Domenico Petrilli - Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.
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Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.: краткое содержание, описание и аннотация
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a superare le scissioni ,che la distinzione radica nella innata e necessaria scissione tra io e lo spazio esterno ,
da cui deriva la scissione che determina e struttura la percezione ,con l’apporto della sensibilità. La coscienza infelice deriva anche dalla constatazione della impossibilità di superamento nella fusione logica della totalità delle caratteristiche come del concetto che determinano la possibilità di fusione, ovvero la sintesi e la dialettica attraverso la determinabilità dei termini ,che si oppongono comunque prima di fondersi. Da tale incontro con lo spazio ideale esterno ,e con la non necessità- contingenza della materia a seconda della soggettività del soggetto si esplicano due atteggiamenti contraddittori, contraddittori ed altamente soggettivi ,che possiamo enucleare come voglia di annullamento e voglia di dipendenza dall’altro. Dalla voglia di dipendenza deriva l’influenzamento che l’altro esercita nello sviluppo del nostro io, nelle sue modalità e centralità appropriative dello spazio esterno, nostro e non solo, e voglia di dipendenza che connota e legittima una situazione di potere nei confronti del soggetto da cui si dipende, ovvero si potrebbe parlare di forme del rispecchiamento, interiorizzazioni e successive tendenze anche sociali, le dialettiche del potere e della dipendenza. Una caratteristica dell’Io è la sua plasmabilità, in assonanza alla sua capacità di comprensione o presunta comprensione, posto che una comprensione quando anche presunta ,implica per lo meno la coscienza della possibilità di non fallibilità. La modificazione dell’Io rispetto alla posizione posta da una comprensione presunta rivelatasi errata determina un conflitto con l’Io ,da cui consegue una instabilità ,che rallenta e rafforza , in opposto e contemporaneamente a livello intero-soggettivo, la sintesi posta dall’Io penso ,che governa lo stato di coscienza. Una situazione di dipendenza implica un divario tra il soggetto che dipende, e il soggetto che esercita il potere, anche in virtù di un dialogo linguistico incentrato sulla capacità di comprensione dell’esterno, e dell’interno, come anche entrambi, includendo nella qualifica e nell’aggettivo sostantivizzato interno ,anche l’altro, inteso come sintesi di molteplicità ideale, difficilmente carpibile ,in quanto non esprimentesi in dinamica figurativa, o non solo in essa ,e tale è la posizione sadica dell’analista fermo restando la dialettica sadica e forse reattiva dell’analizzando, e tale ancora tutto il teorema sulla identificazione al luogo, psichico, ideale anche come formativo e conformativo il carattere, analisi. Paradossalmente la possibilità dell’ annullamento proprio della posizione di dipendenza è esplicita nella psiche del soggetto, ed è derivante dalla innata suzione, e mercè la morte, anche come fuga, come resistenza. La dipendenza stante la attuale cognizione, e la modalità di conservazione del soggetto, che è di materia postula la materia stessa unita alla forza appropriativa che ci determina alla ingestione di tale materia attraverso la assunzione di cibo, e perdura nella esplorazione ponendo un interrogativo sul ruolo della cura del curante come colui che ci autorizza ad una esplorazione che non è esplorazione ma dipendenza, ovvero è totalmente differente dalla capacità di ritrovare la rotta senza bussola, significazioni e critiche. La dipendenza del saggio, quella materiale, è intimamente connessa alla sola soddisfazione di bisogni materiali di vita ,e quindi detto esplicitamente ciò per quanto riguarda la materia, ovvero è distacco e fuga dalla dipendenza materiale fermo restando la dipendenza assoluta che è vita ma nella Legge, e con ciò riprendo Lacan anche a proposito del significante. Tale discorso tende ad escludere finora il sentimento del bello. E’ il sentimento del bello che struttura perdizione e morale allo stesso tempo. Ma se il bello come giustamente definito è soggettivo ,la morale finisce per diventare altrettanto soggettiva, e la oggettività deriva dalla condivisione del mos che implica relazioni io - l’altro che strutturano l’ulteriore dipendenza del soggetto da colui che sa. L’ignoranza che caratterizza lo stato dell’uomo secondo Kierkegaard prima che egli peccasse, e dunque prima dell’incontro del tempo con l’eternità ,è altrettanto caratterizzato dalla perdizione, che insidia la possibilità di vita. E’ la possibilità per Kierkegaard che ci schiude la infinità ,o la sua vista, che è un proseguimento dell’eternità. Il sentimento del bello dunque infinitizza la esistenza, dando impulso alla sua ricerca al pari del brutto secondo la logica della soggettività del bello, e si dischiude dunque al pari del bello e del bene la possibilità del male e della perdizione, trascendenza trascendente o ascesi nel primo caso e materialistica nel secondo in cui la perdizione indica l’essere legato alla terra , il dionisiaco, e alla sua vicenda secondo Nietzsche. Con la classificazione sentimento del bello ,che va al di là della fisicità per contestualizzarsi in simbiosi con la bellezza fisica ,che si esplica in forma e colore, anche il bello espresso dalla virtù, che sostanzializza l’etica, che come precisato è una elaborazione e sostanzializzazione di quella espressione interna dell’anima, che sgorga dal sentimento prodotto da relazione e contatto , anche il bello del virtuoso culmina promuovendolo e sollecitandolo ( in ciò trovano completamento le mie teorie sulla importanza della libido, che prescinderebbe dai connotati sessuali che assume materialmente) nella elaborazione razionale, da cui deriva il parto della idea, appropriazione ed estroiezione in relazione alla nutrizione .
