Federico Moccia - Tre metri sopra il cielo

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"Hook, Hook, Hook...!".

Hook, come paralizzato, all'improvviso si ferma, poi tre-

mante scuote la testa: "No, non ce la faccio più". Rimane per

un attimo immobile, e quello è il suo ultimo pensiero. Cade giù

di botto, facendo appena in tempo a voltare la testa. Sbatte con

tutto il peso il petto sul marmo.

"Centoquattordici!"

Step e il Siciliano vanno giù, veloci, rallentando solo alla

fine della flessione, poi tornano su rapidi, come se avessero ri-

trovato nuova forza, nuove energie. L'essere soli al traguardo.

O primi o niente.

"Centoquindici!" Tornano giù.

Il ritmo aumenta. Come se avesse capito, Schello si azzit-

tisce.

"Centosedici!" Uno dopo l'altro pronuncia solo i numeri.

Veloce. Aspettando che arrivino su per dargli il successivo.

"Centodiciassette!" E di nuovo giù.

"Centodiciotto!" Step aumenta ancora, sbuffando.

"Centodiciannove!" Va giù e di nuovo su, subito dopo. Il Si-

ciliano lo segue, sforzandosi, gemendo, diventando sempre più

rosso.

"Centoventi, centoventuno. Incredibile, ragazzi!" Nessuno

parla più. Sotto regna il silenzio dei grandi momenti.

"Centoventidue." Solo la musica di sottofondo. "Cento-

ventitré..."

Poi il Siciliano si ferma a metà, inizia a urlare, come se

qualcosa dentro di lui lo dilaniasse.

Step, dall'alto della sua flessione, lo guarda. Il Siciliano è

come bloccato. Trema e ansima urlando, ma le sue braccia non

lo vogliono sentire, non lo ascoltano più. Allora fa un ultimo

grido, come una bestia ferita cui venga strappato un pezzo di

carne. Il suo primato. E inesorabilmente, piano piano, comincia

a scendere. Ha perso. Da sotto si alza un grido. Qualcuno apre

una birra: "Sììì, eccolo qua, il nuovo vincitore è Step!".

Schello gli si avvicina festante, ma Step scuote la testa.

Come a comando di quel gesto, nella piazza torna il silen-

zio. Da sotto, alla radio, quasi un segno del destino: un pezzo

di Springsteen, l'm going down. Step sorride dentro di sé, por-

ta la mano sinistra dietro la schiena e poi si abbassa, su una

mano sola, gridando.

Sfiora il marmo, lo guarda con gli occhi sbarrati e poi di

nuovo su, tremando e spingendo solo sulla destra, con tutta la

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sua forza, con tutta la sua rabbia. Un urlo di liberazione esce

dalla sua gola:

"Sìììì!". Dove non è arrivata la forza, arriva la sua volontà.

Rimane immobile così, steso in avanti, con la fronte alta ver-

so il cielo, come una statua urlante, contro il buio della notte,

la bellezza delle stelle.

"Yahooo!" Schello urla come un pazzo. Nella piazza tutti

esplodono seguendo quel grido, accendono le moto e le Vespe,

suonando i clacson, urlando. Pollo inizia a prendere a calci la

serranda del giornalaio.

Lucone tira una bottiglia di birra contro una vetrina. Le fi-

nestre dei palazzi intorno si aprono. Un allarme lontano co-

mincia a suonare. Vecchie in camicia da notte escono sui bal-

coni, gridano preoccupate: "Che succede?". Qualcuno urla di

fare silenzio. Una signora minaccia di chiamare la polizia. Co-

me per incanto, tutte le moto si muovono. Pollo, Lucone e gli

altri montano in corsa, saltando sui sellini, mentre le marmit-

te fanno fumo bianco. Qualche lattina continua a fare rumo-

re rotolando, le ragazze vanno tutte a casa. Maddalena è an-

cora più innamorata.

Hook affianca Step. "Cazzo, bella sfida, eh?"

"Niente male."

Anche le altre moto si affiancano, occupano tutta la stra-

da, fregandosene di qualche macchina che suona passandogli

accanto veloce. Schello si mette in piedi sul suo Vespone scal-

cagnato. "Ho saputo che c'è una festa sulla Cassia. Al 1130. È

un comprensorio."

