Per quanto riguarda la questione della festa dionisiaca dove Agatone avrebbe riportato la sua vittoria, abbiamo anticipato sopra i dubbi della critica (vd. ad test. 1). Parte di essa ritiene che la vittoria di cui parla Platone non sarebbe stata ottenuta alle Lenee. In particolare, è Sider a proporre una lettura dell’opera platonica come la messa in scena delle Grandi Dionisie.18 Tra le altre argomentazioni, Sider analizza diversi passi del Simposio, individuati anche da altri studiosi.19 Si tratta (nell’ordine presentato da Sider) di: 1) 223c ἅτε μακρῶν τῶν νυκτῶν οὐσῶν; 2) 175e πρῴην ἐν μάρτυσι τῶν Ἑλλήνων πλέον ἢ τρισμυρίοις; 3) 194b ἐπὶ τὸν ὀκρίβαντα μετὰ τῶν ὑποκριτῶν κτλ.
Questi passi non supportano tuttavia delle argomentazioni stringenti. Per quanto riguarda il punto 1), Sider nega la presenza di un riferimento alle Lenee, interpretando il passo non in riferimento alla lunghezza delle notti in quel periodo dell’anno, ma al fatto che i convitati erano andati a letto tardi, e portando come parallelo un passo di Omero ( Od . XI 373) dove l’espressione νὺξ δ’ ἥδη μάλα μακρή ha il significato di ‘la notte è ancora giovane’.20 L’aggettivo μακρός tuttavia si trova in testi dove è indubbio il riferimento al fattore astronomico della lunghezza delle notti. Un esempio si trova in Ippocrate ( Reg . IV 68, 9): Ὁκόταν δὲ ἰσημερίη γένηται, ἤδη μαλακώτεραι αἱ ἡμέραι καὶ μακρότεραι, αἱ νύκτες δὲ βραχύτεραι, dove ἰσημερίη indica l’equinozio di primavera. Le fonti testimoniano che le Grandi Dionisie dovevano tenersi, almeno durante il periodo della guerra del Peloponneso, nei giorni dal 10 al 13 del mese di Elafebolione.21 Considerando che Elafebolione corrisponde al periodo marzo/aprile, i giorni dal 10 al 13 sono prossimi alla data dell’equinozio di primavera, che cade astronomicamente intorno al 21 marzo. L’appunto di Ippocrate sull’equinozio, quando ‘ormai le giornate sono più lunghe e le notti più brevi’, non solo attesta l’uso dell’aggettivo μακρός per indicare la durata delle ore di luce e di buio durante la giornata, ma è anche in evidente contrasto con la possibilità di riportare l’allusione del Simposio alla celebrazione delle Grandi Dionisie.
Il punto 2) interessa il pubblico di fronte al quale Agatone si è esibito il giorno della vittoria: πρῴην ἐν μάρτυσι τῶν Ἑλλήνων πλέον ἢ τρισμυρίοις (175e). La menzione di un pubblico di più di trentamila Ἕλληνες avrebbe per Sider due implicazioni: in primo luogo, gli spettatori non sono definiti Ateniesi, ma sono identificati con il termine in uso per i cittadini di una qualunque città greca. Vi sarebbe dunque un’allusione a un pubblico panellenico. Dagli Acarnesi di Aristofane, ai vv. 502–506 si apprende che alle Lenee non erano presenti ξένοι, stranieri (v. 505: κοὔπω ξένοι πάρεισιν), a differenza delle Grandi Dionisie. Inoltre, Eschine nell’orazione Contro Ctesifonte ricorda proclamazioni avvenute μάρτυρας τοὺς Ἕλληνας ποιούμενοι (41, 8), ἐναντίον ἁπάντων τῶν Ἑλλήνων (43, 7), proprio durante le Grandi Dionisie.22 In secondo luogo, la presenza di trentamila Greci, per Sider un numero molto alto di spettatori, sarebbe incongruente con l’affluenza di pubblico a una festa cittadina come le Lenee. Tuttavia, trentamila è il numero convenzionalmente usato già da Erodoto per calcolare i cittadini maschi di Atene.23 Dover nel suo commento al Simposio platonico segnala un passo delle Ecclesiazuse di Aristofane (v. 1132), dove si fa riferimento al fatto che la cittadinanza ateniese superava il numero di trentamila cittadini (πολιτῶν πλεῖον ἢ τρισμυρίων), per cui una simile cifra può essere associata anche a una festa di carattere prettamente cittadino, come le Lenee. Per quanto riguarda l’uso di Ἕλληνες anziché Ἀθηναῖοι, Dover non riscontra incongruenze tra la menzione di un pubblico di Ἕλληνες e il contesto lenaico.24 Se è vero che Aristofane fa riferimento all’assenza di stranieri alle Lenee ( Ach . 