Edward Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12: краткое содержание, описание и аннотация

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Questi generosi liberatori però non aveano in animo di lasciarsi sfuggir di mano il giovine, loro ostaggio, prima di aver ottenuto dal padre il pagamento, o almeno la formale promessa delle ricompense pattuite col figlio. Elessero quattro ambasciatori, Mattia di Montmorenci, il nostro storico Maresciallo della Sciampagna, e due Veneziani per portare le loro congratulazioni all'Imperatore. Al loro avvicinare si apersero le porte della città, una doppia schiera di guardie inglesi e danesi, colla loro azza da guerra fra le mani, fiancheggiava entrambi i lati delle strade; nella sala del trono abbagliava gli sguardi lo splendore dell'oro e dello gemme preziose che mal teneano vece di perduta possanza e virtù. La moglie di Isacco figlia del Re d'Ungheria, sedeasi a fianco del marito, circondata da tutte le nobili matrone della Grecia, convenute ivi alla prima notizia del nuovo esaltamento della sovrana, e confuse in mezzo a molta mano di senatori, e soldati che facean cerchio al trono. I Francesi, col ministero del Maresciallo favellarono, siccome uomini persuasi di quanto ai loro servigi doveasi, ma che però rispettavano l'opera delle lor mani, onde Isacco chiaramente comprese come gli convenisse adempire senza titubazione, od indugio gli obblighi che il figlio suo coi Veneziani e co' pellegrini aveva contratti. Dopo aver fatto introdurre i quattro messaggeri in una stanza interna, ove si trasferì, accompagnato dall'Imperatrice, da un ciamberlano, e da un interprete, il padre del giovine Alessio chiese con inquietezza in che si stessero le cose promesse dal figlio suo. Il maresciallo di Sciampagna avendogli fatto noto che l'Imperatore greco dovea impor fine allo scisma col sottomettersi egli e i suoi popoli alla supremazia del Papa, contribuire coi proprj soccorsi alla liberazione di Terra Santa, sborsare in contanti una contribuzione di dugentomila marchi d'argento: «Questi patti son gravi, rispose accortamente il Monarca, duri da accettare, difficili da adempire; nondimeno, non vi è cosa che possa superare i vostri meriti e i vostri servigi». Soddisfatti di questa risposta, i Baroni montarono a cavallo, e accompagnarono sino alla reggia l'erede del trono, al quale la giovinezza e il tenore delle sue avventure cattivavano tutti i cuori; insieme al padre fu coronato nella Chiesa di S. Sofia. Nei primi giorni del nuovo regno, il popolo esultante pel ritorno della pace e dell'abbondanza, godea che tal fosse stato lo scioglimento della catastrofe. I Nobili nascondeano sotto la maschera di giubilo e di fedeltà, il rincrescimento, l'astio, i timori. Ad evitare gl'inconvenienti che avrebbe potuto produrre nella città la mescolanza delle due nazioni, vennero assegnate ai Veneziani e ai Francesi le stanze ne' sobborghi di Pera e di Galata, lasciata però ad essi ogni libertà di diportarsi a trafficare entro le mura di Costantinopoli. La divozione e la curiosità conducea ogni giorno un gran numero di pellegrini a visitarne le chiese e i palagi. Non mossi forse dalla perfezione dell'arti che in questi edifizj signoreggiava, i nostri ruvidi antenati sentivano però il prezzo della magnificenza che in essi ammiravasi. La povertà delle città ove erano nati, rendea più splendente ai loro sguardi il fasto e la popolazione della prima metropoli della Cristianità 74 74 Il Villehardouin colla sua grossolana eloquenza, n. 66-100, ne fa comprendere, quale impressione provassero i Crociati al vedere Costantinopoli e i suoi dintorni: cette ville , dic'egli, que de toutes les autres ere Souveraine . V. i tratti di questa descrizione in Foulcher di Chartres ( Hist. Hieros. , t. I, c. 4), e in Guglielmo di Tiro (II, 5, XX, 26). . Abbandonandosi, non con bastante cautela ai sentimenti della giustizia e della gratitudine, il giovine Alessio dimenticava spesse fiate l'imperiale dignità rendendo visite famigliari ai suoi benefattori, e in mezzo alla libertà della mensa i Francesi, spinti da leggiera vivacità, non pensavano sempre che si trovavano a petto dell'imperator d'Oriente 75 75 Giocando ai dadi, i Latini gli tolsero il suo diadema, mettendogli in capo un berrettone di lana o di pelo. Το μεγαλοπρεπες κς παγκλειστον κατερρυπινεν ονομα, infamavano un nome dignitoso e gloriosissimo (Nicetas, p. 