Volodyk - Paolini2-Eldest

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Nasuada rise appena. «Ma quel comando non sarà davvero mio, non è così?» Bandita ogni riserva, la giovane conservava soltanto un contegno dignitoso e un'espressione ferma. «So perché sei qui davanti a me e cosa il consiglio sta cercando di fare. Credi forse che nel corso degli anni in cui ho servito mio padre non abbiamo mai pensato a questa eventualità? Io mi aspettavo dal consiglio esattamente quello che ha fatto. E adesso tutto è pronto perché io prenda il comando dei Varden.»

«Quindi non permetterai che ti controllino?» fece Eragon, stupito.

«No. Continua a tenere segrete le istruzioni di Ajihad.

Sarebbe poco saggio divulgarle poiché il popolo potrebbe considerarlo un tentativo da parte tua di prendere il suo posto; sarebbe dannoso per la mia autorità e destabilizzante per i Varden. Ha detto ciò che pensava di dover dire per proteggere i Varden. Io avrei fatto lo stesso. L'opera di mio padre...» Esitò per un istante. «L'opera di mio padre non resterà incompiuta, dovesse costarmi la vita. Ed è questo che voglio che tu capisca, come Cavaliere. Tutti i progetti di Ajihad, le sue strategie, i suoi scopi, adesso sono miei. Non lo tradirò mostrandomi debole. L'Impero sarà sconfitto, Galbatorix sarà deposto, e un giusto governo sarà insediato.»

Pronunciata che ebbe l'ultima parola, una grossa lacrima le rotolò lungo la guancia. Eragon la guardava ammirato, consapevole della difficoltà della sua posizione e testimone di uno spessore di carattere che non le aveva riconosciuto in precedenza. «Cosa ne sarà di me, Nasuada? Cosa dovrei fare tra i Varden?»

Lei lo guardò dritto negli occhi. «Puoi fare ciò che vuoi. I membri del consiglio sono degli sciocchi se pensano di poterti controllare. Tu sei un eroe per i Varden e per i nani, e perfino gli elfi acclameranno la tua vittoria su Durza, quando lo sapranno. Se tu volessi opporti a me o al consiglio, saremmo costretti ad assecondarti, poiché il popolo ti sosterrebbe in massa. In questo preciso momento, tu sei la persona più potente fra i Varden. Ma se accetterai che sia io a comandare, proseguirò il cammino tracciato da Ajihad: andrai con Arya dagli elfi, dove verrai istruito, e poi tornerai dai Varden.»

Perché è tanto sincera con noi? si domandò Eragon. Se ha ragione, avremmo potuto rifiutarci di assecondare le richieste del consiglio?

Saphira impiegò qualche istante per rispondere. In entrambi i casi, ormai è troppo tardi. Hai già acconsentito, io credo che Nasuada sia sincera perché è il tuo incantesimo che glielo consente, e perché spera di conquistarsi la nostra lealtà. Eragon fu colto da un'idea improvvisa, ma prima di esprimerla fece un'altra domanda. Possiamo fidarci di lei? Terrà fede a quanto ha detto? È molto importante.

Sì, rispose Saphira convinta. Ha parlato col cuore.

A quel punto Eragon spiegò le sue intenzioni a Saphira, che accondiscese, poi estrasse Zar'roc e si avvicinò a Nasuada. Il volto della donna fu attraversato da un lampo di timore; il suo sguardo guizzò verso la porta; la sua mano s'infilò lesta in una piega del vestito per stringere qualcosa. Eragon si fermò dinnanzi a lei e s'inginocchiò, con Zar'roc adagiata sulle mani tese.

«Nasuada, Saphira e io siamo qui da poco. Ma in questo periodo abbiamo imparato a rispettare Ajihad e, adesso, anche te. Hai combattuto nel Farthen Dùr quando altri fuggivano, comprese le due donne del consiglio, e ci hai trattati con onestà, senza ricorrere a infidi raggiri. Per questo ti offro la mia spada... e la mia fedeltà come Cavaliere.» Eragon pronunciò il suo giuramento con assoluta determinazione, sapendo che non lo avrebbe mai fatto prima della battaglia. Ma assistere alla morte di così tanti uomini intorno a sé aveva cambiato il suo modo di vedere le cose. Resistere all'Impero non era più qualcosa che faceva per se stesso, ma per i Varden e per tutti i popoli ancora schiacciati dalla tirannia di Galbatorix. Non importava quanto ci sarebbe voluto; si sarebbe dedicato con ogni fibra del suo essere a quella missione. Per il momento, la cosa migliore che poteva fare era servire la causa dei Varden. Tuttavia lui e Saphira stavano correndo un terribile rischio a impegnarsi con Nasuada. Il consiglio non avrebbe potuto obiettare, poiché Eragon aveva promesso soltanto di giurare fedeltà, ma non a chi. D'altro canto, lui e Saphira non potevano avere la certezza che Nasuada sarebbe stata un buon capo. È meglio giurare fedeltà a uno stolido onesto che a un saggio menzognero, si disse Eragon.

