Domenico Petrilli - Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.
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Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.: краткое содержание, описание и аннотация
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del tipo di quella ereditaria, ovvero della affermazione e del successo , concetto adleriano, ed ancora ciò rispetto ad un ordine ed imprigionamento obiettivo della materia anche non cosciente, e se si parla di materia si parla di terra e del femmineo, e seppure non si possa affermare che la materia non abbia coscienza. L’irrazionale si pone al di là dell’inconscio, come potenzialità che l’inconscio può raggiungere stabilmente e negativamente, il cui carattere negativo viene attutito dalla incoscienza stessa ed può essere una ragione dell’inconscio traumatico. L’inconscio pone l’irrazionale ed è per questo che esso stesso se dovesse essere definito si avvicinerebbe più a definizioni irrazionali, che razionali, ovvero desiderative, ed ancora si sa che la irrazionalità fa parte dell’istinto ovvero anche della pulsione e della sua assenza e variazione dell’oggetto in concomitanza alla veemenza pulsionale che è desiderio di soddisfazione anche in quanto spostata, precisando che ciò rimane un aspetto della irrazionalità rispetto cui gli ulteriori si presentano come riflessi anche autonomi. L’irrazionalità dell’inconscio deriva dalla velocità della pulsione, dunque, e quindi dalla veemenza del desiderio di soddisfazione in rapporto sia alla soggettività sia al riflesso incondizionato ma anche condizionato-associato- riflesso fino alla autonomia della funzione dell’analizzatore- controllo- coscienza. Essendovi diverse pulsioni di cui la pulsione di morte è propedeutica alla instaurazione della coscienza la velocità della pulsione che aumenta la indefinizione del movimento connettivo neuronale, e se unita alla velocità di altra pulsione, il cui risultato è paragonabile a uno spostamento, ovvero al bilanciamento soggettivo dei desideri- controllo, essendovi poi lo spostamento dell’oggetto basato sul processo di analogia, ebbene riprendendo la risultante irrazionale non risulterà solo dalla velocità di ciascuna pulsione ma anche dalla regione ideatoria e istintiva interessata, in termini di contingenza organica o meglio spaziale. La attività cosciente che non sarà possibile nei momenti di maggiore esercizio di velocità esercitato dalla forza della pulsione dipenderà anche dalla coincidenza spazio-temporale del sopra valere della pulsione di morte o libidica sull’istinto di conservazione, ovvero su una azione di annullamento ai fini dello spostamento, ove possibile, della sublimazione-appagamento su cui svolge ruoli da esaminare ma comunque decisivi il soddisfacimento pulsionale ideatorio, che è pulsione di vita, ovvero pulsione di vita e pulsione di morte al servizio tale ultima della vita pena la sua stessa esistenza in quanto appresa e fermo restando la emersione desiderativa ed emotiva. La pulsione di morte è connaturale al binomio forza-stasi della pulsione, ed entrambi hanno un attrattiva al pari del carattere funzionale del ritorno alla quiete- equilibrio, che rende possibile in tutti i suoi aspetti la attività cosciente ovvero, nel momento in cui la stasi come appagamento intervalla la forza della pulsione o delle pulsioni diventa con ciò collaterale e convergente nella dinamica di ciascuna pulsione, tranne l’incondizionato reale, il non prorogabile, che è sempre conservazione-controllo ovvero l’assunzione di auriga del conscio non valevole come insegna Lacan per ciascuna situazione, e parlo del soggetto e di analisi. Essa , ovvero la morte acquista la forza che struttura una situazione di quasi assenza di movimento e di desiderio di assenza di movimento (la minore velocità permette al nesso associativo di elaborare quelle associazioni che poi struttureranno la coscienza nella scissione coscienza ed autocoscienza ed in ogni caso di elaborare anche altro a seconda della direzione del pensiero, rispetto cui si apre il concetto di inconscio funzionale o subconscio) differente dal soddisfacimento, che determina, andando ancora oltre, una stasi differente rispetto alla stasi che deriva dalla ripetitività del soddisfacimento la cui dinamica e ricostruzione poggia sulla capacità mnemonica soprattutto sensistica di riprodurre nel tempo il soddisfacimento affermando così la esistenza di una memoria per ciascun senso cui si aggiunge la memoria che astrae ma non prescinde mai totalmente dal contatto con il dato materiale che