Giuliano Bernini - Scritti scelti
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Il secondo criterio cui ci si è ispirati nella scelta dei contributi è stato quello della rappresentatività dei registri. Infatti, oltre alla vasta produzione scientifica destinata alla comunità accademica, Giuliano sin dai primi anni della sua carriera si è dedicato con passione anche alla stesura di lavori indirizzati ad apprendenti e insegnanti di lingue, mettendo così a frutto le competenze acquisite in anni di lavoro e dando seguito a quella che oggi nel linguaggio ministeriale è chiamata “terza missione”. In tal senso spiccano particolarmente l’attenzione dedicata al tedesco come lingua straniera (ad esempio: Grammatica tedesca. I programmi di frase , CELSB 1981) e all’italiano come lingua seconda, senza però dimenticare l’interesse rivolto ai lettori della stampa generalista, come nel caso della lettera destinata al quotidiano Die Zeit riprodotta in questo volume e mai pubblicata prima d’ora. Sono, questi, dei lavori da cui emergono con forza e limpidezza la costante spinta al pubblico servizio e il convinto spirito di impegno civile di Giuliano, sempre attivo nella diffusione a tutti i livelli del sapere specialistico e nella promozione di una possibile interpretazione linguistica – e quindi non immediatamente politica – dei comportamenti individuali e sociali.
Il terzo criterio adottato nella scelta dei contributi è stato quello, solo apparentemente secondario, della loro reperibilità. Questa è la ragione che ha indotto a privilegiare la riproposizione di articoli di data meno recente ma ancora stimolanti, o pubblicati in sedi meno facilmente accessibili ma comunque meritevoli di rinnovata attenzione. Ci è parso, questo, il modo più semplice ed efficace per garantire, a chi ne fosse interessato, la possibilità di più compiutamente ricostruire il complesso del pensiero scientifico di Giuliano non solo da un punto di vista filologico, ma per recuperarne una lezione pienamente attuale.
Da ultimo, il quarto criterio, quello in cui ci si è concessi, con misura, di far prevalere il tratto della consuetudine amichevole con Giuliano: quello dell’interesse personale di chi ha curato la raccolta che qui viene proposta, ovvero colleghi, allievi, e amici che, riconoscenti per i tanti insegnamenti e le opportunità di confronto da lui ricevute, hanno inteso farsi portavoce del sentimento della comunità scientifica e dare un segno, che fosse evidente e concreto, della gratitudine e della stima per Giuliano Bernini.
Pierluigi Cuzzolin, Roberta Grassi, Lorenzo Spreafico, Ada Valentini. Università degli studi di Bergamo
1 Le preposizioni nell’italiano lingua seconda1
1.1 Introduzione
In questo contributo intendo presentare alcuni aspetti dello sviluppo dell’uso delle preposizioni nei processi di apprendimento spontaneo dell’italiano come lingua seconda. La discussione riguarderà solo il quadro generale dei percorsi di apprendimento delle preposizioni italiane, metterà cioè in luce solo i principali momenti dello sviluppo della grammatica delle preposizioni, nel tentativo di ipotizzare una sequenza di acquisizione da sottoporre a verifica e da precisare nei dettagli sulla base dell’analisi comparata di dati, soprattutto longitudinali, di altri apprendenti con lingue prime diverse1.
La discussione è fondata su dati forniti da diversi soggetti: si tratta di un’apprendente germanofona di 48 anni, che indicheremo convenzionalmente con la sigla TE2; di sei apprendenti arabofoni, che indicheremo con le sigle AE1, AE2, AE3, AE4, AP, AL3; di un giovane apprendente eritreo di lingua tigrina, che indicheremo invece con TI4. Le registrazioni da cui sono tratti i dati per tutti i soggetti presi in esame sono costituiti da conversazioni libere con l’intervistatore (lo scrivente per gli arabi e TI, Flavia Drei per TE).
1.2 Osservazioni contrastive
Prima di affrontare il nostro tema, è necessario fare alcune considerazioni, ancorché di ordine molto generale, sulle preposizioni, con particolare riguardo, ovviamente, all’italiano e al confronto fra questo e le lingue dei nostri apprendenti, cioè tedesco, arabo colloquiale, tigrino.
