Guido Pagliarino - Il Ventottesimo Libro
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Copyright © 2018 Guido Pagliarino
All rights reserved
Published by Tektime
Guido Pagliarino
Il Ventottesimo Libro
Una storia prima del Nuovo Testamento
Romanzo
Pubblicato e distribuito da Tektime
Seconda edizione in formato cartaceo ed elettronico
Copyright © Guido Pagliarino
Tutti i diritti, letterari, cinematografici, televisivi, radio, internet e connessi a qualsiasi altro mezzo di diffusione e i diritti di traduzione sono dellâautore, in tutto il mondo.
La prima edizione dellâopera, conforme a questa seconda, si è classificata Finalista al âPremio Mario Pannunzio 2017â
La copertina è stata realizzata elettronicamente dallâautore
Indice
PREFAZIONE
RICHIAMO EPIGRAFICO
VANGELO IN ARAMAICO SECONDO LEVI MATTEO
Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta
Parte sesta
POSTFAZION E di Guido Pagliarino
PREFAZIONE
Sono passati quasi cinque anni dal nostro ritrovamento e finalmente, non senza emozione, presento oggi questa mia volgarizzazione dallâaramaico allâitaliano dâun documento storico primario che si credeva perduto:
Durante la nostra ultima spedizione in India, mentre si studiava un sito archeologico, io e miei collaboratori ci siamo imbattuti in un cunicolo che custodiva i papiri del primo vangelo di cui si avesse notizia, andato presto smarrito dopo la sua stesura; si tratta del vangelo in aramaico di Matteo, scritto durante il I secolo dellâera cristiana, secondo quanto porta a credere il suo supporto papiraceo sottoposto a prova dâanzianità col metodo di radiodatazione al carbonio 14, e più precisamente, stando allâanalisi testuale, steso nel corso degli anni 28-50 dello stesso secolo. Lâopera si presenta ben conservata, benché scritta sopra una base facilmente deteriorabile come il foglio di papiro, grazie a particolarissime condizioni dâassenza d'aria nel loco in cui giaceva. Giudico, secondo verosimiglianza, che sia completa, a differenza della maggior parte delle circa 5200 copie di libri neotestamentari finora a nostra disposizione, peraltro del II e III secolo al più presto; infatti la più antica in nostro possesso era, sin ad ora, il "Papiro Rylands" dell'anno 120 circa. Prima di pubblicare ho voluto avere ragionevole certezza che proprio di quel documento, citato anticamente da Papia di Gerapoli, Ireneo di Lione ed Eusebio di Cesarea, si trattasse. Sono giunto infine alla conclusione che si tratti davvero di quel vangelo, anzi come si può dedurre dallâanalisi testuale, del protovangelo in ordine di stesura. I miei collaboratori si sono chiesti non senza entusiasmo: la Chiesa lo inserirà un giorno nel Nuovo Testamento, portando così a ventotto i libri neotestamentari e, in essi, aumentando a cinque il numero dei vangeli canonici? Personalmente non lo credo: sebbene la sua autenticità sia, a mio parere, provata, resta il fatto che, come si può raccogliere da qualsiasi esperto di Storia della Chiesa, il canone neotestamentario non derivò da proclamazioni di vescovi o di sommi pontefici ma dallâuso, fin dai primi secoli, da parte di tutte le chiese, dei ventisette libri, mentre apocrifi furono e sono universalmente considerati i testi letti solo da alcune di quelle chiese, vale a dire mancanti della cosiddetta âapprovazione ecclesiasticaâ consistente nella convinzione dellâintero popolo cristiano che quei libri accolgono la Parola di Dio. Comunque la scoperta è sicuramente straordinaria, tanto per la Storia del Cristianesimo quanto per i credenti della stessa religione. Anticipo che una gran parte dellâopera fu scritta prima della crocifissione di Cristo. Si può parlare dâun diario tenuto dallâapostolo Levi Matteo. Risulta chiaro dalle parole di questo redattore che, per molto tempo, egli non aveva affatto pensato che Gesú fosse Dio. L'aveva ritenuto un messia politico, di cui aspirava a divenire ministro. Solo nelle ultime parti del libro, stese anni dopo e in cui è testimoniata la risurrezione di Cristo, appare l'illuminazione, e solo allora Matteo definisce il Risorto tanto Dio quanto uomo dal corpo glorioso e spirituale.