358). Se un tale scherzo gli fu fatto dai Veneziani, vi si vedeva la conseguenza dell'audacia naturale ai repubblicani e ai trafficanti. . In più gravi parlamenti, ognuno era rimasto d'accordo che l'unione delle due Chiese poteva essere l'opera unicamente del tempo, e che tornava l'aspettar questo tempo pazientemente. Ma l'avarizia fu men maneggevole dello zelo religioso, nè l'Imperator greco trovò modi per dispensarsi dal pagare una fortissima somma che i bisogni e i gridori de' Crociati sedasse 76 76 V. Villehardouin, n. 181; Dandolo, p. 322. Il Doge afferma che i Veneziani furono pagati più lentamente de' Francesi, osservando però che la storia delle due nazioni in ordine a ciò non si trova d'accordo. Aveva egli letti gli scritti del Villehardouin? I Greci si lamentarono quod totius Graeciae opes transtulisset ( Gunther , Hist. , C. P. c. 13). V. le querimonie e le invettive di Niceta (p. 355). . Alessio vedea però mal volentieri avvicinarsi il momento della partenza di questi ospiti; perchè, se per una parte la lontananza de' medesimi lo avrebbe sciolto da molesti pensieri sopra un debito che per allora non era abile a soddisfare, ei si vedea per essa esposto, senza chi il soccorresse, ai capricci di una nazione dedita al tradimento. Quindi Alessio si offerse di compensarli d'ogni spesa, e pagare anche quanto essi dovevano ai Veneziani pel somministrato navilio, sempre che la partenza da Costantinopoli differissero ancor per un anno. La proposta fu nel consiglio dei Baroni agitata: dopo nuove discussioni e nuovi scrupoli, i Capi de' Francesi all'opinione del Doge e alle preghiere del giovine Imperatore una seconda volta cedettero. Il Marchese di Monferrato, mediante lo sborso di mille seicento libbre d'oro, acconsentì a condurre il figlio d'Isacco con un esercito in tutte le province europee, onde far più salda su di quelle la sua autorità ed inseguire lo zio; nel qual tempo la presenza di Baldovino, e degli altri confederati terrebbe in dovere gli abitanti di Costantinopoli. La spedizione sortì buon esito; e gli adulatori che stavansi attorno al trono, non mancarono di predire al cieco monarca che la Providenza, poichè era giunta a trarlo dal carcere, lo guarirebbe dalla gotta, gli restituirebbe la vista, e veglierebbe alla prosperità del suo impero. Il padre di Alessio superbendo del buon successo delle proprie armi, con fiducia ascoltavali; però la gloria sempre crescente del figlio, incominciò a crucciargli l'animo, proclive per solito al sospetto ne' vecchi: nè tutto il suo orgoglio bastava per nascondere a questo padre invidioso, che gli encomj i più universali, i più sinceri erano per Alessio, per lui qualche debole plauso di formalità, a stento ancor conceduto 77 77 Il regno di Alessio Comneno occupa tre interi libri di Niceta, che impiega solo cinque capitoli a narrare la corta restaurazione d'Isacco e del giovine Alessio (p. 352-362). .

L'invasione de' Francesi dissipò un prestigio che durava da nove secoli. I Greci attoniti videro non essere la capitale dell'Impero romano inaccessibile ad un esercito di nemici. Gli Occidentali dopo averne presa per forza la città, arbitrarono sul trono di Costantino; ed i sovrani che per la protezione degli estranei vi tornarono, divennero odiosi al popolo non meno di chi ve gli avea collocati. Le infermità d'Isacco cresceano il disprezzo che i suoi vizj gli meritavano; e la nazione non riguardava nel giovine Alessio che un apostata de' costumi e della religione de' suoi antenati; perchè noti erano, o almeno si supponevano, i patti che avea promessi ai Latini. Sempre tenerissimo del culto e delle patrie superstizioni il popolo Greco, e gli ecclesiastici soprattutto, i conventi, le case, le officine sol rintronavano della tirannide del Papa, e de' pericoli della Chiesa 78 78 Mentre Niceta rimprovera ad Alessio l'empia lega che questi avea co' Latini contratta, insulta con termini ingiuriosi la religione del romano Pontefice, μειζον και ατοσοπτόν… παρεκτροπμν σιρτεως… των του παπα προνομιων καινιεμον… γεταθεειο τε και μεταποιμεν των πσλαιων φωμαιοις εθων, deviò grandemente e in modo indegno dalla fede… la novità delle massime del Papa… mandava ai Romani cangiate e trasfigurate le massime antiche , (p. 348). Così tutti i Greci si espressero fino al punto della compiuta sovversione di questo impero. . L'esausto erario al fasto della Corte, e alle pretensioni de' confederati mal