L’idea del parto implica una scissione, e una separazione dall’idea, che sostanzializza ciò che Platone
chiamò Iper- Uranio, di cui il soggetto può anche appropriarsi ed anche per immedesimazione, e ciò indica una possibilità, ed è ciò che è poi sintetizzato nella reminiscenza che implica il ricordo sia di ciò che si è creato sia di ciò che si è udito o visto. La simbologia dell’inconscio poi racchiude la probabilità di espressione linguistica nel senso palesato dalla geometria ,come una forma delle forme ,e dunque visiva, in condizioni non esclusivamente materiali, e non parlo di genetica del linguaggio come concetto ma come rappresentazione. Di qui il mio riferirmi in un senso che esula dalla materialità quale figurativa per concentrarsi in una qualifica ideale e ideativa che determina ,da un lato ,la confutazione aristotelica alla vista , quale organo materiale ,della qualifica di organo dell’intelletto (affermazione aristotelica che sicuramente Platone non condivideva) e la fondazione della geometria, come connotante anche il procedimento di elaborazione pura, in quanto prescindente dalla materialità, e dunque in un senso comunque greco. Il sorgere del concetto della quantità deriva dalla percezione esterna ,e tattile, spazio esterno- io , ovvero deriva dall’essere l’io una parte o unità, conseguenza dello stimolo e della sua azione, ma tale ultima affermazione è confutabile, e in ciò sta il carattere del suo carattere innato. Legata alla quantità è la categoria della relazione, che Hegel traduce attribuendole una connotazione matematica in rapporto con la proporzione. Ma la categoria acquisisce con ciò le caratteristiche della fisicità ,decentrando una considerazione ideale dell’idealismo hegeliano, seppur dal materialismo stesso lo spirito hegeliano parte, secondo un ottica condivisa. Quella del rapporto è l’unica categoria hegeliana che rivela la considerazione che Hegel attribuisce allo spazio esterno, e tranne le appropriazioni eventuali dell’Ich bin Ich, sostenute però da Schelling e riprese da Marx e dalla dialettica del materialismo, ed è l’unica categoria possibile in una logica assonante alle sue teorizzazioni sulla fusione degli opposti, o logica degli opposti, sempre marxista, applicate usualmente e esclusivamente alla sua logica, che diviene a-logica per il suo essere il contesto della totalità ideale e materiale, ovvero per essere il contesto di x e non x, secondo uno spirito, ovvero un modo di vedere, per la cui esenzione della follia, risulta ancora una volta dialettico, come Jung indovinava ed applicate quindi alle sue statuizioni sull’apparire sia pur oggettivo della soggettività da lui scissa nel conflitto- dipendenza- relazione- diluizione coscienza-autocoscienza, l’interno- oggetto e il materialismo dialettico in psicoanalisi. La categoria della relazione invece scelta da Kant appare più assonante al presunto carattere innato di tale concetto della rappresentazione ideale. Di tutte va detto che fra tutte la categoria della esistenza è la primordiale ,e differente da tutte, in quanto è quella che pone attraverso l’istinto di conservazione l’Io andando con ciò oltre la filosofia consueta. Sembra dunque che invece le categorie della quantità e della relazione derivino dal contatto, in un senso non idealistico, ma tale contatto vi è comunque, ed il rapporto è sempre una relazione di termini, ovvero si può presumere che con il rapporto Hegel dicesse altro. La relazione potrebbe interpretarsi come quel flusso che pone in contatto sia la molteplicità ideale scissa da Hegel ,la relazione come categoria che non si occupa della funzione ma della struttura, ovvero molteplicità ideale pluralizzata da Freud e Jung con il concetto di plurideterminismo, e sia la fenomenologia dell’operare fisico inteso come caratteristico sia della presenza di una materia che opera ,o è plasmata , e sia le modalità operative strutturali e funzionali con cui la materia si diversifica che sembrerebbero rientrare nella esatta costruzione classificatoria hegeliana di rapporto, in un senso non puro, ovvero puro se si guarda al materialismo dialettico e demarcandone e sottolineandone con ciò la forte composizione numerica, in un senso matematico e dunque puro , ovvero kantiano, ovvero nell’esplicitarsi della quantità visto che la materia diversificandosi in piccola e grande, pone una quantità numerica , o spaziale, di misurazione, da cui deriva equilibrio e conflitto, e quindi di nuovo la stessa terminologia rapporto. Di qui la necessità dell’assoggettamento della fisica alla matematica, che è connaturale alla capacità di esplicitare la filosofia, visto che il linguaggio esprime un rapporto dei termini ,da cui ne deriva la significatività. Donde a ragione si potrebbe considerare che il linguaggio sia una potenzialità significativa, al pari della rappresentazione della cosa che muovendosi comunica e trasmette sensazioni tattili , uditivi, sensoriali che prescindono dal contatto tattile e sensorio stesso, ovvero che si basano sul sentimento di cui tali sensazioni rappresentano l’evoluzione di una tipologia primordiale sentimentale i cui attributi si esplicitano nel campo presumibilmente tattile, olfattivo e uditivo, ma non visivo, ovvero visivo per via di relazione e parliamo di tipologia primordiale sentimentale. Sembra quasi che l’esercizio della vista prescinda dalle qualità sensibili , ovvero nel senso di porsi differentemente ,essendo la rappresentazione delle deformazioni prodotte dalla materia ,ma non solo sugli organi di percezione. Di qui la importanza di esami accurati dell’esplicitarsi delle visioni nei sogni, la cui esistenza
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