Paolo Villaggio - Caro direttore, ci scrivo…

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Caro direttore, ci scrivo…: краткое содержание, описание и аннотация

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Per quello che riguarda noi disgraziati, condannati a un'eterna infelicità strisciante, a serate senza sesso, senza amici, senza inviti, senza telefonate, ma solo con gli occhi bianchi di fronte alla Ruota della fortuna, ormai l'avete capito: siamo quasi morti, e non ce ne frega più niente di niente, perché non aspettiamo più niente, non speriamo in niente e non sogniamo più.

Ricordo che, fino a qualche Natale fa, l'arrivo impossibile di Cindy Crawford col seno nudo semicoperto dai capelli neri e col famoso neo sopra il labbro sinistro, o di Madonna, col suo ancor più famoso specchio sottobraccio da mettere sul pavimento di casa mia, mi avrebbero cambiato certamente la vita.

Ora ho perso le capacità vitali, sono quasi impotente, disperato, come un gatto moribondo, e sonnecchio in un mare di incubi, sudando come un orso sino a Mezzanotte e dintorni di Peppino Marzullo.

Poi, quando sarà il mio momento, mi nasconderò in un canneto: mi vergogno di morire in pubblico. Spero che quando tutto ciò accadrà, e accadrà presto credetemi, non lo venga mai a sapere nessuno. Insomma, è stato un Natale molto triste, e voi tutti poveri sudditi della mia età non illudetevi: qui le cose non vanno in nessun senso, non si muove più nulla, è tutto fermo.

Il mio non è un discorso stupido, del tipo: che vada tutto alla malora.

Un tempo, e parlo solo dell'anno passato, si vivevano anche i momenti più tristi con la solita recondita speranza italiota che, in fondo, ce l'avremmo fatta.

Non si sapeva come, d'accordo, ma eravamo fiduciosi che alla fine ce la saremmo cavata.

Ora invece è cambiato tutto, i giovani ci hanno contagiato.

Poveracci, anche loro: per forza hanno poca voglia di sperare nel futuro, hanno perso fiducia nel consumismo, che era la loro unica vera fede: una società consumistica deve essere ricca e funzionante, come presupposto fondamentale per la sua credibilità ed esistenza.

Questo mondo occidentale senza soldi, che senso ha? Cercare altri valori? Ma dove? Voi ragazzi cercate di farlo, lo so: ma non so che cosa consigliarvi, e in quale direzione andare.

Cinquant'anni di dominio americano vi hanno imposto una dipendenza ossessiva da feticci. Desiderate tutto quel o che si vende, lo volete presto anzi subito, altrimenti vi sentite esclusi ed emarginati: ecco la rabbia dei naziskin, dei teppisti della curva sud, per non parlare poi dei tossicodipendenti.

E intanto quelli su in alto sempre a rubare a man bassa, e a fare i tangentisti, e i mafiosi, e i camorristi, tutti posseduti da quel diavolo maledetto dell'avere, del rubare, del truffare pur di accumulare, sempre nel a speranza di essere felici.

Pensate che splendido esempio per i nostri giovani! Noi, ormai, ex compagni, siamo tagliati fuori da tutto, siamo vecchi, sfiduciati e stanchissimi.

Ora aspettiamo con rassegnazione quest'ultima agghiacciante parata di finta gioia che saranno le feste di Capodanno.

Ci sta crollando un po' tutto addosso.

Ma Sì che vada alla malora, che cambi pure tutto, tanto non ci saremo più quando sarà cambiato troppo.

Alle volte sogno tempi felici, mi rallegra pensare a quando non c'era l'inquinamento, c'era il socialismo reale come fede, c'era il mare trasparente, la campa gna lungo gli argini dei fiumi piena di odori, e le ragazze che ti piacevano che ti venivano incontro con le gonne larghe, facendoti battere il cuore.

Ora vi lascio, vado a piazzarmi con la faccia contro la solita stramaledetta Ruota della fortuna.

Un abbraccio soprattutto a voi giovani che potreste essere miei figli e anche nipoti; comunque sappiate che vi voglio molto bene e, con un certo ritardo, Buon Natale.

P.S.

E ora a noi vecchi: che il Dio dei poveri ci assista.

27 dicembre '92

Che possiamo sperare?

Cari fratelli della Grande Sinistra, per questo 1993 la vedo molto brutta per tutti.

Io sono stato profondamente offeso dalla vita, e quindi sono risentito come un gobbo e cattivo come un nano.