Anzitutto va osservato che le preposizioni hanno uno statuto intermedio tra il lessico e la grammatica1. Alcune di esse possiedono un significato concreto e sono prevalentemente monosemiche ( tra/fra e tutte le locuzioni prepositive: dopo di, fino a, da parte di, in seguito a, etc.) oppure mostrano una lieve polisemia (p. es. con , comitativo e strumentale, e su , locativo-direttivo e argomento). Altre, invece, veicolano un significato più propriamente grammaticale, concorrendo ad esprimere le funzioni sintattiche che in altre lingue (p. es. il latino) sono espresse da casi: a , p. es., serve per codificare il dativo e, almeno nel parlato comune, l’accusativo di nomi umani dislocati, come in:
A Carlo la cosa non lo (ACCUSATIVO) convince.
L’intersezione di caratteristiche lessicali e grammaticali è di nuovo ben illustrata dalla stessa preposizione a , che oltre ad avere i significati “grammaticali” di dativo e, in certi casi, di accusativo, possiede anche il significato più “concreto” di stato in luogo e direzione, come in essere/andare all’università . L’intersezione di lessico e grammatica si può inoltre notare nel caso dei complementi circostanziali con verbi come mettere : questi complementi rappresentano una funzione sintattica obbligatoria prevista dalla valenza del verbo, che viene realizzata con una gamma definita di elementi lessicali, e precisamente, nel nostro esempio, con le preposizioni dotate del tratto [locativo-direttivo], come in:
Carlo mette il libro nell’/sull’/sopra/sotto/dietro l’armadio.
Inoltre le preposizioni con un significato più spiccatamente lessicale mostrano tendenzialmente poca polisemia (un argomento che tratteremo in specifico tra poco) e possono funzionare in certi casi anche da avverbi (p. es. su, sotto, dopo, etc.). D’altro canto l’uso delle preposizioni per esprimere funzioni sintattiche ne appanna il significato fino a renderle elementi puramente relazionali, come mostra la reggenza fissa di molti verbi e aggettivi, come contare su, convincere di, credere in, entusiasmarsi per, riuscire a; deciso a, soddisfatto di, etc. Le preposizioni di questo tipo, poi, oltre ad accompagnare sintagmi nominali, possono introdurre anche subordinate implicite e vanno così a confondersi con le congiunzioni, cfr.
desideroso di successo / di vedere i bambini .
Un’altra caratteristica delle preposizioni italiane è costituita da diffusi casi di polisemia, soprattutto per quelle preposizioni che veicolano più che altro significati grammaticali, come a , che abbiamo già avuto modo di discutere poco sopra. Un altro esempio notevole, a questo riguardo, è fornito da da , come mostrano gli esempi seguenti:
Carlo viene da Roma (PROVENIENZA);
Carlo viene da Irene (DIREZIONE);
Carlo è stato battuto da Luigi (AGENTE).
Notevoli sono anche i casi di sinonimia parziale, illustrati emblematicamente da a e in, che sono interscambiabili davanti a nomi indicanti luoghi chiusi pur senza totale identità di significato (p. es. al/nel cinema, a/in casa ), mentre in altri casi il loro impiego è governato dal tipo di lessema (p. es. in montagna, in Sicilia, a Roma, a Cipro )2.
Infine non si può dimenticare la parziale allomorfia che caratterizza l’agglutinazione di di e in con l’articolo ( nel , del , etc.)3.
Vediamo ora come le tre lingue prime degli apprendenti presi in esame rispondono all’organizzazione delle caratteristiche generali delle preposizioni italiane. In tedesco, come è ampiamente noto4, abbiamo accanto alle preposizioni un paio di posposizioni e di circumposizioni (p. es. den Fluß entlang “lungo il fiume”, um Gottes willen “per l’amor di dio”). Le preposizioni possono anche funzionare da avverbi/particelle (pre)verbali, come nell’esempio seguente:
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