integra e struttura la capacità sensibile fino al trascendente o se volete astratto e formale. Ossia questa memoria sensistica o coscienza sensoriale deriva dall’affinamento dei sensi e dalla loro capacità di conservare tracce mnesiche del contatto culminanti nella immagine simbolica che rappresenta il fulcro di ogni discorso di strutturazione interiore della proiezione anche dell’io, dal momento che è l’immagine che muove il soggetto al posto dell’oggetto, e le cui distorsioni ,che possono assumere carattere patologico ,e le cui ricostruzioni soggettive e non oggettive ,devono essere messe in relazione con l’operare di tale memoria che per la vicinanza all’inconscio vista la capacità di memorizzare anche dati di bassa intensità chiameremo memoria base o remota e inconscia. L’affiorare al conscio delle immagini immagazzinate da tale memoria sembrano continuare a legarsi alle potenzialità ed ai limiti che derivano dallo svolgersi del nesso associativo, ovvero ad un abbassamento della coscienza o allentamento del nesso, ma anche altro, nesso associativo che struttura la coscienza ,che si oppone all’inconscio con ciò evincendosi che l’inconscio può divenire conscio, e lo diceva anche Freud, seppure a livello patologico. La struttura della pulsione di morte differisce dalla
struttura di ogni altra pulsione. La sua strutturazione la fa apparire interna a ciascuna pulsione. La pulsione di morte sembra interna a causa della piccolezza e della frammentarietà della informazione che essa racchiude, la quale è univoca, intangibile rispetto alla differenziazione della conservazione e della pulsione di vita, la cui unità è il desiderio di essere, ovvero conservazione, ovvero riguardando anche la differenziazione delle funzioni junghiane che attengono al tipo ed al carattere. Tale informazione gioca sulla dialettica essere, differenziato e nulla, univoco, ma differenziato nella sua univocità e ripetitività a livello funzionale, nel ruolo strutturale del suo essere funzione, anche perché in dipendenza o legame dialettico alla conservazione, che lo usa e rispetto cui la stessa pulsione di morte si fa usare al prezzo pagato per la sua stessa sopravvivenza, ovvero essa sfrutta il soddisfacimento che porta all’annichilimento di ciascuna pulsione producendo uno stato induttivo che può espandersi o meno, essendo minima o correlativa la relazione alla inibizione, uno stato induttivo, dunque inibente in relazione alla causalità del determinarsi il soddisfacimento di ogni pulsione, ovvero ancora un soddisfacimento esclude altri, ovvero il soddisfacimento ideativo ancora esclude quello pulsionale. Affermiamo, come Pavlov che lo stato di sonno è in relazione al soddisfacimento della cellula. Il soddisfacimento pone in rilievo la questione del contatto cellulare in quanto è attraverso l’esperimento di esso che si genera lo stato piacevole che determina il soddisfacimento che a sua volta porta lo stato induttivo, ovvero la percezione anche del piacere e il suo godimento. L’organo del tatto, come concetto, come con- tatto ,come relazione è importantissimo a livello interno o interiore, lo stimolo intero- interocettivo, e trattasi di un aggiungere ed andare oltre. Si delinea lo strutturarsi di due diverse modalità operative della stasi ,ossia di differenti vie per giungere alla stasi ,che ne determinano le caratteristiche, in parte esaminate. La stasi coincide con il diminuire della velocità la pulsione, e dunque deve essere o solo conscia o solo inconscia, essendo il conscio della pulsione di vita e non solo e non potendosi andare contro la vita, asservendosi la stessa morte alla vita e fermo restando il manifestarsi di determinate patologie. Per tale ragione la diminuzione non è immediata . Opportunamente si distinguono le fasi del sonno. La fase coincidente con la elaborazione di immagini fantastiche corrisponde al passare il senso interno del soggetto all’interno della struttura inconscia del pensiero per giungere ma non sempre al non pensiero che la stasi in ultima analisi potrebbe rappresentare, in taluni casi. Il non pensiero potrebbe essere ricavato dalla assenza di velocità che annullerebbe quella contiguità spaziale e numerica la cui conseguenza è che è l’espressione temporale. Tempo ,velocità e numero vengono presi in considerazione nella disamina dell’Uno , se la diade ne rappresenta la conseguenza e il prorompimento, ragion per cui a base di tale diade deve essere posta la molteplicità che derivando dall’Uno, ed essendone una espansione, è concettualmente numerica ma anche caotica. Continua a