Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 9
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Le costui pedate seguitarono D. Ferdinando della Marra Duca della Guardia, e D. Camillo Tutini Sacerdote Napoletano, celebre ancor egli per le opere che ci lasciò. Se D. Francesco Capecelatro suo coetaneo avesse proseguito il suo lavoro, certamente avrebbe a noi lasciata una perfetta Istoria Napoletana. Ed Antonio Caracciolo Chierico Regolare Teatino diede nei suoi libri, che ci lasciò, saggi ben chiari quanto sopra questi studi intendesse. S'innalzò poi sopra tutti costoro il famoso Camillo Pellegrini Capuano, il più diligente Scrittore, ed il più savio ed acuto critico che abbiamo noi delle nostre antichità e delle nostre memorie.
Ma ritornando al conte di Lemos, dopo avere illustrata Napoli con l'innalzamento dell'Università degli studi, non tralasciò d'adornarla l'altri edificj. A lui devono i Gesuiti la fondazione del nuovo Collegio di S. Francesco Saverio. A lui dobbiamo quella grande opera de' mulini aperti fuori le mura della città presso Porta Nolana; ed a lui deve anche il Regno d'aver resi più comodi i viaggi terrestri, con far costruire nuovi Ponti. Ma furon interrotte le speranze di ricever da lui beneficj maggiori dall'avviso, che s'ebbe d'avergli li Re Filippo destinato per successore il Duca d'Ossuna , che si trovava allora Vicerè in Sicilia. Abbandonò tosto egli il governo del Regno, e lasciato D. Francesco suo fratello in sua vece, fino all'arrivo del successore, si partì a' 8 di luglio di quest'anno 1616 alla volta di Spagna, per andare ed esercitare la carica di Presidente del supremo Consiglio d'Italia. Ci lasciò ancor egli più di 40 utili e sagge Prammatiche, le quali secondo l'ordine de' tempi s'additano nella tante volte rammentata Cronologia .
CAPITOLO IV
Del Governo di D. Pietro Giron Duca d' Ossuna ; e delle sue spedizioni fatte nell'Adriatico contra Vineziani, ch'ebbero per lui infelicissimo fine
Il Duca d'Ossuna, ne' principj del suo governo, mostrò un'applicazione grandissima ed una assiduità indefessa nell'ascoltare e provvedere a' bisogni del Regno, usando molto rigore perchè la giustizia fosse senza eccezion di persone rettamente amministrata, e nell'istesso tempo somma magnificenza e liberalità per cattivarsi universal applauso e benevolenza: per cattivarsi quella del Popolo fece togliere due Gabelle, poco prima per certo determinato tempo imposte; e per quietare la Corte di Spagna insospettita di ciò, diede a credere, che ciò notabilmente avrebbe giovato al Patrimonio Regale, ed alleggeriti i sudditi, e resigli più abili a soffrire le imposizioni; e per confermare questi concetti con le opere, sollecitò un donativo dal Regno d'un milione e ducentomila ducati, che mandò a presentare al Re per li bisogni della Corona.
Ma una nuova guerra accesa in Italia per la morte di Francesco Gonzaga Duca di Mantua, della quale il Cavalier Battista Nani 17 17 Nani Istor. Venet. lib. 1.
distesamente notò i successi e le cagioni, intrigò il Duca d'Ossuna in cose più difficili e gravi. Per le cagioni rapportate da questo Scrittore, Filippo III fu indotto ad entrarvi, e ad opporsi al Duca di Savoja, al quale con sopracciglio spagnuolo imperiosamente avea comandato, che restituisse tutto l'occupato in Monferrato. Li Veneziani all'incontro favorivano il Duca con forze e denari, onde nacquero i disgusti tra la Corte di Spagna con quella Repubblica. S'aggiunse ancora, che al Re Filippo, essendosi il Senato Veneto per cagion degli Uscocchi disgustato coll'Arciduca Ferdinando, fu duopo assistere all'Arciduca cotanto a lui stretto di parentela, e di sovvenirlo. Ma non perciò s'era fra la Repubblica ed il Re dichiarata aperta guerra, nè licenziati dalle loro Corti gli Ambasciadori.
