Michel Faber - A voce nuda

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A voce nuda: краткое содержание, описание и аннотация

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Un castello gotico nel bel mezzo di una foresta. Un gruppo di eccentrici musicisti alle prese con una partitura estremamente complicata e con la convivenza forzata. Le tensioni sessuali tra i membri del gruppo rivelano in realtà una più profonda, segreta nevrosi, resa ancor più minacciosa dalla clausura. E una donna fragile, alla deriva, è affascinata da strane urla nella notte... L’autore di “Il Petalo cremisi e il bianco” (2003) e di “Sotto la pelle” (2004) è nato in Olanda e cresciuto in Australia. Ora vive nelle Highlands scozzesi.

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— Naturalmente, — stava dicendo Jan, mentre il minibus si addentrava sempre più nel bosco, — gli eventi multimediali non sono tanto insoliti quando si tratta di musica rock. Ha visto i Towering Inferno?

— Ah… il film sul grattacielo che va a fuoco? — Roger era più tipo da Bergman e Truffaut.

— No, — lo ragguagliò Jan, — sono un gruppo musicale multimediale che viene dall’Inghilterra. Si sono esibiti in un brano sull’Olocausto intitolato Kaddish in tutta Europa… e anche nel vostro paese. Il brano si avvaleva di molti proiettori video, di un’orchestra, della cantante ungherese Marta Sebestyén, e di altre cose del genere. Mi auguro che questo Partitum Mutante si presti a qualcosa di analogo, in senso più classico —. Il direttore rallentò e suonò il clacson per spaventare un fagiano che si era piantato in mezzo alla strada. Non avevano incontrato altro traffico fino a quel momento. — Wim Waafels, — continuò, — è uno dei giovani esponenti della video art fra i più quotati nei Paesi Bassi. Verrà a trovarvi più o meno fra una settimana, così vedrete sotto quali proiezioni canterete.

Julian Hind, che aveva intercettato quelle parole, osservò:

— Sicché noi saremo i Velvet Underground e questo tizio dei video rifarà l’ Exploding Plastic Inevitable di Andy Warhol, eh?

Roger lanciò un’occhiata da sopra la spalla a Julian con aria interrogativa, ma il direttore annuì e disse: — Già —. Catherine non aveva nemmeno capito di cosa parlassero, sapeva solo che a Roger non piaceva farsi surclassare quando si trattava di musica.

Catherine sentì il petto stringersi per la delusione quando, come da copione, il marito si prese la sua meschina rivincita. Cercò di concentrarsi sull’incantevole paesaggio all’esterno, ma era inevitabile sentire quello che lui stava facendo: spostava abilmente la conversazione sulla burocrazia delle arti europee, argomento di cui Julian era quasi totalmente digiuno. Roger ricordò con affetto l’amministrazione socialista francese che aveva reso tanto piacevole partecipare alla Biennale parigina del 1985, e si disse preoccupato per la strada intrapresa dall’amministrazione dell’Amsterdam Concertgebouw. L’irritazione di Catherine si stemperò in noia; le palpebre calarono sotto la sfarfallante luce del sole.

— Insomma, — lo interruppe il direttore, evidentemente più preoccupato di dove andava a parare la conversazione che della sorte del Concertgebouw. — Il vostro è un Coro a conduzione familiare, sì?

Catherine drizzò di nuovo le orecchie; come se la sarebbe cavata questa volta il marito? In realtà gli unici due Courage dell’ensemble erano lei e Roger, e Catherine tendeva ad aggrapparsi al suo cognome da nubile ogni volta che le circostanze lo permettevano, terrorizzata all’idea di diventare famosa come Kate Courage. Non poteva affrontare il resto della vita con un nome che sembrava quello di una supereroina dei fumetti.

Con fare garbato, Roger riuscì più o meno a svicolare.

— Be’, che ci creda o no, — disse, — il Coro non prende esattamente il nome da me. Io mi considero semplicemente un componente dell’ensemble, e quando si è trattato di decidere come chiamare il gruppo abbiamo considerato varie ipotesi, solo che sembrava sempre ricorrere l’idea di coraggio.

Catherine si rese conto che la testa di Julian andava assumendo un’inclinazione spropositata. Osservò un sorrisetto incredulo prendergli forma sul viso mentre Roger e il direttore continuavano:

— Cioè avevate la sensazione che interpretare questo genere di musica richiedesse coraggio?