permanere successivamente alla scissione della diade dall’uno la volontà di autonomia che struttura e fa esistere la dualità che essa esprime come duplice unità, che reca seco ,come prima l’uno, la sua volontà di scissione derivante dall’esercizio di unità che gli elementi della diade svolgono. Ma sembra che dalla unità che si scinde in dualità si origini il movimento interno. E’ ciò che Hegel ha presente nel formulare la dialettica a livello idealistico e ciò si deve leggere anche nella opposizione coscienza-autocoscienza fino alla coscienza universale. Si può discutere se la scissione dell’Uno in una diade comporti l’opposizione degli elementi che continuano ad esprimere la unità della diade. Se così non fosse si dovrebbe cogliere nella scissione che determina dall’unità la genesi della molteplicità l’esplicarsi di una differenziazione, ovvero quanto accade a livello fisico, come differenziazione delle unità o identità, come opposizione, ovvero come simile e dissimile, ovvero autonomo. E così si postulerebbe la molteplicità all’interno dell’Uno che in tal modo potrebbe cessare di rappresentare una unità, irrazionalità numerica, quantica, movimenti. Nello stesso tempo so che pochi intendono tale costruzione. L’ipotesi è il mantenimento di esistenza per l’unità che origina la diade la cui derivazione dall’unità si basa sulla scissione dell’opposizione che tale unità contiene in unità che risolviamo anche nel senso dell’essere differente di ciò che è per ciò stesso autonomo. Da tale punto di vista la diade è l’espressione della potenza traboccante dall’Uno. Il che struttura l’ipotesi di un movimento interno a tale unità che reca seco una intensità che al più alto grado determina la scissione. Stasi e movimento sono qualità dell’Ente Uno. Sembra che le qualità dell’uno si strutturino in opposizioni il cui scontrarsi è evitato dalla coincidenza temporale che struttura stasi e movimento come fasi alternanti ossia modi di essere dell’Uno. Ma la presenza di qualità opposte che si libereranno nell’esplicarsi della successione numerica che struttura la molteplicità implica il concetto di forza. La forza che permette di racchiudere in unità qualità opposte deve essere notevole, ed implica uno stato di tensione ideale , nel verso senso della parola ,che regge tale unità. L’unità dunque presuppone la capacità di rappresentare e consolidare la unità ,nonostante le opposizioni. Si ha una scissione nell’unità tra la fisicità della stessa, e la capacità che in questo caso consiste nella forza del ridimensionare l’attrito delle divergenze che l’unità necessariamente postula. Tale discorso ha senso solo se si volesse interpretare l’unità come origine della molteplicità. A ben vedere Platone poneva nella diade l’origine della molteplicità ,per preservare il carattere unitario della unità. Ma se la diade deriva dall’Uno anche Platone deve ammettere l’esistenza di una differenziazione nella unità, che legittima la possibilità di una opposizione, da cui la diade deriva a seguito di un presunto allentarsi della forza che aggrega il tutto in unità, ovvero per via reattiva ed oppositiva. La fisica a buon ragione dovrebbe poggiare sulla matematica, se dovesse occuparsi in dettaglio di questioni immanenti. Questa è la migliore definizione di come vedevano la fisica i greci. Si inquadri in tali termini anche l’opera di Talete come di Aristotele. Platone si occupa di filosofia. Ma se la idea è numerica, ovvero in una angolazione che non esplicito, al pari della fisicità dell’Uno, come Platone teorizzò ,la conoscenza matematica doveva essere per lui un requisito indispensabile.La conoscenza razionale platonica racchiusa nella sua concezione dell’idea è un riflesso del ricordo della percezione del contatto con la materia, ed è li che si colloca la separazione cartesiana forse inconfutabile tra idea e materia, ovvero il cogito, il pensare e la idea o imago Dei. Ma l’idea prescinde dalla materia. Ma se la materia esiste deve esservi idea della materia, fermo restando che Aristotele non confutò Platone, da irruento non giunse mai ad odiarlo, anche con la stessa costruzione del sinolo. Come anche se l’Uno esiste ,o è esistito, deve aver impresso una idea. Si coglie la caratteristica della idea di essere un riflesso molteplice proprio ed appropriato della materia. L’Uno e la stasi dovrebbero garantire alla unità di preservare la sua unità, e il movimento con la sua dialettica, la eventualità di opposizioni, il panta rei e la distruzione del movimento e del tempo, la assenza paradisiaca di tempo. Se così fosse la stasi