Nasuada non nascose la sua sorpresa. Impugnò l'elsa di Zar'roc e la sollevò, ammirandone la lama cremisi, poi ne posò la punta sulla testa di Eragon. «Accetto con onore la tua fedeltà, Cavaliere, come tu accetti tutte le responsabilità derivanti dal tuo rango. Alzati come mio vassallo, e riprendi la tua spada.»

Eragon fece come gli era stato detto. «Ora che sei la mia signora, posso rivelarti che il consiglio mi ha fatto promettere di giurare fedeltà ai Varden, una volta che tu fossi stata designata. Questo è l'unico modo in cui Saphira e io possiamo raggirarli.»

Nasuada rise di cuore. «Ah, vedo che hai già imparato a giocare il nostro gioco. Bene. Come mio nuovo e unico vassallo, acconsenti a giurarmi di nuovo la tua fedeltà... questa volta in pubblico, quando il consiglio si aspetterà il tuo impegno?»

«Ma certo.»

«Bene, così il consiglio sarà servito come merita. Adesso potete andare. Mi occorre tempo per pianificare, e devo prepararmi per i funerali... Ricorda, Eragon, il legame che abbiamo appena stretto ci vincola in pari misura: io sono responsabile delle tue azioni così come tu hai il dovere di servirmi. Non disonorarmi.»

«Così sia per entrambi.»

Nasuada fece una breve pausa, poi lo guardò negli occhi e addolcì il tono. «Ti porgo le mie condoglianze, Eragon. Mi rendo conto che altri, oltre a me, hanno motivo di cordoglio. Io ho perso mio padre, mentre tu hai perso un amico. Mi piaceva molto Murtagh, e mi rattrista il fatto che sia morto... Ora ti saluto.»

Eragon annuì, e lasciò la sala con l'amaro in bocca. Una volta uscito nell'ampio e deserto corridòio di pietra grigia, si fermò, le mani sui fianchi, gettò indietro la testa ed esalò un lungo sospiro. La giornata era appena iniziata, e già si sentiva esausto per tutte le emozioni che aveva provato.

Saphira lo spronò con il muso e gli disse: Da questa parte. Senza altre spiegazioni, la dragonessa imboccò il tunnel a destra, con le unghie lucide che ticchettavano sul duro pavimento.

Eragon aggrottò la fronte, ma la seguì. Dove stiamo andando? Nessuna risposta. Saphira, allora? Lei si limitò a un guizzo di coda. Rassegnato all'attesa, Eragon mutò registro. Le cose cambiano così in fretta per noi. Non so mai cosa aspettarmi da un giorno all'altro... tranne che dolore e spargimento di sangue.

Non va così male, ribattè lei. Possiamo vantare una grande vittoria. Dovremmo celebrarla, non rammaricarcene. Scusa, ma non mi sento di condividere la tua euforia.

La dragonessa sbuffò seccata. Una sottile lingua di fuoco le scaturì dalle narici, scottando la spalla di Eragon. Il giovane fece un salto indietro con uno strillo di sorpresa, mordendosi le labbra per non lasciarsi andare a una sfilza di imprecazioni. Oops, disse Saphira, scuotendo la testa per dissipare il fumo.

Oops? Per poco non mi mandavi arrosto!

Non volevo. Continuo a dimenticare che il fuoco esce da solo se non sto attenta. Immagina che ogni volta che alzi la mano ti parta un fulmine. Sarebbe facile fare un movimento distratto e distruggere qualcosa senza volerlo. Hai ragione... Scusa se me la sono presa.

Le sue palpebre coriacee schioccarono quando gli fece l'occhiolino. Non fa niente. Il punto dove volevo arrivare è che nemmeno Nasuada può costringerti a fare qualcosa.

Ma le ho dato la mia parola di Cavaliere!

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