Jules Verne - L’Isola Misteriosa

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L’Isola Misteriosa: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo straordinario romanzo presenta non poche analogie con Robinson Crusoe, dello scrittore inglese Defoe, di cui Verne era un grande ammiratore. Anche qui, la situazione è press’a poco la stessa: alcuni naufraghi approdano fortunosamente su un’isola deserta e lottano disperatamente per sopravvivere. Ma se Robinson, di fronte alla natura selvaggia, incarnava l’uomo del ‘700, che si industria come può, ricorrendo ai piccoli espedienti suggeritigli dalla ragione, senza altri strumenti che le proprie mani, i cinque naufraghi protagonisti di questo libro incarnano la nuova idea dell’uomo «scientifico» qual era concepito nella seconda metà dell’800, l’uomo che domina ormai la natura in virtù di una tecnologia progredita che gli permette di trasformare rapidamente un’isola selvaggia in una colonia civile. Non a caso Robinson è un uomo comune, un marinaio, ed è solo, a lottare contro le forze cieche della natura, mentre qui siamo dì fronte a una vera e propria équipe, composta da persone di estrazione e di competenze diverse, ma guidata da un ingegnere e scienziato, Cyrus Smith…

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A bordo del brigantino non si dormiva. Tutt’altro. Si discuteva, si cantava, si rideva. Ed ecco le parole, accompagnate da bestemmie, che maggiormente colpirono Ayrton:

«Che buon acquisto il nostro brigantino!»

«Fila bene, lo Speedy! (Nota: Parola inglese che significa veloce. Fine nota) Merita il suo nome!»

«Tutta la marina di Norfolk può mettersi al suo inseguimento, senza poterlo raggiungere.»

«Evviva il suo comandante!»

«Evviva Bob Harvey!»

Sarà facile comprendere quello che Ayrton provasse udendo questo frammento di conversazione, quando si saprà che in Bob Harvey aveva riconosciuto uno dei suoi vecchi compagni d’Australia, un marinaio audace, che aveva proseguito i suoi criminosi disegni. Bob Harvey s’era impadronito, nei paraggi dell’isola di Norfolk, di quel brigantino, carico d’armi, di munizioni, di utensili d’ogni sorta, destinati a una delle isole Sandwich. Tutta la sua banda era salita a bordo e, pirati dopo essere stati deportati, quei miserabili scorrevano ora l’Oceano Pacifico, distruggendo le navi, massacrando gli equipaggi, depredando, più feroci degli stessi malesi!

I deportati parlavano ad alta voce, raccontavano le loro nefande prodezze, bevevano esageratamente. Ed ecco quello che Ayrton poté comprendere dai loro discorsi:

L’equipaggio dello Speedy si componeva ora unicamente di prigionieri inglesi, evasi da Norfolk.

Ed ecco che cos’è Norfolk.

A 29° 2’ di latitudine sud e 165° 42’ di longitudine est, ad est dell’Australia, si trova una piccola isola di sei leghe di circonferenza; è dominata dal monte Pitt, da un’altezza di millecinquecento piedi sul livello del mare. È l’isola di Norfolk, divenuta sede di uno stabilimento di pena, ove sono rinchiusi i più pericolosi condannati dei penitenziari inglesi. Ve ne sono cinquecento, sottoposti a una disciplina di ferro, colpiti da pene terribili, custoditi da centocinquanta soldati e centocinquanta guardie agli ordini d’un governatore. Sarebbe difficile immaginare una peggior genia di scellerati. Qualche volta, benché accada raramente, nonostante la ferrea sorveglianza di cui sono oggetto, parecchi riescono a fuggire, impadronendosi di navi, che sorprendono; con queste poi si danno alla pirateria negli arcipelaghi polinesiani.

Così avevano fatto Bob Harvey e i suoi compagni. Così un giorno aveva voluto fare anche Ayrton. Bob Harvey s’era impadronito del brigantino Speedy, ancorato in vista dell’isola di Norfolk; l’equipaggio era stato massacrato e da un anno la nave, divenuta bastimento di pirati, batteva i mari del Pacifico, al comando di Harvey, un tempo capitano di lungo corso, ora predone del mare. E Ayrton lo conosceva bene!

I pirati erano per la maggior parte riuniti sul casseretto, a poppa della nave, ma alcuni, stesi in coperta, parlavano fra loro ad alta voce.

Mentre la conversazione continuava sempre in mezzo alle grida e alle libagioni, Ayrton apprese che soltanto il caso aveva condotto lo Speedy in vista dell’isola di Lincoln. Bob Harvey non vi aveva mai messo piede, ma — come Cyrus Smith aveva presagito — trovando sulla sua rotta quella terra sconosciuta, di cui nessuna carta indicava l’ubicazione, aveva pensato di visitarla e, all’occorrenza, se essa gli conveniva, di farne il porto di armamento del brigantino..

