l’ubriachezza, più che il sonno, teneva assopiti. Una lanterna era accesa, al piede dell’albero maestro circondato da una cavigliera carica d’armi da fuoco di tutte le specie.
Ayrton staccò dalla cavigliera una rivoltella e s’assicurò che fosse carica. Non gli occorreva di più per compiere l’opera di distruzione. S’inoltrò prudentemente verso poppa, in modo da arrivare sotto il casseretto del brigantino, ove doveva essere la cala delle polveri.
Malgrado la massima attenzione, era difficile strisciare su quel ponte quasi oscuro, senza urtare qualche pirata non abbastanza addormentato. Di qui, bestemmie e urli. Ayrton fu, più d’una volta, costretto a fermarsi. Ma, alla fine, arrivò alla paratia che chiudeva il compartimento di poppa e trovò la porta, che doveva aprirsi direttamente sulla cala.
Ayrton, costretto a doverla forzare, si mise all’opera. Era difficile riuscire in questa faccenda senza far rumore, poiché si trattava di spezzare un lucchetto. Ma sotto la mano vigorosa di Ayrton, il lucchetto saltò e la porta si aprì…
D’un tratto, un braccio s’appoggiò sulla spalla di Ayrton.
«Che cosa fai qui?» domandò con voce dura un uomo alto che, drizzandosi nell’ombra, levò bruscamente sulla faccia di Ayrton la luce d’una lanterna.
Ayrton si gettò all’indietro. A un rapido bagliore della lanterna, aveva riconosciuto il suo antico complice, Bob Harvey, ma non poteva esser stato riconosciuto da questi, che doveva credere Ayrton morto da gran tempo.
«Che cosa fai qui?» ripeté Bob Harvey, afferrando Ayrton per la cintura dei calzoni.
Ma Ayrton, senza rispondere, respinse vigorosamente il capo dei deportati e cercò di slanciarsi nel deposito delle polveri. Un colpo di rivoltella in mezzo a quei barili di polvere e tutto era finito!…
«A me, ragazzi!» aveva gridato Bob Harvey.
Due o tre pirati, svegliati da quel grido, s’erano alzati e gettandosi su Ayrton, tentarono di atterrarlo. Il vigoroso Ayrton si sbarazzò dalle loro strette. Due sue rivoltellate rimbombarono e due deportati caddero; ma una coltellata ch’egli non poté evitare gli incise le carni della spalla.
Ayrton capì che non poteva più effettuare il suo disegno. Bob Harvey aveva richiuso la porta della cala e nel corridoio cominciava un movimento, che indicava il risveglio generale dei pirati. Bisognava che Ayrton si risparmiasse per combattere a fianco di Cyrus Smith. Non gli rimaneva che fuggire!
Ma la fuga era ancora possibile? La cosa era molto dubbia, benché Ayrton fosse deciso a tentare il tutto per tutto pur di raggiungere i compagni.
Gli restavano ancora quattro colpi da sparare. Due ne sparò allora, uno dei quali diretto su Bob Harvey, che però non rimase ferito gravemente. Ayrton, allora, approfittando di un movimento all’indietro dei suoi avversari, si precipitò verso la scala del boccaporto, in modo da raggiungere il ponte del brigantino. Passando davanti alla lanterna, la mandò in frantumi con il calcio della rivoltella e ne seguì una profonda oscurità, che doveva favorire la sua fuga.
Due o tre pirati, destati dal rumore, scendevano la scala in quel momento. Un quinto colpo di rivoltella di Ayrton ne gettò uno giù dai gradini, mentre gli altri si traevano in disparte, non comprendendo nulla di quel che succedeva. Ayrton in due salti fu sul ponte del brigantino e in capo a tre secondi, dopo aver scaricato per l’ultima volta la rivoltella in viso a un pirata che stava afferrandolo per il collo, scavalcò il parapetto e si gettò in mare.
Ayrton non aveva fatto sei bracciate nell’acqua che già le palle crepitavano intorno a lui come una gragnuola.
Quale dovette essere l’emozione di Pencroff, ricoverato sotto una roccia dell’isolotto, e quella di Cyrus Smith, del giornalista, di Harbert, di Nab, appiattati nei Camini quando udirono quelle detonazioni esplodere a bordo del brigantino! S’erano tutti slanciati sulla spiaggia e, con i fucili spianati, si tenevano pronti a respingere ogni aggressione.
Per loro, non c’era più dubbio! Ayrton, sorpreso dai pirati, era stato massacrato e probabilmente quei miserabili avrebbero approfittato della notte per operare uno sbarco sull’isola.
