Volodyk - Paolini2-Eldest

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«Dopo qualche boccale di birra - per lubrificarmi la lingua, sapete, visto che non spiccicavo parola da sei mesi, se non per mandare al diavolo il mondo e il resto dell'universo quando perdevo una preda - sono andato da Neil, con la barba ancora bagnata di schiuma, e abbiamo cominciato a scambiare quattro chiacchiere. Gli faccio qualche domanda innocente, tanto per dire, tipo che si dice dell'Impero e del re - che possa marcire - e se è nato o morto o è stato bandito qualcuno che dovrei sapere. E Neil che fa? Si sporge verso di me tutto serio e mi racconta che da Dras-Leona e da Gil'ead sono giunte voci di strani accadimenti in tutta Alagaésia. Gli Urgali sono praticamente scomparsi dai territori civilizzati, evviva, ma nessuno sa dire perché o che fine hanno fatto. I commerci dell'Impero languiscono in seguito a una serie di razzìe e attacchi, ma da quanto ho sentito non è opera di semplici briganti, perché gli attacchi sono troppo diffusi e organizzati. Non rubano niente, si limitano a bruciare e a distruggere. Ma non è tutto, oh no, non finisce qui, per i baffi di quella santa donna di vostra nonna!»

Il cacciatore scosse la testa e bevve un sorso dall'otre di vino che portava a tracolla prima di proseguire: «Si parla di uno Spettro che vaga per i territori del nord. È stato avvistato ai margini della Du Weldenvarden e nei pressi di Gil'ead. Dicono che abbia i denti aguzzi e gli occhi rossi come il vino, e i capelli cremisi come il sangue che beve. E quel che è peggio, pare che qualcosa abbia fatto infuriare quel pazzo del nostro buon monarca. Cinque giorni fa, un giocoliere proveniente dal sud ha fatto tappa a Therinsford durante il suo viaggio solitario verso Ceunon, e ha detto di aver visto che le truppe venivano radunate e spostate, anche se non sapeva perché.» Si strinse nelle spalle. «Come mi ha insegnato il mio vecchio fin da quando ero un poppante, non c'è fumo senza arrosto. Forse sono i Varden. Nel corso degli anni hanno dato non poche gatte da pelare al nostro vecchio Ossadiferro. O forse Galbatorix ha finalmente deciso che non intende più tollerare il Surda. Almeno sa dove si trova, al contrario dei ribelli. Schiaccerà il Surda come un orso schiaccia una formica, date retta a me.» Roran si accigliò, mentre intorno al dell'avvistamento di uno Spettro - suonava troppo come una panzana da boscaiolo ubriaco - ma il resto gli sembrava abbastanza brutto da essere vero. Il Surda... Ben poche informazioni su quel paese distante raggiungevano Carvahall, ma Roran se non altro sapeva che, pur essendoci una pace apparente fra il Surda e l'Impero, i surdani vivevano nella paura costante che il loro più potente vicino del nord li invadesse. Per questa ragione si diceva che Orrin, il loro re, sostenesse i Varden.

Se il cacciatore aveva ragione su Galbatorix, poteva significare soltanto una cosa: stava per scoppiare una guerra devastante, con tutte le terribili conseguenze del caso, come l'aumento delle tasse e la leva forzata. Quanto preferirei vivere in un'epoca priva di eventi importanti. Le guerre rendono le vite come la nostra, già difficili, praticamente impossibili.

«Per di più, si parla di...» E qui il cacciatore fece una pausa e, con un'espressione sapiente, si batte il naso con la punta dell'indice. «Di un nuovo Cavaliere in Alagaésia.» E scoppiò in una fragorosa risata, tenendosi la pancia mentre si dondolava sul gradino del portico.

Anche Roran si mise a ridere. Ad anni alterni circolavano storie che parlavano dei Cavalieri. Le prime due o tre volte si era lasciato convincere, ma poi aveva imparato a non fidarsi di questi racconti, che non approdavano mai a nulla di concreto. Quelle storie non erano altro che l'espressione di un desiderio da parte di coloro che anelavano a un futuro migliore.

Stava per girare i tacchi quando notò Katrina in piedi all'angolo della taverna, vestita con una lunga tunica rossiccia ornata da un nastro verde. La ragazza ricambiò il suo sguardo con la stessa intensità. Roran si avvicinò, le sfiorò una spalla, e insieme si allontanarono dalla folla.

