Cardenio e il curato stavano a smicciare di mezzo a certi cespugli e non sapevano come fare per unirsi con gli altri; ma il curato, che era ricchissimo in trovate ingegnose, architettò subito quel che avrebbero fatto per riuscire nel loro desiderio e fu di tagliare con certi forbici che aveva in certo astuccio, con grande sveltezza la barba a Cardenio; poi gli mise indosso un giubboncino bigio che portava lui e gli dette un ferraiuolo nero, restando egli in brache e in farsetto, mentre Cardenio divenne tanto diverso da quello che prima appariva che egli stesso non si sarebbe riconosciuto ancorché si fosse guardato in uno specchio. Fatto questo, siccome gli altri erano già passati avanti nel tempo che essi si erano travestiti, fu loro facile uscire sulla strada maestra prima degli altri, perché gli sterpeti e i passi difficili di quei posti non permettevano che quelli a cavallo camminassero tanto quanto quelli a piedi. Si fermarono quindi nella pianura costoro, allo sbocco della montagna, e appena ne venne fuori don Chisciotte con i suoi compagni, il curato si mise a osservarlo con grande attenzione, facendo vedere che lo andava ravvisando, finché, dopo essere stato buon tratto a guardarlo, gli si fece presso con le braccia aperte ed esclamando:
— Ben trovato lo specchio della cavalleria, il mio buon compatriotta don Chisciotte della Mancia, il fior fiore della signoria, la protezione e il riparo dei bisognosi, la quintessenza dei cavalieri erranti!
E così dicendo teneva abbracciato al ginocchio della gamba sinistra don Chisciotte, il quale, stupito di ciò che vedeva fare e udiva dire da quell'uomo, si dette a fissarlo bene finché lo riconobbe: rimase come trasecolato a vederlo e fece grande sforzo per smontare, ma il curato non lo consentì. Per il che don Chisciotte diceva:
— Mi lasci, signor Licenziato, ché non è giusto ch'io stia a cavallo e una persona tanto reverenda come lei sia a piedi.
— Questo non permetterò io in nessun modo — disse il curato: — si stia vostra grandezza a cavallo, poiché da cavallo compie le maggiori imprese e avventure che nell'età nostra si siano vedute; a me, quantunque indegno sacerdote, mi basterà montare in groppa d'una delle mule di questi signori che vanno con vossignoria, se loro non è di fastidio; e anzi farò conto di cavalcare il cavallo Pegaso o la zebra o il destriero del moro Muzaraque il quale ancora giace incantato sul gran colle di Zulema che dista poco dalla gran Compluto205.
— Non mi era venuto ancora in mente, signor Licenziato mio — rispose don Chisciotte, — ma di certo la Principessa mia signora si compiacerà, per amor mio, di ordinare al suo scudiero che dia a vossignoria la sella della mula sua, ché egli potrà accomodarsi sulla groppa, se pure la mula lascerà fare.
— Sì che lascia fare, credo io — rispose la principessa; — e so pure che al mio signor scudiero, non occorrerà comandarglielo perché egli è tanto cortese e tanto ossequiente da non consentire che un ecclesiastico vada a piedi mentre può andare a cavallo.
— Così è — rispose il barbiere.
E smontando all'istante, offrì la sella al curato che la prese senza farsi pregar molto. Il guaio fu che al salire il barbiere sulla groppa, la mula, la quale, in realtà, era d'affitto (e basta questo per dire che non valeva) alzò alquanto i quarti posteriori e sferrò due calci all'aria che se mastro Nicola li avesse avuti nel petto o nella testa, credo che avrebbe mandato al diavolo la spedizione alla ricerca di don Chisciotte. N'ebbe però tale sussulto che cadde a terra, badando così poco alla barba che gli cadde giù; e come se ne trovò senza, non poté far altro se non, lesto lesto, coprirsi il viso con tutte e due le mani e lamentarsi che lo avevano sganasciato. Don Chisciotte, al vedere tutta quella matassa di barba staccata, senza mascella, senza goccia di sangue, dal viso dello scudiero caduto, disse:
— Vivaddio, che gran miracolo è questo! La barba, buttata giù e divelta dal viso come se gliela avessero rasa a bella posta!
