Anne Rice - Intervista col vampiro

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Intervista col vampiro: краткое содержание, описание и аннотация

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In una stanza d’albergo Louis racconta la sua vita ad un esterrefatto giornalista, la lunghissima, estenuante vita di un vampiro. Duecento anni assieme al suo maestro Lestat ed alla piccola Claudia, duecento anni in giro per il mondo, nascondendosi dalla luce e succhiando sangue…

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«Tutto questo è veramente accaduto?» mormorò il ragazzo. «Mi sta raccontando qualcosa di… di vero?»

«Sì». Il vampiro lo guardò senz’ombra di stupore. «Vorrei continuare il mio racconto». Ma quando il suo sguardo si soffermò brevemente sul ragazzo e tornò a fissarsi sulla finestra, dimostrò solo un debole interesse per il suo interlocutore, che sembrava impegnato in una specie di muta battaglia interiore.

«Ma lei ha detto che non sapeva se quelle visioni… che lei, un vampiro… non sapeva con certezza se…»

«Voglio andare con ordine. Voglio continuare a raccontare le cose come accaddero. No, io non so niente di quelle visioni. A tutt’oggi non so niente». E ancora una volta attese finché il ragazzo disse:

«Sì, continui, per favore».

«Be’, volevo vendere le piantagioni. Non volevo rivedere mai più la casa e la cappella. Alla fine le affittai a un’agenzia che le avrebbe amministrate per conto mio e sistemai le cose in modo da non dovermici mai recare di persona. Feci trasferire mia madre e mia sorella in una delle case di New Orleans. Inutile dire che mio fratello non mi abbandonava neppure un secondo; il pensiero del suo corpo che marciva nella terra era fisso in me. Era sepolto nel cimitero di St. Louis a New Orleans: io facevo di tutto per evitare di passare davanti a quei cancelli, e tuttavia non cessavo mai di pensare a lui. Ubriaco o sobrio, vedevo il suo corpo marcire nella bara, e non riuscivo a sopportarlo. Mille volte sognai che era in cima alle scale e io gli tenevo il braccio, parlandogli gentilmente; lo esortavo a ritornare nella stanza da letto e gli dicevo dolcemente che gli credevo, che doveva pregare per me perché avessi fede. Frattanto, gli schiavi di Pointe du Lac (così si chiamava la mia piantagione) cominciavano a raccontare di aver visto il suo spettro sulla veranda, e il sorvegliante non riusciva a mantenere l’ordine. Nei circoli mondani a mia sorella venivano spesso rivolte domande offensive sull’incidente, che la resero isterica. Non era affatto isterica; però le sembrava giusto reagire in quella maniera, e così fece. Io bevevo e restavo a casa il meno possibile. Vivevo come un uomo che vuole morire ma non ha il coraggio di darsi la morte. M’aggiravo solitario per strade e vicoli oscuri… m’abbattevo privo di sensi nei cabaret. Rifiutai un paio di duelli più per apatia che per viltà, benché desiderassi sinceramente di essere ucciso. E alla fine fui aggredito. Avrebbe potuto trattarsi di chiunque: i miei inviti erano aperti a marinai, ladri, maniaci, tutti. Ma fu un vampiro. Mi agguantò una notte a pochi passi dalla porta di casa e mi lasciò in fin di vita, o almeno così credetti».

«Vuol dire che… le succhiò il sangue?»

«Sì» rise il vampiro. «Mi succhiò il sangue. È così che si fa».

«Ma lei sopravvisse» osservò il giovane. «Eppure ha detto che quello lo ridusse in fin di vita».

«Bevve il mio sangue fino quasi a farmi morire. Appena mi trovarono mi misero a letto, confuso e totalmente ignaro di quanto mi era accaduto. Credo di aver pensato che mi fosse venuto un colpo per il troppo bere. Mi aspettavo di morire da un momento all’altro e non m’interessava affatto bere, mangiare o parlare col dottore. Mia madre mandò a chiamare il prete. Quando arrivò ero in preda alla febbre e gli rivelai tutto: le visioni di mio fratello e come mi ero comportato con lui. Ricordo che mi aggrappai al suo braccio, facendogli giurare ripetutamente che non l’avrebbe detto a nessuno. ‘So di non averlo ucciso io’ dissi infine. ‘Solo che non posso più vivere ora che lui è morto. Dopo averlo trattato in questo modo!’