10 non ho né un passato nel quale credere, né un futuro nel quale sperare, ma solo un presente completamente vuoto.

Abbiate pietà di me: siete cattolici, è vero, no? E ascoltatemi, è il terzo giorno dell'anno, vi prego andate avanti a leggere, anche se con un po' di fastidio.

Allora, che cosa possiamo sperare noi poveracci? E che anno sarà per tutti noi questo 1993? Innanzitutto va detto che a noi: 1) dei partiti politici, 2) dell'Italia comunitaria retrocessa in serie C, 3) della bancarotta di Stato, 4) della svalutazione, 5) dell'inquinamento, 6) delle tangenti, 7) del buco dell'ozono, 8) dell'effetto serra, 9) della questione palestinese, 10) della finanziaria, 11) del crollo dell'impero socialista, 12) del razzismo, 13) delle crisi istituzionali e 14) del e riforme non ce ne può fregà de meno, scusate questo menefreghismo dialettale, ma noi siamo volgari sudditi e non cittadini.

Sudditi siamo e sudditi moriremo, e per di più poveri.

Siamo una razza a parte come gli immigrati dal terzo mondo, gli handicappati, i tossici, i sieropositivi, i malati di mente, gli omosessuali.

Il legislatore fa le leggi che ci dovrebbero proteggere, ma poi il giudice non le fa rispettare.

Le sole leggi che contano sono il clientelismo e la partitocrazia.

Prima di ogni tornata elettorale i signori del Palazzo ci promettono tutto, ci fanno credere tutto, e ci fregano ogni volta tutti.

Del resto lo sappiamo che a loro della mafia e della camorra poi non gliene importa niente, e giustamente, anche perché il loro potere è nutrito e si appoggia proprio sulla mafia e sulla camorra. Ecco il punto: il potere è l'obiettivo unico della partitocrazia.

E loro cercano di conquistarlo con ogni mezzo, lecito e no, con l'inganno e la frode elettorale, la slealtà, le cosche massoniche, le logge, le lobby di potere trasversale e a volte coi delitti politici organizzati dagli stessi servizi segreti del o Stato.

(Mi rendo sinistramente conto che come sempre faccio man bassa di luoghi comuni e frasi rifritte.) Per quello che li riguarda, penso che non gliene freghi niente che il paese vada a ramengo.

Loro l'hanno saccheggiato, e se loro la pensano cos1 figurarsi noi che siamo i loro servi della gleba, colpevoli per giunta.

Non illudiamoci: non siamo le loro vittime sacrificali, ma loro sono il risultato della nostra abiezione: insomma noi siamo paradossalmente il piedistallo su cui poggia il loro potere.

Quindi, per questo paese, non credo in un secondo miracolo economico, come quel o del dopoguerra, né nello stellone che ci ha sempre assistiti.

Siamo stati borbonizzati troppo, e siamo in una buca troppo profonda, ma, che ci piaccia o no, siamo in questo paese, e nella fossa ci siamo cresciuti, e forse ci sta bene di viverci dentro senza far sforzi.

Non vogliamo responsabilità: noi siamo dei sudditi veri.

Non cambierà nulla, siatene certi, e vivremo come a Napoli e come a Calcutta, dove si è anche perso il ricordo di tempi migliori, dove ogni tensione sociale si è spezzata da troppo tempo, e per sempre, e con quella ogni speranza di miglioramento.

Qui da noi, fin dai tempi dell'impero di Roma, abbiamo capito che, per sopravvivere in una vita senza obiettivi, l'unico valore che sostituisce i valori reali, e quindi la felicità, è sognare le glorie sportive nelle quali noi atleti non praticanti ma poveri sudditi sedentari ci identifichiamo.

Allora, al sodo.

Che spero io per il '93? Che la Samp vinca il campionato di serie A, e sarebbe una delle gioie più grandi della mia vita, che Vialli non si faccia convincere dal sergente di ferro Arrigo Sacchi a togliersi l'orecchino, che è il segno distintivo del a sua generazione.

Ma davvero un grande allenatore, il più grande d'Europa, può credere in certi valori? Anche i missionari portoghesi, per paura del diavolo hanno costretto gli indios brasiliani nel XVII secolo a vestirsi con tuniche di cotone e a lavorare dodici ore al giorno a quarantadue gradi all'ombra della foresta amazzonica, e sapete che cosa è successo?

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