Il Duca d'Ossuna però, secondando il genio degli Spagnuoli che pubblicavano di voler movere apertamente le loro truppe contra Veneziani, nell'istesso tempo, che il Cardinal Borgia proccurava in Roma concitargli contra il Pontefice, non tralasciò quest'occasione d'ubbidire insieme a' comandi della Corte di Madrid, e di soddisfare il suo animo, che tenne sempre avverso a' Veneziani; e por opporsi al Duca di Savoja per la guerra del Monferrato, spedì al Governador di Milano replicati soccorsi, mandandovi quattro compagnie di cavalli leggieri, e sedici d'uomini d'arme, sotto scorta di D. Camillo Caracciolo Principe di Avellino, e seicento Corazze comandate da D. Marzio Caraffa Duca di Maddaloni; e per l'altra guerra, che per cagion degli Uscocchi si faceva dalla Repubblica agli Stati dell'Arciduca, armava Vascelli per infestare l'Adriatico, parte alla Repubblica sommamente gelosa. Sapeva l'Ossuna, che non poteva più nel vivo toccar i Vineziani, che col turbare il Dominio, ch'essi vantano del Mare Adriatico, infestare il commercio e romper il traffico, ancorchè da ciò ne dovessero ricevere danno i sudditi stessi del Regno, che tenevano opulente negozio nella città di Venezia; perciò fu tutto inteso, non tanto a raccoglier milizie per soccorrere il Milanese, quanto ad armar Vascelli per molestare i Vineziani; onde rotta la sicurtà de Porti, rappresagliò la nave di Pellegrino de' Rossi. Narra il Nani 18 18 Nani Istor. Venet. lib. 3 Anno 1617.
, che avendo la Repubblica per mezzo del suo Ambasciador Gritti fattane di ciò doglianza colla Corte di Spagna, avesse ottenuti ordini diretti all'Ossuna di rilasciarla; ma che costui con superbissimo animo li disprezzasse, non senza sospetto di connivenza della stessa Corte, la quale godesse di coprire i disegni più arcani con l'inobbedienza di capriccioso Ministro. Per la qual cosa i Vineziani risolutissimi alla difesa di quel Golfo, s'applicarono a rinforzarsi nel Mare con due Galeazze ed alcune Navi, ed elessero trenta Governadori dì Galee, acciocchè, secondo il bisogno, a parte a parte andassero armando.
Ma dall'altra parte il Vicerè, vedendo, che gli Uscocchi aveano perduti molti de' loro nidi, gli allettò a ricovrarsi nel Regno con Porto franco e con premj, quelli più accarezzando, che a' Vineziani riuscivano maggiormente molesti. Presero perciò costoro sotto il calore di tal protezione la Nave Doria, che con merci ed altri Navilj minori da Corfù passava a Venezia, vendendo sotto lo Stendardo del Vicerè pubblicamente le spoglie; e se bene i Gabellieri de' Porti principali del Regno esclamavano, che col traffico mancherebbero i dazj e l'entrate Reali, furono dall'Ossuna minacciati della forca, se più ardissero di dolersi. Il Nani, quanto buon Cittadino, altrettanto appassionato Istorico nelle azioni del Duca d'Ossuna, rapporta, che costui per natura vanissimo di lingua e d'animo, non solo applicava a turbar il mare, ma di continuo parlava di sorprendere Porti dell'Istria, saccheggiar Isole, e penetrare ne' recessi medesimi della città dominante: che ora in carta, ora in voce delineava e divisava i disegni, ordinava barche di fondo atto a' canali e paludi, tracciava macchine, nè più volentieri alcuno ascoltava, che coloro, i quali lo trattenessero con adulazioni al suo nome, o con facilità dell'impresa; ma che però non era tanto ciò ch'egli credeva di poter eseguire, quanto quello che desiderava, che si credesse, acciocchè si tenesse la Repubblica involta in maggiori dispendj, e distratta a tal segno, che più debolmente, ed offender potesse l'Arciduca, ed assistere a Carlo Duca di Savoja. Spinse pertanto l'Ossuna sotto Francesco Rivera dodici ben armati Vascelli nell'Adriatico: e benchè nel procinto di spiegare le vele, giungessero ordini della Corte di Spagna di sospender le mosse, parendo strano, che nel tempo d'aprire trattati di pace in Madrid, s'inferissero dal Vicerè durissime offese; egli ad ogni modo, facendo assembrare il Collaterale, fece far relazione dal medesimo alla Corte, rappresentando, che avendo alcune Barche armate della Repubblica preso un grosso Vascello, che voleva entrar in Trieste, conveniva al decoro e servizio del Re, che il Rivera partisse, e si reprimessero i Vineziani; onde fece partire i Vascelli, ed affinchè non fosse ciò imputato ad atto di romper la guerra in nome del Re colla Repubblica, fecegli partire colle sue insegne solamente.
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