Xisco Bonilla - Samos

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Samos: краткое содержание, описание и аннотация

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Romanzo storico che narra le esperienze dei membri di una famiglia di pescatori greci durante la Prima Guerra Punica.
Almices Teópulos, un giovane pescatore, vive con la sua famiglia a Samo, isola del Dodecanneso greco. Il salvataggio casuale di due naufraghi, in pochi anni scatenerà la tragedia nella sua famiglia. L'anno è il 264 a.C., dopo Alessandro Magno, in Grecia, sullo sfondo Cartagine e Roma, le due superpotenze dell'epoca, che si affrontano nella Prima Guerra Punica. In un dramma appassionante i personaggi sono immersi nella guerra che li circonda, combattendo contro padroni, crisi, malattie e contrattempi del destino. Una tela che mostra la vita quotidiana del periodo preromano del Mediterraneo, dalle isole greche a Tiro, Alessandria o Cartagine. Un romanzo che combina l'evoluzione dei personaggi principali con gli eventi storici; il risultato di un'indagine approfondita che viene presentata al lettore in un'epoca tanto sconosciuta quanto affascinante: quel Mediterraneo di Cartaginesi, Romani e pirati, schiavi e liberti. Quanto potrà essere grande?

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«Sono lì?» chiese Telma in preda all’angoscia.

«Non vedo nulla, aspetta che salgo.» Almice saltò dentro. Non ricordava di aver lasciato le cime così mal posizionate. Le spinse via.

«Siete già arrivati?» Nerisa si stiracchiò tra gli sbadigli. Almice ebbe un sussulto.

«Che spavento mi hai fatto prendere!» Il giovane fece un passo indietro. «Telma, sono qui.» Sentì la sorella maggiore avanzare lungo il molo.

«Dov'è Janira?» chiese di nuovo Almice a Nerisa. «Immagino sia con te.»

«É qui.» Sollevò alcune reti rimaste nella barca, scoprendo la sua sorellina, profondamente addormentata «Avevamo sonno e, per non disturbarvi, ci siamo messe nella barca.» Almice sorrise sollevato mentre Telma saliva a bordo.

«Ci avete fatto preoccupare. Per fortuna state bene.»

«E papà?» Nerisa era inquieta, normalmente a quell'ora a casa già dormivano.

«Tesoro, papà e mamma non sono più qui.» Telma le accarezzò i capelli, cercando di mantenere la calma. «Alcuni uomini sono entrati in casa e li hanno uccisi. Dobbiamo andarcene, non possiamo tornare a casa.» In quel momento, le dispiacque essere così brusca.

«Non può essere.» Cominciò a piangere senza capire. «Voglio andare dalla mamma.» Provò a saltare fuori dalla barca per correre a casa; Almice la trattenne per un braccio.

«Vita mia, non possiamo tornare a casa, non possiamo tornare indietro. Andreas vuole uccidere anche noi.» La abbracciò con affetto.

«Almice, guarda!» esclamò Telma mentre indicava la casa, nell'oscurità si distingueva l'ingresso scarsamente illuminato, Almice osservò il movimento di una sagoma sulla soglia della porta.

«Andreas ci sta già cercando. Telma, prepara la barca.» Lasciò il braccio Nerisa e saltò sul molo. Per un momento pensò che quella potesse essere l'ultima volta che lo calpestava.

«Che cosa hai intenzione di fare, Almice? Andreas arriverà presto.» Il giovane non disse nulla, si diresse deciso verso la barca di Andreas con un coltello in mano e iniziò a fare a brandelli le vele del suo vicino.

«Corri, Almice! Viene da questa parte.» Il ragazzo si girò verso la casa e osservò che la sagoma si ingrandiva sempre di più, il suo vicino li aveva già visti. Le vele erano già strappate, gettò i remi in acqua e saltò di nuovo sul molo.

«Telma, veloce, molla gli ormeggi!» gridò Almice mentre tagliava gli ormeggi del suo vicino e spingeva la barca verso il mare. Si voltò verso la casa e vide come Andreas fosse molto vicino al molo. Telma aveva già la barca libera dalle funi e il giovane la spinse in mare, saltandoci dentro.

«Voi, aspettate!» Andreas stava già gridando vicino al molo. Telma e Almice avevano preso i remi e ognuno su un lato remavano con tutta la forza di cui erano capaci. La barca di Andreas, libera, con gli ormeggi rotti e spinta dal vento, si stava allontanando.

«Aspettate, maledetti!» Andreas, che in pochi secondi aveva raggiunto la fine del molo, vide la barca di Almice ormai fuori portata. Si voltò per salire sulla sua imbarcazione e imprecò di nuovo quando la individuò ad una decina di bracciate di distanza, che si allontanava lentamente verso il mare aperto. Non ci pensò due volte, saltò in mare per recuperare la barca.

«Almice, Andreas si è gettato in acqua, vuole recuperare la barca per inseguirci.» Nerisa guardava con timore verso la costa per tenere d'occhio le manovre del vicino.