dovrebbe rappresentare la forza della unità, e chissà se non ha ragione Parmenide visto che lo conferma Kant e la fisiologia, e considerati i meandri e le caverne di Platone. La molteplicità ha dunque come presupposto la diade ,ossia la scissione, la distinzione, il distinguere o il separare, che implica la considerazione filosofica sulla divisibilità e il movimento, che va a sostanzializzare ciò che Hegel, formulò come fusione, torno a ripetermi , o come logica degli opposti. L’allontanarsi della unità dalla stasi della verità determina dunque la logica degli opposti. Se così fosse il movimento produce opposizione, oltre che distruzione anche se le stesse ultime si riferiscono anche al tempo. La individuazione dei punti potrebbe determinare l’opposizione dei punti stessi. Ma così teorizziamo la spazialità dell’Uno. E la spazialità ideale è posta dal movimento e dalla differenziazione che dovrebbe caratterizzare la unità in questo spazio. Il movimento determina lo spazio ,ed espande la materia. La scissione della unità in diade pone la molteplicità grazie anche al movimento che consente non solo alla materia di espandersi e modellarsi. Il movimento poggia sulla temporalità e la temporalità sulla matematica lineare e ripetitiva o ciclica, secondo quando insegna la filosofia e lo stesso Nietzsche. La ripetitività e ciclicità della temporalità però potrebbe da diversa angolazione caratterizzare diversi ordini temporali. Di qui e attraverso tali tesi si evince lo scindersi a partire dalla tesi stessa della conoscenza in materiale o fisica , e ideale. Dall’ideale sgorga un pluralismo elevato a potenza, rispetto all’origine pluralistica e molteplice della materia. La matematica che determina la molteplicità materiale è differente da quella che determina la molteplicità ideale. Questa ultima comprende un maggior numero di espressioni numeriche- ideali perché il numero prima di essere numero è idea di numero, mentre la molteplicità materiale si struttura in successione derivante da unità e rigidità del numero che esprime ciascuna la derivazione dalla materia. La materia dunque si genera in opposizione alla conoscenza razionale pura che prescinde da tale contatto e la cui coincidenza e riduzione a maggiore unità dovrebbe risiedere nella verità il cui porsi determina la scissione della idea dalla materia per un verso, ovvero la sua separazione e il suo essere li , oggetto statico e non solo. Dopo ci occuperemo della dialettica forma -non forma che l’inconscio pone con ciò sottolineando la necessità di una migliore comprensione anche organica dell’inconscio ai fini di una migliore definizione di come l’idea nasce. Poniamo così il sorgere della verità dalla irrazionalità espressa nella mancanza di forma, e definizione dell’inconscio collettivo da Jung teorizzato. Organicamente dell’idea dovremmo comprendere solo aspetti fisici e materialistici nella prospettiva di una elaborazione numerica e fisica(CPU) ai fini degli studi sulla elaborazione della intelligenza artificiale. Con il che sostanzializziamo la psicofisica di Fechner il cui titolo è sicuramente veritiero rispetto alla necessità dell’ imprigionamento organico della idea. Si noti che la assenza di definizione presente nella ragione culmina nella volontà di una successione identica a quella che particolarizza l’esterno come molteplicità ed Hegel aveva ben intuito ciò, ovvero tale affermazione si adatta meglio al desiderio infinito di Kierkegaard ma siamo pressappoco negli stessi di pressi. Dimostrato che l’idea viene impressa nella materia organica cerebrale si deve concludere per una forma partecipativa di idea e materia. Le implicazioni panteistiche sono elevatissime. Si mette in discussione con tale tesi la passività della materia, come si fece in Volontà e Rappresentazione. La partecipazione della idea alla materia è più che sostenibile e gli studi sul paranormale di Jung dicono in aggiunta e a conferma di quanto detto. Ricevono in tal modo le dovute considerazioni le tesi platoniche sulla esistenza-consistenza dell’ Iper- Uranio. Mentre il parto della idea ci connota a livello metafisico, il parto generatore di altri soggetti ci rimanda alla materialità, ed in entrambi è insito il tendere al male e il tendere al bene ed in entrambi tali due aspetti possono essere collaterali e speculari con riguardo alla natura altrettanto costitutiva e biblica del male radicale. Le potenzialità passive del seme, preformate o precostituite, ci fanno pensare ad una versione meccanicistica della realtà. Il costituirsi della scissione tra idea e io del