Una mezz’ora passò in preda ad ansie mortali. Anche quando le detonazioni cessarono, né Ayrton, né Pencroff riapparvero. L’isolotto era, dunque, invaso? Non bisognava correre in aiuto di Ayrton e di Pencroff? Ma come? La marea, alta in quel momento, rendeva il canale insuperabile. La piroga non c’era più! Si può immaginare la terribile inquietudine che s’impadronì di Cyrus Smith e dei suoi compagni!
Finalmente, verso mezzanotte e mezzo, una piroga, con due uomini, s’accostò alla riva. Erano Ayrton, leggermente ferito alla spalla, e Pencroff, sano e salvo, che furono ricevuti dagli amici a braccia aperte.
Tutti si rifugiarono subito ai Camini.
Quivi giunti, Ayrton narrò quant’era accaduto e non nascose il suo disegno di far saltare il brigantino, e come avesse tentato di metterlo in esecuzione.
Tutte le mani si tesero verso Ayrton, che non dissimulò ai compagni la gravità della situazione. I pirati erano sull’avviso. Sapevano ormai che l’isola di Lincoln era abitata. Non vi sarebbero sbarcati, quindi, che in buon numero e bene armati! Nulla avrebbero rispettato. Se i coloni fossero caduti nelle loro mani, non potevano sperarne pietà!
«Ebbene! Sapremo morire!» disse il giornalista. «Rientriamo e vegliamo» disse l’ingegnere.
«Abbiamo qualche probabilità di cavarcela, signor Cyrus?» chiese il marinaio.
«Sì, Pencroff.»
«Uhm! Sei contro cinquanta!»
«Sì, sei!… senza contare…»
«Chi, dunque?» domandò Pencroff.
Cyrus non rispose, ma mostrò il cielo con la mano.
CAPITOLO III
S’ALZA LA NEBBIA «LE DISPOSIZIONI DELL’INGEGNERE» TRE APPOSTAMENTI «AYRTON E PENCROFF» LA PRIMA LANCIA «ALTRE DUE IMBARCAZIONI» SULL’ISOLOTTO «SEI DEPORTATI A TERRA» IL BRIGANTINO LEVA L’ANCORA «I PROIETTILI DELLO «SPEEDY»«SITUAZIONE DISPERATA «SOLUZIONE INATTESA»
LA NOTTE passò senza incidenti. I coloni s’erano tenuti in guardia e non avevano abbandonato i Camini. I pirati, dal canto loro, non sembravano aver fatto alcun tentativo di sbarco. Da che erano state tirate le ultime fucilate su Ayrton, non una detonazione, né un rumore qualsiasi aveva rivelato la presenza del brigantino presso le coste dell’isola. A rigore, si poteva credere che, pensando di aver a che fare con un avversario troppo forte, avesse levato l’ancora e si fosse allontanato da quei paraggi.
Ma non era così, e quando sorse l’alba poterono intravedere nelle brume del mattino una massa confusa. Era lo Speedy.
«Ecco, amici,» disse allora l’ingegnere «i provvedimenti che mi sembra conveniente prendere, prima che la nebbia sia completamente svanita. Essa ci nasconde agli occhi dei pirati, e noi potremo agire senza svegliare la loro attenzione. Importa, soprattutto, di lasciar credere ai corsari che gli abitanti dell’isola sono numerosi e quindi capaci di resistere. Vi propongo, dunque, di dividerci in tre gruppi, che si apposteranno, il primo ai Camini stessi, il secondo alla foce del Mercy. Quanto al terzo, credo sarebbe bene appostarlo sull’isolotto, allo scopo di impedire, o almeno di ritardare, ogni tentativo di sbarco. Abbiamo a nostra disposizione due carabine e quattro fucili. Ciascuno di noi, dunque, sarà armato e, siccome siamo ampiamente forniti di polvere e di proiettili, non risparmieremo i colpi. Non abbiamo nulla a temere dai fucili, né dai cannoni del brigantino. Che cosa potrebbero contro queste rocce? Poiché, d’altra parte, non spareremo dalle finestre di GraniteHouse, ai pirati non verrà l’idea di colpirla con le granate, che potrebbero causare danni irreparabili. Quel che bisogna temere è la necessità di venire alle mani, perché i deportati hanno in loro favore il numero. Bisogna, dunque, tentare di opporsi allo sbarco, ma senza scoprirsi. Dunque, non economizziamo le munizioni. Spariamo spesso, ma con precisione. Ciascuno di noi ha otto o dieci nemici da uccidere e bisogna che li uccida.»
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