504–507), bisogna però ricordare con Olson che il commediografo sta qui segnalando l’assenza non di stranieri in generale, ma degli alleati di Atene.25 Alle Lenee infatti non erano presenti stranieri in veste ufficiale di alleati, tenuti a portare in città il tributo (Aristoph. Ach . 505), ma non si può tuttavia dedurre un’assenza assoluta di stranieri. Discusso è per esempio il ruolo dei meteci, gli stranieri residenti in città, durante le Lenee. Nell’edizione Dübner lo schol . ΘDvP ad Aristoph. Plut . 953 afferma: οὐκ ἐξῆν δὲ ξένον χορεύειν ἐν τῷ ἀστικῷ χορῷ· παρὰ τοῦτο πέπαιχεν· ἐν δὲ τῷ Ληναίῳ ἐξῆν, con oscillazioni fra Ληναίῳ, Λιναίῳ, Λημίῳ nei diversi manoscritti. Chantry, nella sua edizione agli scolî del Pluto, considera corrotto il passaggio ἐν δὲ τῷ Ληναίῳ ἐξῆν e lo modifica in ἐν δὲ τῷ βαλανείῳ ἐξῆν; per il IV sec. a.C. resta valida l’informazione che i meteci potevano ricoprire la coregia, come riporta Demostene (XX 18–20),26 e che dunque vi erano stranieri residenti in città coinvolti nella preparazione degli agoni drammatici.
Per quanto riguarda il punto 3), già Bury aveva ipotizzato che l’espressione ἀναβαίνοντος ἐπὶ τὸν ὀκρίβαντα μετὰ τῶν ὑποκριτῶν κτλ. (194b) fosse un riferimento al προαγών che si teneva prima delle Grandi Dionisie, quando poeti e attori presentavano al pubblico la trama delle opere nell’Odeon di Pericle, parlando da una piattaforma.27 Le testimonianze di questa usanza ( schol . Vat.Laur.g. ad Aeschin. III 145 Dilts; schol . VΓLhAld ad Aristoph. Vesp . 1109 Koster) non parlano di un palco detto ὀκρίβας; tuttavia, le definizioni assegnate ai termini ὀκρίβας (Hesych. ο 86 Latte s.v. ὀκρίβας; Suda ο 122s. Adler s.v. ὀκρίβας), ὀκρίβαντες ( EM 620, 55–57) rimandano a una ‘piattaforma rialzata’, dove stanno e recitano attori e coreuti. Anche lo schol. vet. ad Plat. Symp . 194b2 p. 105 Cufalo spiega il termine ὀκρίβαντα come la piattaforma sulla quale gli attori tragici si confrontavano (τὸ λογεῖον ἐφ’ οὗ οἱ τραγῳδοὶ ἠγωνίζοντο κτλ.). Bury collega l’espressione ὀκρίβαντα in Platone con la notizia dell’esistenza di un προαγών prima delle Grandi Dionisie, e propone di vedere in Symp . 194b un riferimento alla presentazione da parte dei poeti tragici delle trame delle opere che di lì a poco sarebbero andate a concorrere in teatro. La funzione dell’ ὀκρίβας non sarebbe pertanto solo quella di ospitare la recitazione degli attori, ma avrebbe avuto anche altri usi a seconda delle necessità delle cerimonie teatrali. Le conclusioni a cui Sider giunge, sulla base delle considerazioni di Bury, poggiano sulla mancanza di dati riguardanti l’esistenza di un προαγών in occasione delle Lenee; ma l’assenza di notizie al riguardo non esclude la possibilità che una simile cerimonia si svolgesse anche prima di feste che non fossero solo le Grandi Dionisie, senza che ne sia stata tramandata la notizia.
Per concludere, considerando che né l’argomentazione della lunghezza delle notti, né quella del pubblico, né quella del προαγών sono decisive per affermare una vittoria di Agatone nell’agone delle Grandi Dionisie, si può accettare la testimonianza di Ateneo, fondata probabilmente su una didascalia (vd. ad test. 1), e attribuire la prima vittoria di Agatone, non ancora trentenne, alle Lenee del 416 a.C.
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