Xisco Bonilla - Samos

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Samos: краткое содержание, описание и аннотация

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Romanzo storico che narra le esperienze dei membri di una famiglia di pescatori greci durante la Prima Guerra Punica.
Almices Teópulos, un giovane pescatore, vive con la sua famiglia a Samo, isola del Dodecanneso greco. Il salvataggio casuale di due naufraghi, in pochi anni scatenerà la tragedia nella sua famiglia. L'anno è il 264 a.C., dopo Alessandro Magno, in Grecia, sullo sfondo Cartagine e Roma, le due superpotenze dell'epoca, che si affrontano nella Prima Guerra Punica. In un dramma appassionante i personaggi sono immersi nella guerra che li circonda, combattendo contro padroni, crisi, malattie e contrattempi del destino. Una tela che mostra la vita quotidiana del periodo preromano del Mediterraneo, dalle isole greche a Tiro, Alessandria o Cartagine. Un romanzo che combina l'evoluzione dei personaggi principali con gli eventi storici; il risultato di un'indagine approfondita che viene presentata al lettore in un'epoca tanto sconosciuta quanto affascinante: quel Mediterraneo di Cartaginesi, Romani e pirati, schiavi e liberti. Quanto potrà essere grande?

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Il loro vicino viveva a breve distanza, circa cinquanta o sessanta passi. Abitava vicino alla casa dei Teópulos, e sebbene la vicinanza tra loro fosse visibile dalla spiaggia, da una casa non si vedeva l'altra, un piccolo e folto gruppo di alberi e arbusti in mezzo le manteneva in un relativo isolamento.

Stava già arrivando dal vicino quando all'improvviso si ricordò dei tre uomini che erano passati pochi istanti prima attraverso la pineta e istintivamente diventò furtivo, avanzò fino al bordo degli alberi cercando di controllare il suo respiro alterato e si turbò ancora di più quando vide il vicino parlare con uno di quegli uomini davanti alla porta. Non sapeva cosa fare, doveva avvertire Andreas di ciò che avevano fatto ai suoi genitori, avvertirlo del pericolo in cui si trovava se fosse rimasto con quegli assassini; ma la paura gli impedì di avvisarlo paralizzandogli la gola. Restò accovacciato tra i rami bassi degli alberi. Andreas sembrava felice e l'altro uomo estrasse una borsa dalla sua tunica e la porse al pescatore, che la soppesò in mano producendo un leggero tintinnio. Sicuramente era piena di monete, pensò Almice serrando i denti. Com'era stato sciocco, all'improvviso gli si tolse il velo dagli occhi, Andreas era complice di quegli uomini. Sicuramente voleva tenere per sé la casa di suo padre e, quando li aveva visti sulla spiaggia la mattina, doveva aver avvisato in qualche modo i romani che stavano inseguendo il naufrago, perché dovevano essere romani gli alleati dei Mamertini come raccontato loro dai cartaginesi, ne era sicuro. Provò rabbia e paura. Doveva avvisare immediatamente le sue sorelle. Cominciò a retrocedere lentamente, senza fare rumore in quella che sembrava un'eternità, timoroso di essere scoperto. Appena poté, si alzò e tornò verso casa. Passò a distanza, la porta era ancora aperta, non voleva guardare. Si mise a correre con tutte le sue forze verso la grotta.

«Era ora, dove ti eri cacciato?» Telma, rimasta all'ingresso della grotta, aveva visto suo fratello avvicinarsi nella penombra. Aveva già perso la pazienza con le sue sorelle ed era ansiosa di andarsene. «Ti stiamo aspettando da un sacco di tempo.»

«Non sapevo cosa fare.» Almice parlava con voce rotta. Le lacrime che gli scorrevano sulle guance misero in allarme Telma.

«Perché piangi? Che cosa è successo?» insistette Telma, perdendo la calma.

«Sono morti.» Furono le uniche parole quasi impercettibili che uscirono dalla gola di Almice prima di scoppiare in lacrime. Sua sorella, riacquistata la sua compostezza, lo abbracciò con amore, cercando di calmarlo e fargli spiegare chi intendesse.

«Siediti, Almice, e dimmi con calma cosa è successo.» Stava cercando di rassicurarlo. Le due sorelline, che avevano smesso di giocare per l'arrivo del loro fratello, si avvicinarono per scoprire cosa fosse successo.

«Mentre stavo tornando a casa, ho visto uscire degli uomini» Almice cominciò a parlare balbettando. «Avevo già sentito un grido e non gli avevo dato alcuna importanza, ma mentre mi avvicinavo ho visto alcuni uomini trascinare uno dei naufraghi.» Tirò su il moccio con il naso. «Ho aspettato un momento che si allontanassero, e quando sono entrato ho trovato nostra madre e nostro padre, li hanno uccisi.» Abbracciò forte la sorella cercando di reprimere i singhiozzi.

«Che sciocchezze dici, fratello?» Telma rimaneva incredula, senza reagire a ciò che udivano le sue orecchie. «Smettila di scherzare, che oggi ho esaurito la pazienza con le tue sorelle» lo rimproverò con una voce alterata mentre lo spingeva via per poterlo guardare in faccia.

«Devi credermi, Telma» le rispose Almice guardandola negli occhi. «È vero, nostra madre ha un coltello piantato dietro la testa e nostro padre non respira e ha anche ferite in tutto il corpo. C'è anche l'altro naufrago, morto.» Chiuse gli occhi per un momento, cercando di calmarsi e riordinare le idee. «Non sapevo cosa fare e sono corso a cercare Andreas. Mentre mi avvicinavo, l'ho trovato che usciva da casa sua, per parlare con uno di quegli uomini» mentre Almice parlava, gli occhi di Telma erano pieni di riflessi acquosi per la crescente angoscia. «Andreas e l'altro parlavano come se fossero buoni amici, poi l'uomo ha tirato fuori una piccola borsa che sembrava piena di denaro e l’ha passata ad Andreas. Ero molto spaventato, quindi sono scappato senza essere visto.»

