Beatrice Gavazza - Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.

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Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.: краткое содержание, описание и аннотация

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Il libro approfondisce la figura del tragediografo Agatone (fine V secolo a.C.) e fornisce ai 34 frammenti superstiti della sua opera un'edizione critica con commento. Questo lavoro s'inserisce nell'attuale tendenza degli studi classici a dedicare particolare attenzione a testi frammentari. Sebbene le tragedie di Agatone risultino dimenticate già in epoca antica, sembra che in ambito tragico egli sia stato un autore di successo, nonché d'avanguardia. Il contributo più importante che diede alla storia del teatro fu la sostituzione delle parti corali tradizionali con intermezzi del tutto slegati rispetto al contenuto della trama. L'analisi svolge un'indagine quanto più possibile completa intorno a una figura determinante del genere tragico e pone le basi per una più profonda comprensione delle trasformazioni del teatro tra il V e il IV secolo a.C.
Beatrice Gavazza è assistente alla cattedra di Filologia e Letteratura Greca dell'Università Albert Ludwig di Friburgo in Brisgovia. Per il suo lavoro sul poeta tragico Agatone ha ricevuto nel 2020 il premio Günter Wöhrle, promosso dalla fondazione Humanismus Heute per tesi dottorali eccellenti inerenti al campo dell'Antichistica e composte presso l'Università Albert Ludwig di Friburgo.

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Interpretazione

Negli scholl . vett . RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra . 83s. si trovano informazioni comuni anche ad altre testimonianze (vd. testt. 5. 8c*): Agatone fu poeta tragico, figlio di Tisameno ateniese, dileggiato nella commedia come effeminato e molle (εἰς θηλύτητα/ἐπὶ μαλακίᾳ; vd. ad testt. 5. 8c*. 24). Manca qui il riferimento esplicito ad Aristofane come fonte comica, che si può invece trovare in 8c*.

Per la definizione di Agatone come κωμῳδοποιὸς τοῦ Σωκρατικοῦ διδασκαλείου (vd. anche test. 8c*), il testo degli scolî si presenta tormentato. L’improbabile κωμῳδοῦ υἱός tramandato da V, il manoscritto che riporta gli scolî nella forma più esauriente, è emendato da Dindorf con κωμῳδοποιός sulla base degli altri manoscritti e della Suda. Snell–Kannicht notano «certe his e verbis concludi non potest Agathonem comicum fuisse», segnalando come erronee le conclusioni tratte da Tzetzes dagli scholl . vett . (Tzetzes schol . in Aristoph. Ra 83a, adn . ad 83a p. 726 Koster) sul fatto che Agatone fosse anche commediografo. Gli editori ipotizzano un emendamento del testo in ἦν δὲ καὶ κωμῳδοποιὸς <���λέγων αὐτὸν> τοῦ Σωκρατικοῦ διδασκαλείου (‘c’era anche un poeta comico che lo definiva di scuola socratica’), sottraendo ad Agatone la qualifica di poeta comico.56 Furono probabilmente gli esegeti antichi ad attribuire ad Agatone una doppia attività poetica, tragica e comica, sulla base di un’interpretazione erronea del finale del Simposio platonico.

I.2. Il trasferimento in Macedonia (testt. 7–11)

Test. 7 (5 S.–K.)

Praxiphanes fr. 18 Wehrli ap. Marcellin. Vit. Thuc. 29

συνεχρόνισε δὲ (Θουκυδίδης), ὥς φησι Πραξιφάνης ἐν τῷ περὶ ἱστορίας, Πλάτωνι τῷ κωμικῷ, Ἀγάθωνι τραγικῷ, Νικηράτῳ ἐποποιῷ καὶ Χοιρίλῳ καὶ Μελανιππίδῃ.

Come dice Prassifane nel suo libro Sulla storiografia , [Tucidide] fu contemporaneo di Platone comico, di Agatone tragico, di Nicerato epico e di Cherilo e Melanippide.

Interpretazione

La Vita Thucydidis attribuita al retore Marcellino (V sec. d.C.) riporta, citando Prassifane (IV–III sec. a.C., autore di un’opera περὶ ἱστορίας), che lo storiografo Tucidide fu contemporaneo di alcuni poeti, tra cui Agatone tragico. Prassifane fu un peripatetico, allievo di Teofrasto; la περὶ ἱστορίας è menzionata dalla sola Vita Thucydidis .1

