Lionel C - Vivere La Vita

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Al lavoro finito, qualsiasi essere umano ha, avrebbe avuto bisogno di sfogare in qualche modo le tensioni accumulate, sciogliere un po' il tutto, ma non quei uomini.

Quei uomini no.

Non perché non avessero avuto bisogno, oppure non avessero voluto, ma perché la dittatura non lasciava loro questa possibilità .

Non avevano questo diritto.

Non potevano parlare mai apertamente delle loro fatiche.

Delle condizioni disumane in qui lavoravano.

Delle cose da migliorare.

Agire in qualche modo, ancora meno.

Non potevano fare nulla.

Anche se erano tutti come dei giganti.

Dei giganti buoni.

Uomini con dei fisici statuari, scolpiti dalla fatica e dal lavoro duro a tal punto ed in tal modo, che ognuno di loro era degno di fare il modello al più grande maestro per la sua opera migliore, scolpita nel marmo della più alta qualità .

Non era facile per gli uomini vivere questa condizione di vita e forse, lo era ancora meno per le donne che per la loro natura sono creature diverse.

Dolci e delicate.

Erano quasi tutte casalinghe.

La loro vita si svolgeva dentro casa per tutte le faccende domestiche. Poi, mercato, negozi e tutte le altre cose fuori casa.

Il progresso tecnico a disposizione, dal lavoro manovale effettivo e dalle fatiche domestiche, non toglieva tanto ed era per loro un gran daffare ogni giorno.

Come i loro mariti, anche le donne erano di costituzione fisica molto bella ed al primo sguardo, offrivano un piacevole vedere.

Guardando però con più attenzione, si vedeva che su delle creature dolci e delicate come le donne, quella vita aspra e dura, resa cosi dall’essere umano, lasciava molto di più il segno.

Colpiva in modo molto particolare e forte, vederle che anche se vivevano in quelle condizioni, quasi estreme, non avevano perso la loro natura di donne. Ancora di più colpiva il modo docile con qui compivano il proprio dovere e con qui riuscivano a trasmettere ai propri figli e figlie tutto.

La loro docilità .

La loro dolcezza.

I loro insegnamenti.

Erano donne e uomini di fatica.

Quasi di nient'altro.

La loro semplicità , naturalezza, genuinità , onesta, sensibilità , senso di solidarietà nei confronti del prossimo e soprattutto, il senso del dovere, faceva rimanere sempre fortemente stupiti a come quelle condizioni estreme create dall'essere umano, abbiano intaccato soltanto la parte esterna.

La carcassa.

La materia.

La natura nel suo cammino tranquillo ed indisturbato, seguendo soltanto le sue regole, ha protetto la parte interna di tutte quelle persone.

Uomini e donne.

Donne e uomini.

Il loro essere nel suo profondo, rendendolo tutti i momenti sempre più delicato, più sensibile e più forte.

L'apice di questa grande opera d'arte realizzata da "Madre Natura" nel suo più profondo, si vedeva quando verso sera, nei giorni luminosi e caldi di estate, nel loro tempo libero, uomini e donne sedevano insieme sulle panchine d'avanti agli ingressi di tutti i condomini e parlavano tra di loro.

Parlavano tanto, di nulla.

Ci si rendeva conto che è cosi, e che forse il motivo della loro presenza lì era un altro, perché si vedeva come ognuno di loro, chi di più e chi ancora di più, seguivano con molta attenzione, tutto l'insieme dello scenario che li circondava.

Soprattutto il sole.

Il sole nel suo cammino, mentre scendeva per nascondersi dietro alla montagna.

Il grande spettacolo che offriva.

Ci si aveva la certezza di tutto ciò, quando, appena scomparso il sole, il primo uomo, oppure la prima donna che si alzava per salire in casa, in pratica, senza dire nulla, dava il via a tutti quanti nel fare la stessa cosa.

In pochi attimi le panche erano totalmente vuote.

Scendeva il silenzio.

Lo stupendo spettacolo della natura era finito ed è stato un grande privilegio aver potuto partecipare.

