Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9
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Prima il dichiarar le Chiese per Asili e dichiarar i delitti, s'apparteneva agl'Imperadori, come si vede chiaro ne' libri del Codice di Teodosio e di Giustiniano, e per cinque interi secoli, la Chiesa sopra ciò non v'avea stabilito canone alcuno 4 4 V. Petr. Sarpi De Jure Asil. c. 1.
: la qual preminenza, come fu veduto ne' precedenti libri di questa Istoria, fu lungo tempo ritenuta da' nostri Principi. Da poi si videro stabiliti sopra ciò alcuni canoni, ed i Pontefici non vollero in appresso tralasciare nelle loro Decretali di maggiormente confermarsi in questo diritto. Ma furono i primi canoni e le prime loro Costituzioni moderate e comportabili, tanto che le Bolle di Pio e di Sisto non recarono fra noi molta novità, nè furono stimate cotanto strane, sì che se ne dovesse far risentimento, siccome accadde promulgata che fu questa di Gregorio, contenente pregiudizj gravissimi alle preminenze del Re e de' suoi Magistrati. Il Conte di Lemos D. Ferdinando, non la fece perciò valere nel Regno, mentre vi era Vicerè, ed a' 2 d'agosto del 1599, fece dal Reggente Martos far relazione al Re de' pregiudizj, che conteneva; ed il Re sotto li 27 febbrajo del seguente anno 1600, gli rispose, che non facesse sopra ciò far novità alcuna, ma che osservasse il solito d'estrarre i delinquenti, che si ritirano nelle Chiese, avendo egli ordinato, che si faccia istanza in Roma al Papa, acciò che moderi la Costituzione di Gregorio. Il perchè avendo il Conte, niente curando della Bolla, fatto estrarre di Chiesa il Marchese di S. Lucido, e datane parte al Re, gli fu dal medesimo risposto sotto li 17 ottobre del medesimo anno, che egli approvava il fatto, e che per l'avvenire non permettesse sopra ciò far introdurre novità alcuna 5 5 Chiocc. M. S. Giur. tom. 17 De Immnun. Eccl.
.
Ma nel governo del Conte di Benavente gli Ecclesiastici, resi più animosi, impresero in ogni conto volerla far valere nel Regno, in tempo men opportuno che mai; poichè la città, per la perduta disciplina, era tutta corrotta, quando i delitti erano più frequenti, e quando le Chiese erano cresciute in tanto numero, che non vi era angolo, che non ne abbondasse. S'aggiungeva, che oltre alla Bolla di Gregorio, li Canonisti ed altri Dottori Ecclesiastici aveano trattato questo soggetto d'immunità con sentimenti così stravaganti e smoderati, che finalmente rare volte, secondo essi, poteva avvenir caso di poter estrarre rei per qualunque delitto, che si fosse, dalle Chiese; ed ascrivendo alla sola Corte Ecclesiastica il potere di dichiarare i delitti eccettuati, diedero in tali stranezze, che secondo le loro massime, era impossibile poterne qualificar uno per tale. Di vantaggio stesero a lor capriccio l'immunità de' luoghi, non solo a' Cimiterj, Monasterj, Cappelle, Oratorj, alle Case de' Vescovi ed Ospedali; ma anche agli atrj, alle case, alle logge, a' giardini, a' vacui ed insino a' forni, ch'erano alle Chiese vicini. Sono in fine arrivati a tale estremità di dire, che se il rifugiato, ancorchè laico, commetta nel luogo dell'asilo qualche delitto, possa il Giudice Ecclesiastico giudicarlo, col pretesto che si sia abusato del confugio.
Bastava, per non far valere la Bolla di Gregorio, la sola frequenza de' delitti ed il tanto numero delle Chiese: di che poteva il Conte di Benavente, per governo del Regno a se commesso, prender ancora ammaestramento dalla sapienza del Senato Romano, il quale, secondo che narra Tacito 6 6 Tacit. l. 3. Annal. c. 31.
, crescendo tuttavia in molte città della Grecia l'abuso di multiplicarsi gli Asili , tanto che quelle città erano ripiene d'uomini scelleratissimi, per la licenza che lor dava l'immunità di quelli, con danno gravissimo dello Stato, reputò il Senato, a cui Tiberio avea commesso tal affare, che dovesse restringersi il numero degli Asili .
Il Conte pertanto, per reprimere con maggior vigore la pretensione degli Ecclesiastici, ne scrisse al Re sin da' 30 maggio del 1603; e non cessando quelli di proseguir l'impresa, raddoppiò l'istanza a' 19 luglio 1606, pregandolo a dar pronto rimedio ad un tanto abuso; poichè di continuo i Ministri Regj aveano differenza sopra ciò con gli Ecclesiastici, li quali volevano in ogni modo eseguire la Bolla di Gregorio, e perciò non tralasciavano contra quelli di fulminar monitorj e scomuniche, ch'era lo stesso, che perturbare il Regno, e mandare a terra la Regal Giurisdizione 7 7 Chiocc. loc. cit.
