemila Monaci, un distaccamento di cavalleria e d'infanteria consistente in tremila soldati. Erano essi guidati da Preti Arriani, e si racconta, che fu fatta una considerabile strage nei Monasteri, nei quali non si ubbidiva ai comandi del Principe 76 76 Socrate l. IV. c. 24. 25., Orosio l. VII. c. 33. Girol. Cron. p. 189. e Tom. II. p. 212. I Monaci dell'Egitto facevano molti miracoli, che provan la verità della loro fede. Benissimo, (dice Jortin Osservaz. Vol. IV. p. 79.) ma chi prova la verità di questi miracoli? .

Gli stretti regolamenti, che la saviezza dei moderni Legislatori ha fatti per frenare la ricchezza e l'avarizia del Clero, in origine si posson dedurre dall'esempio dell'Imperatore Valentiniano. Il suo editto 77 77 Cod. Teodos. lib. XVI. Tit. II. leg. 20. Il Gotofredo (Tom. IV. pag. 49.), seguitando l'esempio del Baronio, raccoglie senza parzialità tutto quello che i Padri hanno detto relativamente a questa importante legge, lo spirito della quale molto tempo dopo fu fatto risorgere dall'Imperator Federigo II. da Eduardo I. Re d'Inghilterra, e da altri Principi Cristiani, che regnarono dopo il duodecimo secolo. , indirizzato a Damaso Vescovo di Roma, fu pubblicamente letto nelle Chiese della città. Egli ammoniva gli Ecclesiastici ed i Monaci a non frequentare le case delle vedove e delle vergini, e ne minacciava la disubbidienza con pene civili. Al Direttore non fu più permesso di ricevere alcun donativo, legato, o eredità dalle figlie spirituali; ogni testamento contrario a quest'editto fu dichiarato nullo, e ciò che si fosse illegittimamente donato, dovea confiscarsi in benefizio del tesoro pubblico. Sembra che con una successiva costituzione fossero estesi gli stessi provvedimenti alle Monache e ai Vescovi, e che tutte le persone dell'ordine Ecclesiastico si rendessero incapaci di ricevere alcuna donazione testamentaria, e rigorosamente fossero limitate ai naturali e legittimi diritti della successione. Valentiniano, come custode della domestica felicità e virtù, applicò al male nascente questo rigoroso rimedio. Nella Capitale dell'Impero le donne di case nobili e ricche possedevano vastissimi e indipendenti patrimonj: e molte di quelle devote femmine avevano abbracciato le dottrine del Cristianesimo, non solamente col freddo assenso dell'intelletto, ma eziandio col calore dell'affezione, e forse coll'ardor della moda. Sacrificavano esse i piaceri della pompa e del lusso; e rinunziavano per amor della castità alle dolci lusinghe della società conjugale. Si deputava qualche Ecclesiastico, di reale o di apparente santità, per diriger la timorosa loro coscienza, e per occupare la tenerezza vacante del loro cuore; e spesso qualche furbo o entusiasta, che dall'estremità dell'Oriente correva a godere in uno splendido teatro i privilegj della professione Monastica, si abusava dell'illimitata confidenza che esse precipitosamente accordavangli. Mediante il disprezzo, che questi avevan del Mondo, insensibilmente acquistavano i più desiderabili vantaggi di esso, come il vivo attaccamento di una forse giovane e bella donna, la delicata abbondanza d'una casa opulenta, ed il rispettoso omaggio degli schiavi, dei liberti e dei clienti d'una Senatoria famiglia. Le immense ricchezze delle Dame Romane appoco appoco si consumavano in prodighe elemosine e in dispendiosi pellegrinaggi; e l'artificioso Monaco, che aveva assegnato a se stesso il primo e, se era possibile, il solo posto nel testamento della spirituale sua figlia, pretendeva sempre di dichiarare, con la dolce apparenza dell'ipocrisia, che egli era il solo strumento della carità, e l'amministratore dei beni dei poveri. Quel lucroso ma disonorevol commercio 78 78 L'espressioni, che ho adoperate, son deboli e moderate, se si paragonino con le veementi invettive di Girolamo (Tom. I. p. 13. 45. 144). Fu anche ad esso rinfacciata la colpa, che egli imputava ai Monaci fratelli di lui; e lo scellerato, il versipelle fu pubblicamente accusato come amante della vedova Paola. (Tom. II. p. 363). Ei godeva senza dubbio l'affezione sì della madre che della figlia; ma dichiara che non abusò mai della sua autorità in favore di alcun sensuale o a sè vantaggioso disegno. , che si esercitava dal Clero per defraudare l'espettazione degli eredi naturali, avea provocato fino lo sdegno d'un secolo superstizioso; e due dei più rispettabili Padri Latini molto ingenuamente confessano, che l'ignominioso editto di Valentiniano fu giusto e necessario; e che i Sacerdoti Cristiani avean meritato di perdere un privilegio, che tuttavia si godeva dai commedianti, dai cocchieri e dai ministri degli idoli. Ma la saviezza e l'autorità del legislatore di rado son vittoriose, quando combattono la vigilante destrezza dell'interesse privato; e Girolamo o Ambrogio potevano con pazienza acquietarsi nella giustizia di una legge salutare, ma inefficace. Se raffrenavansi gli Ecclesiastici negli acquisti di personali emolumenti, essi non lasciavano d'esercitare una più lodevole industria in accrescere la ricchezza comune della Chiesa, ed in decorare la loro avidità coi nomi speciosi di pietà e di patriottismo 79 79 Pudet dicere Sacerdotes Idolorum, mimi, et aurigae, et scorta haereditates capiunt: solis Clericis ac Monacis hac lege prohibetur. Et non prohibetur a persecutoribus, sed a Principibus Christianis. Nec de lege quaeror, sed doleo, cur meruerimus hanc legem. Girolamo (Tom. I. p. 13) prudentemente indica la segreta politica di Damaso, suo protettore. .

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