Quanto alla bandiera nera inalberata sull’antenna dello Speedy e al colpo di cannone ch’era stato sparato, come fanno le navi da guerra nel momento in cui ammainano la bandiera, era una pura spavalderia da pirati. Non era punto un segnale e nessuna comunicazione esisteva ancora tra gli evasi da Norfolk e l’isola di Lincoln.

La proprietà dei coloni era, dunque, minacciata da un enorme pericolo! Evidentemente, l’isola, con la sua abbondante riserva d’acqua dolce, il suo piccolo porto, le sue ricchezze naturali d’ogni sorta, così ben valorizzate dai coloni, le profondità celate di GraniteHouse, non poteva non convenire ai deportati. Nelle loro mani, essa sarebbe divenuta un eccellente luogo di rifugio e, per il fatto stesso ch’era sconosciuta, avrebbe assicurato loro, per lungo tempo forse, l’impunità e la sicurezza. Era pure evidente che la vita dei coloni non sarebbe stata rispettata e che il primo proposito di Bob Harvey e dei suoi complici sarebbe stato di massacrarli senza misericordia. Cyrus Smith e i suoi non avevano, dunque, nemmeno la speranza di fuggire, di nascondersi nell’interno dell’isola, perché i deportati si proponevano di stabilirvi la loro residenza e perché, anche nel caso che lo Speedy fosse partito per una spedizione, probabilmente alcuni uomini dell’equipaggio sarebbero pur sempre rimasti a terra, per colonizzarla. Dunque, bisognava combattere, bisognava distruggere fino all’ultimo quei miserabili, indegni di pietà e contro i quali ogni mezzo sarebbe stato buono.

Questo pensò Ayrton, e sapeva bene che Cyrus Smith avrebbe condiviso il suo modo di vedere.

Ma, la resistenza e, alla fine, la vittoria, erano possibili? Ciò dipendeva dall’armamento del brigantino e dal numero d’uomini ch’erano a bordo.

Ayrton volle saperlo a ogni costo e siccome, un’ora dopo il suo arrivo, le vociferazioni s’erano calmate un poco e buona parte dei deportati erano immersi nel sonno dell’ubriachezza, egli non esitò ad avventurarsi sul ponte dello Speedy, che le lanterne spente lasciavano allora in una profonda oscurità.

Si issò, dunque, sul tagliamare e per il bompresso arrivò al castello di prua del brigantino. Insinuandosi allora fra i pirati distesi qua e là, fece il giro del bastimento e constatò che lo Speedy era armato di quattro cannoni, che dovevano lanciare proiettili da otto a dieci libbre. S’avvide anche, toccandoli, che detti cannoni erano a retrocarica. Erano dunque pezzi moderni, di facile uso e di terribile effetto.

Gli uomini sdraiati sul ponte dovevano essere circa una decina, ma era presumibile che altri, e più numerosi, dormissero nell’interno del brigantino. E d’altronde, ascoltandoli, Ayrton aveva creduto comprendere che erano una cinquantina a bordo. Erano molti, per i sei coloni dell’isola di Lincoln! Ma intanto, grazie alla devozione di Ayrton, Cyrus Smith non sarebbe stato sorpreso, e conoscendo la forza dei suoi avversari, avrebbe preso le disposizioni del caso.

Ad Ayrton non restava, dunque, che ritornare per render conto ai compagni della sua missione; si preparò quindi a raggiungere nuovamente la prua del brigantino, allo scopo di scivolare poi fino in mare.

Ma, a quest’uomo che voleva — come aveva detto «fare più del suo dovere, venne allora un’idea eroica. Equivaleva a sacrificare la sua vita, ma avrebbe salvato l’isola e i coloni. Cyrus Smith non avrebbe potuto, evidentemente, resistere a cinquanta banditi, armati di tutto punto, che, sia penetrando a viva forza in GraniteHouse, sia affamandovi gli assediati, ne avrebbero avuto ragione. E allora egli si raffigurò i suoi salvatori, coloro che avevano rifatto di lui un uomo e un onest’uomo, coloro ai quali doveva tutto, uccisi senza pietà, i loro lavori annientati, la loro isola mutata in un covo di pirati! Si disse che, insomma, era lui, Ayrton, la causa prima di tanti disastri, poiché il suo antico compagno, Bob Harvey, non aveva fatto che mettere in esecuzione i suoi stessi disegni, e un sentimento d’orrore s’impadronì di tutto il suo essere. Allora fu preso dall’irresistibile desiderio di far saltare il brigantino con tutti coloro che portava. Ayrton sarebbe perito nell’esplosione, ma avrebbe fatto il suo dovere.»

Ayrton non esitò. Raggiungere la cala delle polveri, che si trova sempre a poppa di un bastimento, era facile. La polvere non doveva mancare su una simile nave, e sarebbe bastata una scintilla per annientarla in un istante.

Ayrton si calò cautamente in batteria, sparsa di numerosi dormienti, che

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