Volodyk - Paolini2-Eldest
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«Un po'.»
«Bene, poiché tutti dobbiamo essere in forze. Sono venuto a informarmi sulla tua salute, ma anche perché Rothgar desidera parlare con te, se hai tempo.»
Eragon sorrise debolmente. «Ho sempre tempo per lui. Dovrebbe saperlo.»
Orik scoppiò a ridere. «Già, ma è buona educazione chiedere.» Mentre Eragon posava la sella, Saphira si alzò dal suo comodo pagliericcio e salutò Orik con un ringhio amichevole. «Buongiorno anche a te» disse il nano con un inchino. Orik li condusse lungo uno dei quattro corridoi principali di Tronjheim, verso la camera centrale e i due scaloni speculari che scendevano a spirale nel sottosuolo, dove si trovava la sala del trono del re dei nani. Prima di raggiungere la stanza, però, il nano imboccò una piccola rampa di scale. A Eragon ci volle qualche momento per capire che Orik aveva imboccato un passaggio secondario per evitare di vedere le rovine di Isidar Mithrim. Si fermarono davanti alle porte di granito incise con una corona a sette punte. Sette nani armati su ciascun lato dell'ingresso batterono all'unisono sul pavimento con i manici dei loro picconi. Con il tonfo echeggiante del legno sulla pietra, i battenti si aprirono verso l'interno.
Eragon fece un cenno a Orik, poi entrarono nella sala scarsamente illuminata insieme a Saphira. Avanzarono verso il trono distante, oltrepassando le rigide statue, le hirna, dei defunti re dei nani. Al cospetto del massiccio trono nero, Eragon s'inchinò. Il re dei nani ricambiò il saluto con un cenno del capo canuto; i rubini incastonati nell'elmo d'oro rilucevano nella penombra come scintille di ferro incandescente. Volund, la mazza da guerra, giaceva di traverso sulle gambe fasciate di maglia d'acciaio.
Rothgar parlò. «Ammazzaspettri, benvenuto nella mia dimora. Molte gesta hai compiuto dal nostro ultimo incontro. A quanto pare, mi sbagliavo sul conto di Zar'roc. La spada di Morzan sarà ben accetta a Tronjheim, finché sarai tu a impugnarla.»
«Ti ringrazio» disse Eragon, rialzandosi. «Inoltre» proseguì il nano con voce tonante «vorremmo che tenessi l'armatura che hai indossato durante la battaglia del Farthen Dùr. In questo preciso momento, i nostri migliori fabbri la stanno riparando. Lo stesso trattamento viene riservato all'armatura del drago, e quando sarà pronta, Saphira potrà indossarla finché vorrà, o almeno finché non le andrà troppo stretta. Questo è quanto possiamo fare per mostrarvi la nostra gratitudine. Se non fosse stato per la guerra contro Galbatorix, avremmo organizzato banchetti e festeggiamenti per celebrare il tuo nome... ma dovremo attendere tempi migliori.»
Dando voce sia ai propri sentimenti che a quelli di Saphira, Eragon disse: «La tua generosità ci commuove. Accettiamo con gioia i tuoi nobili doni.»
Per quanto compiaciuto, Rothgar si incupì, contraendo le sopracciglia cespugliose. «Non possiamo indugiare in simili convenevoli. Sono assediato dai clan che pretendono che faccia una cosa o l'altra in merito al successore di Ajihad. Quando ieri il Consiglio degli Anziani ha proclamato di sostenere Nasuada, si è scatenato un putiferio quale non ho mai visto da quando sono salito al trono. I capi hanno dovuto decidere se accettare Nasuada o cercare un altro candidato. La maggior parte ha concluso che Nasuada potrà guidare i Varden, ma io vorrei conoscere il tuo parere, Eragon, prima di sostenere l'una o l'altra fazione. La cosa peggiore che un re possa fare è comportarsi da sciocco.» Quanto possiamo raccontargli? Eragon chiese a Saphira, riflettendo in fretta.
Rothgar ci ha sempre trattati con correttezza, ma non possiamo sapere cosa ha promesso ad altri. Sarà meglio mantenere un atteggiamento cauto finché Nasuada non assumerà il potere.
D'accordo.
«Saphira e io abbiamo acconsentito ad aiutarla. Non ci opporremo alla sua designazione. E...» Eragon si chiese se non stesse parlando troppo, «... ti prego di fare altrettanto. I Varden non possono permettersi una lotta intestina. Hanno bisogno di unità.»