La vita di Tucidide si colloca tra il 460 circa e il 400 a.C.2 Per quanto riguarda gli altri autori qui ricordati, il commediografo Platone, attivo ad Atene contemporaneamente ad Aristofane ed Eupoli, visse tra la metà del V sec. e il 390 a.C. circa.3 Di Nicerato, un autore di versi epici (ἐποποιός) originario di Eraclea Pontica, non si hanno molte notizie, se non quella relativa a una sua vittoria in un agone poetico tenutosi a Samo nel 404 a.C. (Plut. Lys . 18, 4s.); la sua data di nascita è da collocarsi plausibilmente intorno alla metà del V sec. a.C.4 Cherilo fu poeta epico proveniente da Samo e residente per un certo periodo, forse fino alla morte, alla corte macedone di Archelao; la sua vita si colloca tra gli anni 468–465 e 404–399 a.C.5 L’ultimo autore menzionato è Melanippide, compositore di ditirambi annoverato nel gruppo di poeti che segnarono lo sviluppo di questo genere letterario tra la seconda metà del V e l’inizio del IV sec. a.C., soprattutto attraverso innovazioni in campo metrico–musicale. Per il periodo di attività poetica di Melanippide si ipotizza la seconda metà del V sec.6

Per l’interpretazione del passo, una prima linea di pensiero – già di Preller, ampliata e argomentata da Wilamowitz e Hirzel e accettata da Wehrli – consiste nell’ipotizzare che nella περὶ ἱστορίας di Prassifane gli autori menzionati si riunissero presso la corte di Archelao, re di Macedonia dal 413 al 399 a.C.7 L’opera del peripatetico prenderebbe spunto dalla situazione della corte macedone alla fine del V sec. a.C., quando Archelao, secondo un disegno di politica culturale volto a ellenizzare la Macedonia – zona considerata periferica dai Greci dell’epoca – radunò intorno a sé intellettuali e artisti provenienti da città greche.8 La tradizione di un soggiorno macedone esiste per Tucidide, per Cherilo, per Melanippide e per Agatone. Tra i poeti attivi alla corte di Archelao troviamo anche Euripide (non menzionato da Prassifane).9 La notizia non è invece attestata per Nicerato e per Platone.10 Tale interpretazione si fonda sulla menzione di Archelao subito dopo l’elenco degli autori, alle ll. 2s. del fr 18 Wehrli di Prassifane ( ap . Marcell. Vit. Thuc . 30).11 Il verbo συγχρονίζω indicherebbe la simultanea presenza dei personaggi citati alla corte di Archelao.12 Non accetta tale interpretazione del passo Aly, il quale per Nicerato e Platone nega qualunque nesso con la corte di Archelao e considera azzardata l’ipotesi di ricostruire l’opera di Prassifane come la messa in scena di un incontro in Macedonia di tutti questi autori; Prassifane avrebbe usato συγχρονίζω per indicare che, in base ai suoi calcoli, gli autori citati sarebbero vissuti nel medesimo periodo.13 Il riferimento ad Archelao sarebbe stato riportato da Marcellino in una forma abbreviata e sarebbe da leggersi in riferimento solo ad alcuni dei nomi presenti, tra cui Agatone. Siamo in ogni caso di fronte a una fonte che lega il nome del poeta tragico a una generazione di autori vissuti nella seconda metà del V sec. a.C., alcuni attivi anche nei primi anni del IV sec., e al contesto della corte macedone di Archelao.

Test. 8a (7a S.–K.)

Aristoph. Ra. 83–85 (a. 405)

Ἡρακλῆς Διόνυσoς Ἡρ. Δι. Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται, ἀγαθὸς ποιητὴς καὶ ποθεινὸς τοῖς φίλοις (σοφοῖς schol. VE ad 84). ποῖ γῆς ὁ τλήμων; 85 εἰς μακάρων εὐωχίαν.
Eracle Dioniso Er. Di. E Agatone dov’è? Abbandonatomi se n’è andato un buon poeta, rimpianto dagli amici. In quale angolo della terra, il disgraziato? 85 Al banchetto dei beati.

Interpretazione

Nel 405 a.C. Aristofane presenta in occasione delle Lenee le Rane , commedia che mette in scena la catabasi di Dioniso, desideroso di riportare ad Atene Euripide, in assenza di altri poeti tragici di buon livello. Per realizzare il piano, la divinità chiede aiuto a Eracle; ha luogo una discussione sul contemporaneo panorama teatrale ateniese, con la menzione di rinomati poeti tragici, tra cui Agatone.

Al v. 83, l’espressione ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται è definita da Del Corno come connotata da «un tono da epitafio», in quanto Agatone «si era trasferito altrove, era come morto per il teatro ateniese».14 Il verbo ἀποίχομαι, ‘andarsene’, a seconda del contesto può esprimere l’allontanamento di una persona tanto da un luogo quanto dalla vita stessa.15 L’ambiguità del termine permette un gioco di parole tra l’allontanamento geografico e la morte. Secondo Lévêque tuttavia il ricorso alle forme composte dei verbi ἀπολείπω e ἀπολαμβάνω, nonché la domanda ποῦ’ στιν, con il ricorso a un avverbio di luogo, spingono a interpretare i tre versi come espressione di allontanamento geografico. Gli scolî e il dialogo di apertura del Simposio di Platone (vd. test. 9) confermano l’interpretazione di un semplice allontanamento fisico di Agatone da Atene.

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