Il curato che capì il pericolo che il suo strattagemma correva, di essere scoperto, subito accorse a raccattare la barba e, con essa in mano, se n'andò là dove giaceva stramazzato mastro Nicola che ancora gemeva e, d'un colpo, accostandoglisi con la testa al petto, gliela rimise, brontolando su di lui certe parole che disse essere certo incantesimo speciale per appiccicare barbe, come si sarebbe veduto. Quando poi gliel'ebbe rimessa, si tolse di lì, e lo scudiero rimase così ben barbuto e intatto come prima: del che si maravigliò oltremodo don Chisciotte e pregò il curato che, a suo comodo, gl'insegnasse quell'incantesimo, poiché egli capiva bene che la sua virtù doveva estendersi a più altro che ad appiccicar barbe, essendo evidente che nel posto di dove la barba venga strappata, ci dovrebbe rimanere la carne piagata e lacera: or dal momento che guariva tutto, sarebbe stato buono ben più che per la barba.
— Così è — disse il curato, e promise d'insegnarglielo alla prima occasione.
Furono d'accordo che per allora montasse su il curato e che poi tutti e tre si dessero il cambio ogni tanto; finché giungessero all'osteria la quale poteva distare di lì due leghe. Messisi a cavallo i tre, cioè don Chisciotte, la principessa e il curato e andando a piedi gli altri tre, Cardenio, il barbiere e Sancio Panza, don Chisciotte disse alla giovane:
— Vostra grandezza, signora mia, faccia strada per dove meglio le aggradi.
E prima che ella rispondesse, disse il Licenziato:
— Verso qual regno vuole fare strada vossignoria? Per avventura, verso quello di Micomicone? Dev'essere così o io m'intendo poco di regni.
Ella, che era ben presente a se stessa, capì di dovere rispondere di sì e quindi disse:
— Sì signore: verso questo regno sono diretta.
— Se così è — disse il curato — dobbiamo attraversare il mio villaggio: di là vossignoria prenderà la volta di Cartagena, dove si potrà imbarcare in buon'ora; che se c'è vento favorevole, mare calmo e rispianato, in qualcosa meno di nove anni potrà essere in vista della gran laguna Meona, intendo dire, Meotide, che è poco più di cento giornate di qua dal regno di vostra grandezza.
— Vossignoria è in inganno, signor mio — diss'ella; perché non son due anni che io ne partii, e sebbene per verità non abbia avuto mai tempo buono, nondimeno son arrivata a vedere quel che tanto desideravo di vedere, cioè, il signor don Chisciotte della Mancia, la fama del quale giunse alle mie orecchie appena ebbi messo piede in Ispagna e mi mosse a cercar di lui per raccomandarmi alla sua cortesia e affidare al valore del suo braccio invincibile quel che mi appartiene di diritto.
— Non più: basta con le mie lodi — disse a questo punto don Chisciotte, — perché io odio ogni genere di adulazione; e per quanto questa non sia adulazione, pur offendono le mie caste orecchie simili discorsi. Dico soltanto, signora mia, sia o non sia ora valore in me, quello che potrò avere o non avere s'ha da dedicare al servigio vostro fino alla morte; quindi, rimettendo tutto ciò a suo tempo, prego il signor Licenziato di dirmi qual è il motivo che lo ha condotto da queste parti così solo, senza alcun seguito di servi, così vestito alla leggera da farmi stupire.
— A ciò risponderò io brevemente — soggiunse il curato; — perché vossignoria deve sapere, signor don Chisciotte, che io e mastro Nicola, nostro amico e nostro barbiere, andavamo a Siviglia a riscuotere certo denaro che un mio parente, il quale da molti anni è andato alle Indie, mi aveva mandato, né tanto piccola somma che non oltrepassasse sessantamila pezze da otto reali, di buona lega saggiata, che son ben qualcosa. Or passando ieri per questi luoghi, fummo assaliti da quattro briganti che ci tolsero via perfino le barbe e tanto ce le tolsero via che il barbiere dovette mettersela posticcia; inoltre questo giovanotto qui — e indicò Cardenio — lo conciarono ben bene per le feste. Il meglio poi si è che per questi dintorni si dice da tutti che quelli che ci assalirono fan parte di certi galeotti a cui si racconta che dette la libertà, quasi in questo medesimo posto, un uomo così valoroso che, nonostante il commissario e le guardie, li liberò tutti. Ma, senza dubbio, egli doveva essere un mentecatto o dev'essere altrettanto gran ribaldo quanto essi, o qualcuno senza cuore e senza coscienza poiché intese di lasciar andare il lupo fra le pecore, la volpe fra le galline, la mosca fra il miele: intese defraudare la giustizia, andare contro il suo re e signore legittimo, essendosi opposto ai suoi giusti ordini; intese, voglio dire, impedire alle galere di poter camminare, metter sottosopra la Santa Fratellanza che erano anni e anni che stava tranquilla; intese, insomma, commettere un fatto per il quale può perdersi l'anima sua senza alcun vantaggio del corpo.
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