— Be’… questo lo lascio decidere al nostro pubblico, — disse Roger. — A dire il vero, quello che avevamo in mente era più il vecchio adagio di Wesley sul fatto di cantare inni, ha presente: «Canta di gusto e con coraggio».

Julian si girò verso Catherine strizzando l’occhio: — È questo che avevamo in mente? — le sussurrò da qualche sedile di distanza. — Non so com’è, ma non riesco proprio a ricordare questa memorabile conversazione.

Catherine ricambiò il sorriso, vagamente confusa. Non intendeva essere sleale nei confronti del marito, ma quella conversazione non la ricordava nemmeno lei. Girandosi per guardare fuori dal finestrino del minibus, si sforzò con scarso entusiasmo di riandare con la memoria a un tempo lontano lontano, prima che diventasse il soprano del Coro Courage. Centinaia di nitidi, esili alberi le sfrecciarono davanti agli occhi, confondendosi in pulsazioni tra il verde e il marrone. Quell’immagine, unita al lieve ronzio del motore, la cullò portandola, per la terza volta quel giorno, a un passo dall’addormentarsi.

Alle sue spalle, Benjamin Lamb cominciò a russare.

Durante l’ultimo paio di miglia il castello, benché distante, risultava perfettamente visibile.

— È lì che siamo diretti? — chiese Catherine.

— Sì, — rispose Jan.

— La casa di pan di zenzero della strega cattiva, — borbottò Julian per farsi sentire da Catherine.

— Come? — fece il direttore.

— Mi chiedevo qual è il vero nome del castello, — disse Julian.

— Il vero nome è ’t Luitspelershuisje, ma fiamminghi e visitatori lo chiamano Château de Luth.

— Ah… Château de Luth, carino, — ripeté Catherine, mentre il minibus percorreva a tutta velocità l’ultimo miglio — o 1,609 chilometri. Quando il direttore parcheggiò il veicolo davanti alla nuova casa lontano da casa, sfoderò un sorriso benevolo ma, ancora una volta, lasciò che se la sbrigassero da soli con i bagagli.

Lo Château de Luth era più bello, anche se un po’ più piccolo, di come Catherine se l’aspettava. Un cottage a due piani costruito a ridosso della lunga strada dritta che collegava Duidermonde a Martinekerke, senza l’ombra di altre case nei paraggi, dava quasi l’idea di un’antica stazione ferroviaria il cui binario fosse misteriosamente scomparso per essere sostituito da un perfetto nastro d’asfalto.

— Luciano Berio e Cathy Berberian hanno soggiornato qui, l’ultimo anno in cui sono stati insieme, — disse il direttore, incoraggiandoli tutti ad avvicinarsi e a entrare. — E anche Bussotti e Pousseur.

La casa era in perfette condizioni dati gli anni che aveva, a parte il palco di corna cervo magistralmente aggrovigliato che incoronava la porta d’ingresso, parzialmente rosicchiato dalla pioggia acida alla fine degli anni Ottanta. I mattoni rossi delle pareti e le tegole grigio scuro erano immacolati, i telai intagliati delle finestre pitturati di fresco di un bianco scintillante.

Tutt’intorno al cottage, il terreno boschivo garbatamente rigoglioso rifulgeva come una preziosa cartolina, ogni albero sembrava piantato con criterio e cura dei particolari. Un’elegante daina marrone baluginò fra i rami dritti e sottili, bloccandosi sull’attenti, simile al costoso modellino in scala ridotta di un cervo aggiunto come pièce de résìstance.

Catherine rimase impalata a guardare mentre Roger si occupava della valigia in qualche punto alle sue spalle.

— Sembra che Robin Hood e i suoi allegri compari debbano sbucare da un momento all’altro dalla vegetazione, — disse lei, mentre il direttore se la prendeva comoda.

— È strano sentirglielo dire, — commentò lui. — Negli anni Sessanta hanno girato una serie televisiva qui, una specie di avventure di Robin Hood francesi dal titolo Thierry la Fronde. Questa strada così piana che taglia il bosco era perfetta per le carrellate.

Il direttore la lasciò a cercare di scorgere la daina e si affrettò ad aprire la porta d’ingresso, dove gli altri aspettavano. Disposti come un trio stretto intorno a borse e valige, Ben dietro e i due più bassi davanti, sembravano un gruppo rock in posa per una foto pubblicitaria.

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