Camminarono fino ai margini di Carvahall, dove si fermarono a contemplare le stelle. Il cielo era terso quella sera, scintillante di una miriade di fuochi celesti, solcato da nord a sud dalla gloriosa fascia lattiginosa simile a polvere di diamanti.

Senza guardarlo, Katrina gli posò la testa su una spalla e gli chiese: «Com'è andata la giornata?» «Sono tornato a casa.» La sentì irrigidirsi contro il suo corpo.

«Come ti sei sentito?»

«Malissimo.» La sua voce s'incrinò e rimase in silenzio, abbracciandola stretta. La fragranza dei suoi capelli ramati sulla guancia era come un elisir distillato da vino, spezie ed essenze profumate. Gli penetrò nelle ossa, riempiendolo di un calore confortante. «La casa, il fienile, tutto distrutto... Non li avrei mai trovati, se non avessi saputo dove cercare.» Finalmente lei si volse a guardarlo, le stelle che si riflettevano nei suoi occhi, il volto adombrato dal dolore. «Oh, Roran.» Lo baciò, sfiorandogli le labbra per un breve istante. «Hai sopportato così tante pene, eppure la tua forza non ti ha mai abbandonato. Tornerai alla fattoria adesso?»

cacciatore esplodeva una babele di domande. Era propenso a dubitare «Sì. È tutto quello che ho.» «E che ne sarà di me?»

Lui esitò. Dal momento in cui aveva cominciato a corteggiarla, fra di loro si era stabilito il tacito accordo che si sarebbero sposati. Non c'era stato bisogno di dar voce alle proprie intenzioni; erano chiare come il sole, e perciò la domanda di lei lo turbò. Non gli sembrava opportuno introdurre l'argomento in maniera così schietta, quando non era ancora pronto a fare la proposta. La prima mossa spettava a lui - con una dichiarazione prima a Sloan e poi a Katrina - e non a lei. Ma adesso che la ragazza aveva espresso la sua apprensione, Roran si vide costretto a discuterne. «Katrina... non posso affrontare tuo padre come avevo progettato. Mi riderebbe in faccia, e non avrebbe tutti i torti. Dobbiamo pazientare. Soltanto quando avrò una casa dove poter vivere insieme e la terra mi avrà fruttato il primo raccolto, allora mi ascolterà.» Lei rivolse ancora lo sguardo al cielo, e mormorò qualcosa a voce talmente bassa che lui non riuscì a capire. «Cosa?»

«Ho detto, hai paura di lui?»

«Certo che no! Io...»

«Allora devi ottenere il suo consenso, domani, e annunciare il fidanzamento. Devi fargli capire che anche se adesso non hai niente, riuscirai a darmi una casa e sarai un genero di cui andare orgoglioso. Non c'è ragione di sprecare i nostri anni vivendo lontani, quando proviamo questi sentimenti.»

«Non posso» insistette lui, con una nota di disperazione, perché lei capisse. «Non posso provvedere a te, non...» «Ma non capisci?» esclamò lei angosciata, allontanandosi di qualche passo. «Io ti amo, Roran, e voglio sposarti, ma mio padre ha altri progetti per me. Ci sono altri uomini, di gran lunga preferibili dal suo punto di vista, e più a lungo tu aspetti, più lui mi sprona ad accettare un marito di suo gradimento. Teme che diventi una vecchia zitella, e anch'io ho paura. Non ho molto tempo, né scelta, qui a Carvahall... Se dovrò sposare un altro, lo farò.» Le lacrime scintillarono nei suoi occhi mentre lo scrutava ansiosa, in attesa di una risposta; poi raccolse l'orlo della veste e scappò verso casa. Roran rimase immobile, impietrito dal terrore. La sua assenza era dolorosa quando la perdita della fattoria: il mondo si era trasformato all'improvviso in una landa gelida e inospitale. Era come se gli avessero strappato un brano di carne. Trascorse lunghe ore a vagare smarrito prima di tornare a casa di Horst e infilarsi nel letto.

I CACCIATORI BRACCATI

Il terriccio scricchiolava sotto gli stivali di Roran mentre scendeva lungo la valle, fredda e grigia nelle prime ore del mattino. Baldor lo seguiva; entrambi avevano gli archi incordati. Nessuno dei due parlava mentre studiavano l'ambiente in cerca di tracce di cervi.

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