"Ma ci faranno entrare?"

Schello li assicura: "Conosco una che sta là".

"E chi è?"

"Francesca."

"Ma che, c'hai avuto una storia?"

"Sì."

"Allora non ci faranno entrare."

Ridendo, scalano quasi tutti insieme. Frenando e sgom-

mando girano a sinistra. Qualcuno pinnando, tutti fregando-

sene del rosso. Poi prendono la Cassia a tutta velocità.

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Un caldo appartamento, grandi vetrate dalle quali si vede

l'Olimpica. Bei quadri alle pareti, di certo un Fantuzzi. Quat-

tro casse agli angoli del salotto diffondono un ed ben mixato.

La musica avvolge dei ragazzi che, parlando, battono quasi tut-

ti il tempo.

"Dani, ehi, quasi non ti riconoscevo."

"Non ti ci mettere pure tu, eh?"

"Parlavo del vestito, stai benissimo, sul serio..."

Daniela si guarda la gonna, Giulia già la conosce, c'è ca-

scata per un attimo.

"A Giuli!"

"Be', che ti arrabbi? Sembri la Bonopane, quella bora del-

la terza B che la mattina viene tutta infardata..."

"Come fai a essere sempre così simpatica, eh?"

"È per questo che siamo amiche." *

"Mai detto di essere tua amica!"

Giulia si sporge in avanti.

"Bacino, facciamo pace?"

Daniela sorride. Fa per andare verso di lei quando alle sue

spalle vede Palombi.

"Andrea!"

Lascia perdere la guancia di Giulia, sperando, prima o poi,

di centrare la bocca di lui.

"Come stai?"

Andrea rimane per un attimo incerto. '

"Bene, e tu?" *

"Benissimo."

Si scambiano un bacio frettoloso. Poi lui passa avanti a

salutare qualche amico. Giulia la raggiunge e sorride al suo

fianco.

"Non ti preoccupare, fa il classico public."

Rimangono a guardarlo per un po'. Andrea parla con al-

37

cuni ragazzi, poi si volta verso di lei, la guarda di nuovo e alla

fine sorride. Finalmente ha realizzato.

"Cavoli! E sì che hai esagerato... Non ti aveva proprio ri-

conosciuto."

Babi attraversa il salotto. Alcune ragazze ballano fra loro.

In un angolo, un approssimativo dj, pseudoemulo di dj Fran-

cesco, tenta un rap di scarso successo. Una ragazza balla sca-

tenata, lanciando le braccia in alto.

Babi scuote la testa sorridendo.

"Pallina!"

Un viso leggermente tondo, incorniciato dai lunghi capel-

li castani e uno strano ciuffo laterale, si gira.

"Babi, uauuu!" Corre verso di lei e l'abbraccia baciandola,

sollevandola quasi. "Come stai?"

"Benissimo. Mi avevi detto che non venivi!"

"Sì, lo so, siamo stati a una festa all'Olgiata, ma non sai che

rottura! Stavo con Dema ma siamo scappati subito via. Ecco-

ci qua; perché, non sei felice?"

"Scherzi, felicissima. Hai preparato la lezione di latino?

Guarda che quella domani ti interroga, manchi solo tu per fi-

nire il giro."

"Sì, lo so, ho studiato tutto il pomeriggio, poi sono dovuta

uscire con mia madre, sono andata in centro. Guarda, ho pre-

so questa, ti piace?" E facendo una strana piroetta, più da bal-

lerina che da indossatrice, fa prendere aria a una divertente

tuta di raso blu.

"Molto..."

"Dema mi ha detto che ci sto benissimo..."

"Figurati. Tu sai la mia teoria, no?"

"Ancora? Ma se siamo amici da una vita!"

"E tu lasciami la mia teoria."

"Ciao Babi." Un ragazzo dall'aria simpatica, con dei ricciqti

bruni e la carnagione chiara, si avvicina.

"Ciao Dema, come stai?"

"Benissimo. Hai visto che carina la tuta di Pallina?"

"Sì. A prescindere dalla mia teoria, le sta molto bene." Ba-

bi le sorride. "Vado a salutare Roberta, che ancora non le ho

fatto gli auguri." Si allontana. Dema rimane a guardarla.

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