Ho premesso allo scritto un richiamo epigrafico agli antichi testi che forniscono generica notizia di questo perduto e adesso ritrovato evangelo.
Ho diviso il documento in parti considerando, secondo lâanalisi testuale, il probabile ordine di stesura.
Ho inserito alcune note storico-sociali in calce, ritenendole utili al lettore non specialista.
P.G.
RICHIAMO EPIGRAFICOâMatteo raccolse nella lingua dei giudei i detti del Signore e ciascuno li tradusse come era capaceâ.
(Lettera di Papia vescovo di Gerapoli, discepolo di un Giovanni â Giovanni lâevangelista? â e morto presumibilmente fra il 120 e il 130 d.C.)
âMatteo scrisse un vangelo presso gli ebrei nella sua lingua maternaâ.
(Ireneo di Lione, morto verso il 200 d.C., discepolo di Policarpo di Smirne a sua volta discepolo di Giovanni apostolo: "Adversus haereses")
âSi dice che Panteno andò nelle Indie e pure che trovò châera stato preceduto dal vangelo di Matteo presso alcuni indigeni del paese i quali conoscevano Cristo. A costoro Bartolomeo, uno degli apostoli, aveva predicato e lasciato in caratteri ebraici l'opera di Matteoâ.
(Eusebio di Cesarea, morto presumibilmente nel 339 o 340 d.C. "Historia Ecclesiae, V, 9,1; 10,1")
VANGELO IN ARAMAICO SECONDO LEVI MATTEO
Parte prima
Mi son prefisso dâannotare i detti e i fatti di Rabbì Gesú 1. Ne ho informato il Maestro, che non s'è mostrato contrario: "So che conosci Torah, Nebi'im e Ketubim 2, che hai notizie di storia e scrivi per diletto poesie e novelle", m'ha detto in un sorriso dopo aver approvato col capo.
Da pochissimo tempo sono stato chiamato. Ero, fino a pochi giorni or sono, un pubblicano, incassavo tasse per conto dellâoccupante Roma e parte ne trattenevo per la mia borsa, non solo la percentuale stabilita, ma un poco di più, falsificando la contabilità : è prassi. La pecunia dunque non mi mancava e non m'importava proprio nulla del disprezzo dei miei compatrioti; oltretutto, quelle stesse persone non disdegnavano di venire segretamente da me per farsi imprestare denari, quando ne avevano bisogno per la semina o un matrimonio; e io ricambiavo il loro disprezzo caricando glâinteressi.
Sono Levi Matteo Bar 3Alfeo, peccatore.
Quella mattina, mentre ero al mio banco in piazza a Cafarnao 4, intento come al solito a controllare e a registrare i movimenti delle merci e a incassarne le tasse, ecco una gran folla venire dal Giordano. Alla sua testa stava Gesú di Nazareth. Sapevo di lui fin da bambino, essendo anchâio nazareno. Mâera sempre apparso una persona comunissima, così lâavevo dimenticato finché, mesi fa, era giunto qui. Non l'avevo avvicinato. Sentendone dire da gente sulla piazza, lâavevo giudicato un pigro che non aveva voluto continuare lâattività di costruttore del padre e sâera dedicato, come tanti altri falsi profeti, a elemosinare, ricambiando con massime di minuta saggezza e trucchi da magonzolo. à pur vero che la gente pensava operasse veri miracoli, ma si sa bene che glâignoranti son creduloni. Appunto, i tanti che in quel momento lâaccompagnavano stavano dicendo, a gran voce, che aveva appena guarito un paralitico; ma non così uno di loro, un dotto scriba, che taceva e scuoteva la testa con espressione nientâaffatto amichevole.
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