. Dopo fatte queste rappresentazioni al Re, essendo accaduto in Napoli, che a due Nobili venuti fra loro in urta, per tema di maggior pericolo, si fosse ingiunto mandato Regio di non partirsi dalle loro case; costoro poco di ciò curando si fecer lecito di passeggiar per la città, non ostante il divieto, ed incontratisi, cimentandosi a duello, ne rimase uno estinto: l'uccisore con un suo compagno, ch'era Cavaliere Gerosolimitano, ed un servidore, tosto si salvarono nel Convento di S. Caterina a Formello de' PP. Domenicani. Ma non fece lor valere l'Asilo il Conte di Benavente; poichè avendo fatto circondare il Convento da due compagnie di Spagnuoli, e da quella del Capitan Alfonso Modarra, gittate a terra le porte, amendue col servidore furono estratti, fatti prigioni e condotti nelle carceri della Vicaria; e giudicata la causa, nel mese di maggio del 1610 fu fatto mozzar il capo all'uccisore, risparmiando la vita al Cavaliere, a riguardo dell'abito di S. Giovanni che portava.
Non mancò subito il Vicario dell'Arcivescovo di Napoli di dichiarar scomunicati il Reggente ed Avvocato Fiscale di Vicaria, con affiggere cedoloni ancora contra il Capitan Modarra e' suoi soldati, e contra il Caporale e' soldati della guardia del suddetto Reggente, che aveano rotte e fracassate le porte del Monastero ed estratti i rifugiati; ma il Vicerè non tralasciò immantenente a' 6 del detto mese di mandar una grave ortatoria al Vicario, che dichiarasse nulle tali censure, e togliesse i cedoloni; e nell'istesso dì ne mandò un'altra per via d'ambasciata al Nunzio, fattagli dal Segretario del Regno Andrea Salazar, che desse ordine al Vicario, che levasse i cedoloni, siccome a' 10 del medesimo se ne replicò un'altra al Vicario 8 8 Chiocc. loc. cit.
; tanto che colla restituzione del Cavalier Gerosolimitano nelle mani del suo Giudice competente, fu composto l'affare, nè si parlò più di Bolla. Distese con tal occasione il Reggente di Fulvio di Costanzo Marchese di Corleto una scrittura, che volle drizzarla al Pontefice Paolo V, dove con molta evidenza dimostrava di doversi togliere, o almeno moderare la Costituzione di Gregorio.
Ma questi ricorsi avuti in Roma furon sempre inutili; onde non tralasciandosi dagli Ecclesiastici di farla valere, quando loro veniva in acconcio, fu nel Pontificato di Clemente X preso espediente, di mandar in Roma due Ministri per ottener qualche riforma agli abusi dell'immunità Ecclesiastica, uno per lo Stato di Milano, che fu il Visitator Casati , e l'altro per lo Regno di Napoli, che fu il Consigliere allora Antonio di Gaeta , poi Reggente, trascelto dal Conte di Pegneranna, che dopo il Viceregnato di Napoli, era passato in Madrid al posto di Presidente del Consiglio d'Italia. Compose ancora il Consigliere Gaeta una dotta scrittura sopra questo soggetto, e la indirizzò pure al Pontefice Clemente X ed al Marchese d'Astorga, che si trovava allora Ambasciadore in Roma; ma la missione fu inutile, siccome riuscirono in appresso sempre vani i ricorsi, che sopra ciò s'ebbero in Roma vanamente lusingandoci, che da quella Corte si potesse la Bolla riformare; onde ora non rimane altro rimedio, se non che accadendo, che gli Ecclesiastici vogliano procedere a scomuniche per far valere la Bolla (quando si è voluto usare la debita vigilanza) s'è di lor presa severa vendetta, con discacciarli dal Regno, sequestrar le loro rendite, e carcerare i loro parenti; siccome a' tempi nostri fu praticato nel governo del Conte Daun, ch'essendosi con molto scandalo di tutta la città fulminate censure contra i Giudici e l'Avvocato Fiscale di Vicaria per essersi estratta da un forno attaccato ad una Chiesa una venefica, che avea commesse infinite stragi, e tuttavia nel luogo stesso del rifugio stava fabbricando veleni; fu con modi non tanto strepitosi, quanto applauditi da tutti, cacciato dalla città e Regno il Vicario dell'Arcivescovo, cacciati i suoi Ministri, imprigionati i cursori, che ebbero ardimento d'affigger i cedoloni, e sequestrate l'entrate all'Arcivescovo istesso.
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