«Dai, andiamo a casa e basta sciocchezze. Almice, non mi piace che tu faccia questi scherzi di cattivo gusto» lo rimproverò Telma senza voler dare credito alle parole del fratello. Le piccole, che ascoltavano attonite senza capire, iniziarono a piangere.

Il tempo stava peggiorando, il vento cominciava a soffiare insistente spingendo le onde contro la costa. I quattro lasciarono la grotta stretti insieme per proteggersi dal crescente freddo notturno. Cominciarono a camminare lentamente verso casa, in silenzio, Janira non capiva cosa stesse succedendo; aveva visto i suoi fratelli discutere e aveva notato che stava accadendo qualcosa di strano. Restava in silenzio, raccolta in sé stessa come se lei fosse responsabile della situazione. Nerisa piangeva. Telma cercava di confortarla spiegandole che Almice aveva avuto un incubo e che ciò che aveva detto loro nella grotta era falso, sebbene il suo tono non fosse convincente. Almice, silenzioso, non riusciva a trattenere le lacrime che non smettevano di solcare il suo viso.

Dopo un po', arrivarono al molo. Almice fermò Telma prendendole delicatamente il braccio.

«Sarebbe meglio che le piccole aspettassero qui, Telma. Non è bene che entrino in casa.

«Piantala! Almice, sicuramente l'hai immaginato; i nostri genitori stanno bene, non c'è nulla di cui preoccuparsi» rispose Telma con i nervi a fior di pelle.

«Telma, per favore, che non entrino.» Gli occhi supplicanti di Almice alla fine convinsero sua sorella, che già credeva che ci fosse qualcosa di vero in ciò che suo fratello le aveva raccontato. La sorella maggiore si rivolse alle più piccole, non sapendo esattamente cosa dirgli.

«Nerisa, voglio che tu stia qui vicino al molo con Janira, devi smettere di piangere e prenderti cura di lei mentre Almice ed io andiamo a vedere cosa è successo. Sarai in grado di badare a Janira?» La bambina annuì, passandosi il braccio sul naso. Prese la piccola e si sedettero insieme sulla spiaggia. Il vento continuava a soffiare e obbligava a socchiudere gli occhi in modo che la sabbia non li irritasse.

«Janira» Telma si rivolse ora alla bambina, «voglio che tu stia qui con Nerisa per raccogliere altre conchiglie mentre Almice ed io andiamo a casa a cercare nostra madre, okay?» La bambina sorrise e annuì, si sporse verso la sabbia e cominciò a cercare delle conchiglie sotto l'oscurità crescente.

Telma e Almice continuarono a camminare verso la loro casa, lui la prese con forza per mano, notando come tremava. Mentre si avvicinavano, il loro passo rallentava, temendo che qualcuno potesse improvvisamente emergere dall'ombra degli alberi. Arrivarono a pochi passi dall'ingresso. Non osservarono alcun movimento intorno. Era tutto tranquillo; troppo tranquillo, pensò Telma. La porta era ancora aperta, come l'aveva lasciata Almice.

Si fermarono all'ingresso, timorosi di guardare all'interno. Incrociarono gli sguardi e Telma si rese conto che suo fratello le aveva detto la verità. Un sudore freddo cominciò a impossessarsi di lei e sentì il cuore battere forte. Si strinsero le mani con più forza ed entrarono. L'odore amaro del sangue impregnò i loro sensi. Gli occhi di Telma incontrarono il corpo disteso del Cartaginese, proprio come le aveva anticipato Almice. Il suo sangue inzuppava parte del terreno emanando un odore pungente. A diversi passi di distanza, il loro padre. Telma si accovacciò accanto a lui, gli occhi pieni di lacrime, incapace di esprimere una parola; gli sollevò leggermente la testa e lo baciò dolcemente e lentamente sulla fronte. Il contatto delle sue labbra con quel corpo tiepido e inerte le produsse un vortice di emozioni che la fece quasi svenire. Almice posò una mano sulla spalla della sorella, più per confortare sé stesso che per consolarla. Trascorsero alcuni momenti, che sembrarono loro un'immensità piena di sentimenti ed emozioni. Con tutto l'amore di cui era capace, Telma posò il corpo del padre di nuovo sul pavimento. Si rese conto di avere le mani intrise di sangue. Si rialzò con un po' di vertigini, per avvicinarsi alla madre. Almice l'aiutò ad aggirare il corpo del loro padre e ad arrivare al tavolo. Sembrava chiaro che la morte della loro madre fosse stata di sorpresa, da dietro, come una cupa conferma della sfiducia che aveva sempre mostrato per il resto della razza umana; il suo corpo statico e pesante, disteso a faccia in giù sul tavolo, presentava un coltello logoro conficcato alla base del cranio. Sul pavimento, accanto a lei, diversi utensili da cucina, come se gli assassini fossero improvvisamente comparsi in casa mentre lei stava preparando la cena per la sua famiglia. Le panche dei tavoli, rotte sul pavimento, indicavano che c'era stata una specie di lotta, che tutto non era stato così veloce. Telma pensò che senza dubbio il loro padre e il Cartaginese si fossero difesi con tutte le loro forze. Hermes aveva numerosi tagli sulle braccia e sul busto. Sicuramente era stata una lotta impari.

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