rispondea. Tutte le classi di abitanti manifestavano la ritrosia loro ad un generale tributo, siccome unica via per evitare gl'imminenti pericoli del saccheggio e della schiavitù. Col far cadere il peso delle tasse su i ricchi temeasi eccitare astj più pericolosi e personali; traendo soccorsi dal fondere gli argenti delle Chiese paventavansi i rimproveri di eresia e di sacrilegio. Nel tempo della lontananza di Bonifazio e del giovine Imperatore, Costantinopoli fu afflitta da una calamità, di cui giustamente potè accagionarsi l'imprudente zelo de' pellegrini fiamminghi 79 79 Niceta (pag. 355) non esita nell'accusare particolarmente i Fiaminghi (φλαμιονες) Flamiones ; ma a torto riguarda siccome antico il lor nome. Il Villehardouin (n. 107) difende i Baroni, e ignora o mostra ignorare i nomi de' colpevoli. . Costoro, trascorrendo un giorno la capitale, rimasero scandalezzati all'aspetto di una moschea o sinagoga, ove naturalmente prestavasi alla divinità un culto che non poteva essere il loro; e poichè non aveano altro metodo di argomentare contra gl'Infedeli, che brandendo la spada, e mettendo in cenere le case di chi professava diversa credenza da essi, si attennero a questo espediente che feriva anche i fedeli cristiani di quelle vicinanze, alcuni de' quali si armarono in difesa delle loro proprietà e delle lor vite. Ma le fiamme accese dal fanatismo consunsero indistintamente i più ortodossi edifizj. Otto giorni e otto notti durò l'incendio, per cui rimase consunta quanta parte di città (ed era la più popolata di Costantinopoli) pel tratto di una lega dal porto alla Propontide si estendea. Non fu sì agevole cosa calcolare il numero delle chiese e de' palagi inceneriti, il valore delle merci consunte o saccheggiate, la moltitudine delle famiglie ad indigenza ridotte. Cotale oltraggio che invano il Doge e i Baroni con ostentata solennità riprovarono, crebbe nel popolo l'esecrazione del nome latino; laonde una colonia di Occidentali stanziatasi nella città, e composta di oltre quindicimila uomini si credè in necessità di provvedere alla propria sicurezza col ripararsi prestamente al sobborgo di Pera, sotto la protezione delle bandiere confederate. Il giovine Imperatore vittorioso tornava; ma il più fermo e antiveggente politico avrebbe naufragato allo scoppio della tempesta che a lui e al suo governo portò rovina. E per propria inclinazione, e pe' consigli del padre, affezionato ai proprj benefattori, ciò nullameno perplesso stavasi fra la gratitudine e l'amore di patria, fra il timore che gli davano i sudditi, e quello inspiratogli dai confederati 80 80 Si paragonino le lamentele e i sospetti di Niceta (p. 359-362) colle accuse positive di Baldovino di Fiandra. ( Gesta Innocentii III , cap. 92, p. 534) cum pathriarca et mole nobilium , nobis promissis perjurus et mendax . . Questo contegno debole ed irresoluto gli tolse la stima di entrambe le parti. Intantochè sollecitato da lui medesimo, il marchese di Monferrato abitava la reggia, comportava che i Nobili cospirassero, che il popolo si mettesse in armi per discacciar gli stranieri. Senza far qualche grazia allo stato in cui si trovava, i Latini insistevano presso di lui, onde i patti del Trattato adempisse; e irritatisi degl'indugi, ne presero le intenzioni in sospetto, talchè gl'intimarono si chiarisse con una risposta decisiva, se volea la pace, o la guerra. Questo superbo messaggio gli fu arrecato da tre Cavalieri francesi, e da tre Nobili veneziani, che apertosi il varco su i lor cavalli e cignendo le spade per mezzo alle minaccevoli turbe, pervennero in risoluto atteggiamento al cospetto dell'Imperatore. Ivi in perentorio tuono recapitolati e i servigi ch'essi gli aveano prestati, e le obbligazioni ch'egli avea contratte con essi, con alterigia gli notificarono; che se immantinente e compiutamente non venivano soddisfatte le giuste loro domande, nè per un amico, nè per un sovrano, d'allora in poi lo avrebbero avuto. Dopo sì fatta intimazione, la prima di tal genere da cui gli orecchi degl'imperatori fossero mai stati feriti, sen partirono senza che si scorgesse il menomo sintomo di timore in essi, ma veramente maravigliati di avere potuto uscir dal palagio di un despota in tal guisa offeso, e da una città concitata a furore. La tornata de' Cavalieri al campo latino fu per entrambe le parti segnale di guerra.

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