soggetto che postula la considerazione della idea come esterna all’Io implica una nuova considerazione della materialità idealistica dell’Io ma non solo, in quanto nuove analisi dovrebbero estendersi al meccanicismo della materia ,ed ad una nuova analisi della possibilità di trascendenza, come testimonia il ruolo della ideazione nel movimento del corpo. La trascendenza potrebbe configurare il flusso dell’Io dall’Io all’idea o tergiversando all’ Iperuranio, connotando tale ultimo conoscendo la predilezione socratica della etica, la trascendenza metafisica che riporta a Dio e il flusso dell’Io alla materia in cui l’idea continua a svolgere i suoi ruoli in virtù dei nessi partecipativi di idea e materia, nello stesso tempo sottolineando la semplicità del fraseggio rispetto alle complessità del concetto secondo uno stile antico. Ma per comprendere appieno la dialettica ideale - materialistico occorre interrogarsi sui rapporti di idea e forma affermando che l’idea reca seco un idea di forma parallela alla forma della materia la cui assenza è determinata dalla irrazionalità, in quanto si pone a sinonimo di irrazionalità, stante, dal punto di vista funzionale, la inettitudine della percezione di percepire l’oggetto se il movimento di elaborazione razionale si basa su una pulsione frenetica e quindi veloce. I ruoli della follia, la esegesi biblica e la sua parziale condanna , parziale essendo statuito il non sapere quello che si fa, un po’ come dichiara Socrate a proposito della ignoranza. Veniamo dunque a cogliere gli aspetti che ci consentono di distinguere stasi e movimento. L’errore che rende impenetrabile la sostanza nelle nostre percezioni ed interpretazioni deriva anche dalla incapacità della percezione di individuare il movimento, e la stasi ,in assenza di una situazione addirittura triadica e non in ogni caso ed ad ogni condizione. L’analisi triadica è la sola che riesca a permettere la determinazione della stasi e movimento dei due corpi osservati ,ma non dell’osservato, fermo restando la impossibilità della precisione soprattutto se il movimento comunque non può essere escluso e soprattutto nel caso di un movimento ondulato o curvo. Non è la sola pluralità dei punti ad occultare poi il movimento. Non percepiamo se la nostra presunta stasi sia stasi realistica. Ovvero la situazione dualistica potrebbe connotare esclusivamente un modo di relazione di due corpi ,e coglierne una caratteristica, analogamente a quanto afferma Russell sulla prospettiva e sulla posizione. In realtà non sappiamo la ragione del movimento dei corpi né forse se alcuni oggetti collocati nella realtà siano davvero statici o se la loro stasi è una apparenza in contrapposto. Si offre dunque una confutazione ad Eraclito sul movimento e trovano un parziale accoglimento le tesi di Feuerbach e di Spinoza da un punto di vista panteistico, nel senso anche ma non solo della assolutezza dello spazio e del tempo, ovvero per l’uno la qual cosa e per l’altro altro ancora. Ricordiamo ancora le tesi aristoteliche sul motore immobile che sarebbe eterno in virtù della sua stasi, ossia quanto accade altrove a livello fisico. La stessa eternità competerebbe secondo Aristotele al moto circolare, che è nelle sue affermazioni un moto perfetto. La perfezione del moto circolare deriverebbe dalla regolarità del suo fluire che realizzerebbe seppure in una distanza una fusione di opposti punti, ovvero un contatto che li fonde che comunque risiede nel movimento. Le osservazioni sulla regolarità non riguardano la velocità attraverso cui tale moto eserciterebbe la forza che potrebbe racchiudersi anche in auto-movimento, sia nel senso di meccanicistico che di auto-determinato quale meccanica. La stasi all’interno del cerchio è determinata dalla velocità dei suoi punti. Potrei parlarvi di altro in tale esposizione semplice della stasi ma ne lascio il segno. Ciò comunque in assonanza alle caratteristiche dell’Uno o unità in stasi, Parmenide. I punti del cerchio implicano una differenziazione delle qualità identiche di ciascun punto, lineare, e lo spazio deriverebbe dalla espansione della unità la cui capacità statica da ad esso regolarità ed armonia, in armonia ad altri concetti fisici e fermo restando la ondulazione derivante proprio dalla espansione-contrazione. Se così fosse la stasi è una forza, e la forza può essere concentrica e unitaria o espansiva, ovvero richiederebbe l’esercizio di una forza che la realizzasse, e tale forza che la realizza potrebbe essere meccanica od anche non.
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