Vederlo in prima fila.

I primi ricordi

Non saprei quando cominciano i primi ricordi del’ essere umano.

Non lo so quali sono i primi momenti di vita che ogni persona riesce a conservare e ricordare per sempre.

Forse tutto ciò è una cosa molto personale ed in questo senso, posso dire che i miei ricordi, cominciano molto, molto presto ed è ovvio che tutto succede all'interno della casa dove viveva la mia famiglia: padre, madre e due figli.

Ero il più piccolo tra i quattro.

Una casa non grande, ma neanche piccola.

Giusta per le necessità della nostra famiglia.

C'era un ingresso, la cucina, il ripostiglio, due camere ed un piccolo disimpegno prima dell'ingresso in bagno.

Le due camere, avevano la pavimentazione in legno e questo creava un senso di calore e di intimità .

Di accoglienza famigliare.

Appena ci si alzavano gli occhi dal caldo pavimento, era impossibile non notare la grandezza delle finestre, e soprattutto la tanta luce che riusciva ad entrare attraverso i loro vetri.

Erano tutte orientate verso l'est, e di fronte c'era il massiccio montuoso più imponente tra tutti quelli che si trovavano sui quattro lati della vallata.

Grande, forte, compatto e di un verde molto intenso per lungo periodo dell'anno.

In ogni momento, guardare fuori dalle finestre era una cosa bellissima, ma al mattino, quando il sole si innalzava da dietro la montagna, lo era ancora di più. Il sole, insieme alla montagna erano così vicine, che sembrava di poter toccare il tutto con la mano.

Il calore e soprattutto la luce che entrava in casa, dava una vitalità ed una forza che ogni mattina faceva venire la voglia di gridare:

< Vita dove sei? >

< Perché ho voglia di viverti in pieno quest'oggi! >

Allo stesso modo, quando di sera da dietro la stessa montagna compariva la luna, metteva una pace ed una serenità che aiutava moltissimo a capire se in quel giorno di vita si e riusciti a fare qualcosa di buono.

Non aver fatto passare inutilmente la giornata.

Poi si andava a dormire in tranquillità , serenità e pace, ringraziando per tutti i risultati avuti.

Il primo ricordo, come forse quello di ogni bambino, è un po’ birichino ed ogni volta che ci ripenso, sorrido partendo dal mio più profondo e finendo con i muscoli facciali.

Sempre.

Ricordo seduti: me e mia madre, attorno il tavolo nella cucina.

Dopo aver mangiato, quasi sempre da me, ma anche imboccato ogni tanto da mia mamma, mi portava al letto per farmi fare il pisolino pomeridiano.

Se avessi potuto, avrei prolungato all'infinito ogni volta quei momenti attorno al tavolo, perché andare a dormire di pomeriggio, per me era la cosa più spiacevole che mi poteva capitare in quel momento di vita.

Questo è il mio primo pensiero di vita vissuta.

Il primo che ricordo.

Purtroppo per me, andava a finire sempre allo stesso modo, cioè, io sdraiato sul letto che dovevo dormire.

Non piangevo e non ricordo di aver mai protestato, ma al mio modo agivo.

Una volta al letto, dopo un po' di momenti in qui stavo tranquillo, con gli occhi chiusi e senza la minima intenzione di dormire, quando credevo che il tempo era giusto, scendevo dal letto.

Ricordo che quasi sempre, andavo in silenzio dietro alla porta, per provare a capire dov'era mia madre.

Qualche volta la vedevo da dietro, lavando per terra nell’ingresso, o facendo altro. Qualche altra volta mi toccava uscire dalla camera, prima di riuscire a vederla.

In tutti i casi, mi ricordo la stessa fine.

Io, che sfregandomi gli occhi come uno che ha dormito per ore, le dicevo che ho già dormito, mentre lei, senza dirmi niente, prendendomi per mano, mi faceva fare dietro front e mi riaccompagnava al letto.

Al letto per la seconda volta, scattavano sempre le sue misure di sorveglianza.

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