Kurt stieg aus dem Zug aus
“Kurt scese dal treno”
dove il primo aus introduce un SP e il secondo è una particella col significato di “fuori da” (cfr. aussteigen “scendere” vs. steigen “salire”). Non ci sono invece sovrapposizioni tra la categoria di preposizione e quella di congiunzione (forse con l’unica eccezione di um e statt che possono introdurre subordinate implicite).
Dal punto di vista morfosintattico le preposizioni vengono usate insieme ai casi e codificano solo le funzioni circostanziali, mentre quelle fondamentali di soggetto e di oggetto diretto, indiretto e in parte obliquo sono appannaggio dei casi, cfr.
Der Schüler (NOM) gibt dem Lehrer (DAT) den Bleistift (ACC)
“Lo scolaro dà la matita al maestro”.
Il complemento di specificazione può essere reso sia col genitivo che con la preposizione von, che regge il dativo, come in das Haus des Lehrers/von dem Lehrer “ la casa dell’insegnante”. Per quanto riguarda infine il piano semantico, l’organizzazione dei significati, soprattutto di quelli spaziali, è caratterizzata dalla pertinenza della distinzione tra stato e direzione (p. es. in dem Haus (LOCATIVO) vs. in das Haus (DIRETTIVO) “nella casa”) e di quella tra “inclusione” ( in ) e “vicinanza” ( bei, zu “presso”) e tra presenza e assenza di contatto (p. es. auf. vs. über, ambedue col significato di “su”).
Le diverse varietà di arabo parlate in Egitto, in Palestina e in Libia5 mostrano, sempre per quanto riguarda le preposizioni, un quadro simile a quello dell’italiano. Infatti si sovrappongono in parte agli avverbi (p. es. egiz./pal. fō ʔ , lib. fōg “sopra, su”) e, in mancanza di un sistema di casi, codificano oggetti indiretti ed obliqui, oltre che, naturalmente, i circostanziali. Occorre però notare che certi verbi i cui corrispondenti italiani reggono un complemento di moto, in arabo sono transitivi, p. es. daxal “entrò”.
Inoltre, almeno in arabo egiziano, con verbi di moto spesso la preposizione è facoltativa, cfr.
La costruzione possessiva nominale ha, come in italiano, l’ordine testa-modificatore ed è indicata o dalla sola giustapposizione dei nominali o dall’inserzione, fra questi, di un cosiddetto “esponente di genitivo” che concorda in genere e in numero con la testa e che in egiz. è bitā c , in lib. imtā c , in palest. tabā c , p. es.
oppure
ma
Per quanto riguarda l’organizzazione semantica, occorre notare che la distinzione tra stato e moto è pertinente solo per fi “in, a” (locativo) e li “in, a” (direttivo), ma non, p. es. c and “presso” o c alā “su”. Degni di nota sono anche la coincidenza di dativo, benefattivo/finale e direttivo in li e l’uso di li e di c and “presso”, talvolta anche di ma c a “con”, in costruzioni che traducono il nostro verbo avere, p. es.
Infine, l’arabo non ha subordinate implicite e le preposizioni non possono accompagnare sintagmi verbali.
Il tigrino mostra un quadro notevolmente diverso6: è una lingua con ordine basico SOV e con un sistema misto di preposizioni e circumposizioni. Queste ultime si appongono non solo a SN, ma anche a intere frasi, cfr.
Le circumposizioni si usano per esprimere relazioni spaziali e temporali. Per quanto riguarda invece le relazioni sintattiche fondamentali, la preposizione nɨ è usata per il moto a luogo, il dativo e, facoltativamente, l’accusativo definito. Il genitivo è espresso dalla giustapposizione di posseduto e possessore (cioè con l’ordine testa-modificatore) o mediante la preposizione nay , però con l’ordine inverso modificatore-testa, come in
Le sommarie osservazioni testé fatte per il tedesco, l’arabo parlato e il tigrino mostrano come le preposizioni, una categoria presente in tutte e tre le lingue nonostante la diversa filiazione tipologica, non condividano analoghi valori nell’ambito del sistema morfosintattico cui appartengono. Dal punto di vista contrastivo rispetto all’italiano, in particolare, si deve rilevare:
a) la diversa sovrapposizione di preposizioni e di avverbi (o particelle preverbali a questi simili) da una parte e congiunzioni dall’altra;
b) il diverso ruolo delle preposizioni nella codificazione delle relazioni sintattiche fondamentali, a seconda della presenza o dell’assenza di un sistema di casi;
c) la diversa organizzazione interna semantica delle preposizioni, con pertinentizzazione di distinzioni più o meno fini, polisemia e sinonimia.
1.3 L’acquisizione delle preposizioni
Vediamo ora come si configura la ricostruzione delle funzioni delle preposizioni italiane nei processi di apprendimento di lingua seconda attraverso i diversi stadi di avvicinamento alla lingua di arrivo. Ovviamente, dato il quadro tipologico-contrastivo abbozzato sopra, l’apprendimento sarà caratterizzato soprattutto da fenomeni di semplificazione del sistema della lingua di arrivo sia nel senso di impoverimento dell’inventario dei suoi elementi che di una regolarizzazione nell’uso di questi1. Minimo sarà il ruolo giocato dall’interferenza a livello superficiale date le scarse possibilità di identificazioni interlinguistiche di elementi della prima e della seconda lingua2.
I primi stadi di apprendimento sono caratterizzati da SP che costituiscono espressioni fisse, come p. es. a casa, al ristorante, da solo, in giro, sul lavoro, sul Nilo. Si tratta, in parte, di espressioni quasi idiomatiche (da solo, in giro, anche a casa) che possono funzionare come unità lessicali, come mostra l’esempio seguente:
In parte si tratta invece di SP con preposizione articolata, che in queste varietà di apprendimento è indizio sicuro di sintagma non analizzato, in quanto l’articolo non si è ancora pienamente sviluppato1.
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