«Non preoccuparti, l'ho lasciata senza vele. Nerisa, prendi il mio remo e continua a remare con Telma.» Le passò il remo e senza perdere tempo iniziò a issare la vela. L'aveva fatto molte volte, in competizione con altri figli di pescatori. I movimenti automatici resero l’imbarcazione pronta in poco tempo. Le sue sorelle continuavano a remare.

«Andreas è già nella sua barca!» esclamò terrorizzata Nerisa, che non smetteva di guardare lateralmente per vedere se il vicino si stava avvicinando. L'uomo era appena salito a bordo della sua imbarcazione e aveva iniziato a dispiegare le vele. Il vento iniziava a soffiare di nuovo e il mare si agitava con più forza. Le nuvole avevano liberato un ampio spazio attorno alla luna e la sua scarsa luce illuminava la scena. Almice si voltò in tempo per vedere il vicino che alzava le mani verso di loro, probabilmente maledicendo la distruzione che il ragazzo aveva praticato sulle sue vele. Il vento non permise loro di udire la serie di imprecazioni.

«Telma, Nerisa, potete smettere di remare, ora il vento ci spingerà e Andreas non può più raggiungerci.»

«Non so se sia stata una buona idea, Almice, il vento sta rinforzando e le onde aumentano. Temo per noi.» Telma guardava il mare agitato con preoccupazione.

«Fidati di me, conosco gli scogli di questa zona e possiamo navigare senza problemi; faremo rotta verso sud lungo il canale per allontanarci dalla costa e poi ad est, verso Kos. Quindi vedremo come nostro zio ci riceve; nel frattempo, saremo al sicuro da Andreas e da quei romani. Ora provate a dormire un po'.» Nerisa era spaventata per quanto accaduto, così come i suoi fratelli. Prese una delle coperte e si rannicchiò per ripararsi dal vento vicino a Janira, che dormiva ancora profondamente senza accorgersi di nulla. Telma si rannicchiò con un'altra coperta, un po' più lontano dalle sue sorelle, vicino alla prua. Almice, accanto al timone da buon timoniere, guidava la barca, salvandola dalle trappole rocciose che si nascondevano sotto le onde in quella zona dell'isola.

Passavano le ore e il vento soffiava. Le onde acquistavano forza, ma senza minacciare la barca. Nerisa si aggrappava a Janira con forza. Era preoccupata che qualche movimento improvviso della barca potesse farla cadere in mare. Non riusciva a dormire. Non riusciva a smettere di pensare ai genitori. Non capiva cosa le avevano detto i suoi fratelli maggiori. Che senso aveva non poter più vedere i loro genitori? Perché erano stati uccisi? Perché stavano scappando? Troppe domande per una bambina di nove anni. Quanto le sarebbe piaciuto dire a suo padre che voleva diventare una pescatrice come lui. Non aveva mai osato dirglielo perché non c'erano ragazze né donne pescatrici nel villaggio, era un lavoro da uomini. Ricordò come si sentisse invidiosa del fratello quando suo padre gli aveva detto che doveva andare a pescare con lui ogni giorno. Sua madre non l'aveva mai capita; una volta le disse che non voleva aiutarla perché quello che voleva fare era andare in mare con Almice e il padre. Lei la mise in castigo per due giorni vietandole di uscire di casa. Cosa le sarebbe accaduto adesso? Continuò a pensare malinconica ai suoi genitori mentre le lacrime le solcavano le guance con la stessa cadenza con cui le onde colpivano lo scafo della barca.

Telma rimase raggomitolata a prua, con un po' di mal di mare. Non poteva dare credito alla sventura che si era abbattuta su di loro. Incolpava l'oste per aver accolto i romani, incolpava anche il naufrago per essere stato trascinato dal mare sulla loro spiaggia. Pensò che non avrebbe mai più rivisto il suo amato Telemaco, ma fu sorpresa da quanto poco le importasse. Le loro intenzioni matrimoniali erano state cancellate con la stessa rapidità con cui erano accaduti gli ultimi eventi. Discuteva costantemente con sua madre, ma le mancava così tanto. Le mattine passate a preparare metodicamente le vecchie ricette memorizzate da sua madre negli anni. I rimproveri quando Telma improvvisava e cambiava qualche ingrediente. Non capì mai la ragione di quell'odio che a volte la madre sembrava avere nei confronti di tutti, anche se sapeva benissimo che la sua infanzia non era stata facile. Ora si sentiva sola di fronte alle avversità, come una volta in cui era caduta tra gli scogli sulla spiaggia e la marea si era alzata. Aveva insistito che i suoi fratelli si allontanassero e non si preoccupassero per lei, ma Almice era andato in cerca dei genitori, che alla fine l’avevano salvata dalla marea. Chi li avrebbe sostenuti ora? Come si sarebbe presa cura dei suoi fratelli? A volte cominciava a capire i sentimenti che sua madre nutriva per il resto del mondo. Le persone non erano buone, sembrava che aspettassero qualsiasi opportunità per nuocere alla persona che avevano accanto, per approfittare delle sventure degli altri per prosperare egoisticamente. Si sentì un'entità estranea da ciò che la circondava, un essere fragile, circondato da pericoli in agguato ovunque.

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