«Oei» disse Rothgar, appoggiandosi al duro schienale, «tu parli con nuova autorità. Il tuo suggerimento è saggio, ma comporta una domanda: pensi che Nasuada sarà una buona guida, o ci sono altri motivi dietro questa scelta?» È una prova, intervenne Saphira. Vuole sapere perché l'appoggiamo.
Eragon si sentì affiorare un sorriso sulle labbra. «Credo che sia molto saggia e perspicace per la sua età. Sì, sarà una buona guida per i Varden.»
«Ed è questo il motivo per cui la sostieni?»
«Sì.»
Rothgar annuì, facendo ondeggiare la lunga barba bianca. «Questo mi solleva. Troppa poca attenzione è stata dedicata di recente a cosa è buono e giusto, e troppa al potere individuale. È difficile assistere a tanta idiozia e non sentirsi adirati.»
Un silenzio inquietante scese fra di loro, aleggiando nella lunga sala del trono. Per spezzarlo, Eragon disse: «Cosa ne sarà della roccaforte dei draghi? Verrà costruito un nuovo pavimento?»
Per la prima volta, gli occhi del sovrano si adombrarono, rendendo più profonde le rughe che li circondavano come raggi di una ruota. Fu la cosa più simile al pianto che Eragon avesse mai visto in un nano. «Si dovrà discutere molto prima di intraprendere qualsiasi passo. È stato terribile, ciò che Saphira e Arya hanno fatto. Necessario, forse, ma terribile. Ah, chissà, forse avrei preferito che gli Urgali ci sconfiggessero, prima di vedere Isidar Mithrim distrutta. Il cuore stesso di Tronjheim è stato spezzato, e con lui il nostro.» Rothgar si posò il pugno chiuso sul petto, poi lentamente lo aprì, e con la mano strinse il manico di Volund fasciato di pelle.
Saphira toccò la mente di Eragon. Il giovane percepì nella dragonessa una varietà di emozioni, ma ciò che più lo sorprese fu il rimorso e il senso di colpa. Saphira rimpiangeva con tutto il cuore di aver distrutto lo Zaffiro Stellato, malgrado fosse stato un gesto necessario. Piccolo mio, disse lei, aiutami. Devo parlare con Rothgar. Chiedigli se i nani sono capaci di ricostruire Isidar Mithrim con i suoi frammenti.
Mentre Eragon ripeteva ad alta voce la domanda, Rothgar borbottò qualcosa nella propria lingua, poi disse: «Possediamo le capacità tecniche, ma a cosa servirebbe? L'impresa richiederebbe mesi, se non anni, e il risultato finale sarebbe una pallida e grottesca imitazione della bellezza che un tempo coronava Tronjheim. Non permetterei mai un simile abominio!»
Saphira continuava a fissare imperturbabile il re. Ora digli che se riuscissero a ricostruire Isidar Mithrim, senza tralasciare nemmeno il più piccolo frammento, sono sicura di poterlo far tornare integro come prima. Eragon spalancò la bocca, così sbalordito da dimenticarsi di Rothgar. Saphira! Pensa a quanta energia ci vorrebbe! Tu stessa mi hai detto di non saper usare la magia a comando, perciò come fai a essere tanto sicura? Posso farlo, in caso di estrema necessità. Sarà il mio dono per i nani. Rammenta il sepolcro di Brom per fugare ogni dubbio. E adesso chiudi la bocca... è indecoroso, e il re ti sta osservando.
Quando Eragon ebbe riferito le parole di Saphira, Rothgar si lasciò sfuggire un'esclamazione. «È mai possibile? Nemmeno gli elfi oserebbero compiere una simile impresa.»
«Lei ha fiducia nelle proprie capacità.»
«Allora ricostruiremo Isidar Mithrim, ci volessero cent'anni. Costruiremo un'intelaiatura per la gemma e collocheremo ogni frammento al suo posto. Non verrà tralasciata la minima scheggia. Anche se dovremo infrangere i pezzi più grossi per spostarli, useremo tutta la nostra maestria come tagliatori di pietre, per non perdere polvere o frammenti. Quando avremo finito, tornerete, e sanerete lo Zaffiro Stellato.»
«Verremo» promise Eragon con un inchino.
Rothgar sorrise, e fu come se una crepa si aprisse in un muro di granito. «Mi hai dato una gioia immensa, Saphira. Ho ritrovato un motivo per vivere e governare. Se riuscirai, i nani di ogni dove onoreranno il tuo nome per generazioni. Ora andate con la mia benedizione, mentre annuncio la lieta novella ai clan. E non sentitevi in obbligo di attendere il mio annuncio, poiché nessun nano deve restarne all'oscuro. Ditelo a chiunque incontrerete. Che le nostre mura possano riecheggiare del giubilo della nostra razza.»
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