«‘È ridicolo’ rispose il prete. ‘Tu puoi vivere benissimo: non c’è nulla di male in te, tranne il tuo autocompiacimento. Tua madre ha bisogno di te, e ancor più tua sorella. In quanto a tuo fratello, era posseduto dal demonio’. A queste parole rimasi talmente sconvolto da non riuscire a protestare. Il diavolo era l’artefice delle visioni, continuò. Il diavolo imperversava. L’intera terra di Francia era sotto l’influenza del Maligno, e la Rivoluzione era stata il suo massimo trionfo. Nulla avrebbe potuto salvare mio fratello tranne l’esorcismo, la preghiera e il digiuno, uomini che lo tenessero stretto quando il diavolo infuriava nel suo corpo e cercava di agitarlo. ‘È il diavolo che l’ha scaraventato giù dalle scale; è lampante!’ dichiarò. ‘In quella stanza tu non stavi parlando con tuo fratello, ma col demonio!’ Mi mandò su tutte le furie. Pensavo di essere già stato portato al limite estremo, ma non era così. Il prete continuò a parlare del demonio, del woodoo tra gli schiavi e di casi d’invasamento in altre parti del mondo. E io esplosi. Distrussi la stanza nel tentativo di ammazzarlo».

«Ma la sua forza… il vampiro…?»

«Ero fuori di me» spiegò il vampiro. «Feci cose che in condizioni normali non avrei mai fatto. La scena è confusa, sbiadita, fantastica… ricordo solo che lo trascinai fuori dalla porta dietro la casa, attraverso il cortile, in cucina; e lì gli sbattei la testa contro la parete di mattoni fin quasi a ucciderlo. Quando riuscirono a calmarmi, stanco fino alla morte, mi fecero un salasso. Gli imbecilli! Ma stavo dicendo qualcos’altro. Fu allora che mi resi conto del mio egoismo. Forse l’avevo visto riflesso nel prete. Il suo atteggiamento di disprezzo per mio fratello rispecchiava esattamente il mio; il ricorso automatico e superficiale al diavolo; e il rifiuto anche solo di prendere in considerazione l’idea che la santità potesse essere passata così vicino».

«Ma negli indemoniati ci credeva».

«Quella è un’idea molto più accettabile» rispose immediatamente il vampiro. «Chi ha smesso di credere in Dio o nel bene continua lo stesso a credere nel diavolo. Non so perché. No, anzi, lo so: il male è sempre possibile. E il bene è eternamente difficile. Ma capisci che parlare d’invasamento è solo un modo per dare del pazzo a qualcuno. Ebbi questa netta sensazione con quel prete. Sono sicuro che vide la follia. Forse gli era capitato di trovarsi di fronte a un pazzo furioso e l’aveva dichiarato indemoniato. Non è detto che si debba per forza vedere Satana quando si pratica un esorcismo… ma avere davanti un santo e affermare che le sue visioni siano tutte fantasie… no, è puro egoismo rifiutare di credere che sia potuto succedere tra noi».

«Non lo avevo mai considerato da questo punto di vista» disse il ragazzo. «Ma a lei cosa accadde? Mi stava dicendo che per curarla le avevano fatto un salasso… deve averla quasi uccisa».

Il vampiro rise. «Sì, naturalmente. Ma il vampiro tornò quella notte stessa. Voleva Pointe du Lac, la mia piantagione.

«Era molto tardi. Mia sorella si era appena addormentata.

Ricordo tutto come fosse ieri. Entrò dal cortile, aprendo le porte-finestre senza un rumore… un uomo alto, di carnagione chiara, con una massa di capelli biondi e movimenti aggraziati, quasi felini. Con garbo dispose uno scialle sugli occhi di mia sorella e abbassò lo stoppino della lampada. Mia sorella sonnecchiava accanto al bacile e al panno con cui aveva inumidito la mia fronte; restò sotto quello scialle senza agitarsi neppure una volta fino al mattino. Ma nel frattempo, io avevo subito una metamorfosi».

«Mi spieghi».

Il vampiro sospirò. Si appoggiò allo schienale della sedia, fissando le pareti. «Sulle prime pensai si trattasse d’un altro dottore, o di qualcuno convocato dalla famiglia per tentare di farmi ragionare; ma quel sospetto sparì immediatamente. Si avvicinò al mio letto e si chinò in modo che il suo viso fosse illuminato dalla lampada, e vidi che non poteva essere un uomo normale. I suoi occhi grigi parevano incandescenti e le lunghe mani bianche che gli pendevano ai lati del corpo non erano quelle di un essere umano. Credo che tutto mi sia stato chiaro fin da quel primo istante e quello che mi disse era solo una conseguenza. Voglio dire che nel momento in cui lo vidi, in cui vidi quell’aura innaturale e percepii ch’era una creatura a me sconosciuta, io mi ridussi a nulla. Quell’Io che non riusciva ad accettare la presenza di un essere straordinario accanto a sé fu annientato. Tutte le mie costruzioni mentali, e persino il mio senso di colpa e la voglia di morire, mi sembravano ormai prive di senso. Mi dimenticai completamente di me stesso !» si toccò silenziosamente il petto col pugno. «Di me stesso, nel modo più assoluto. E in quell’istante seppi perfettamente il significato delle nuove possibilità che mi si schiudevano. Da allora in poi provai soltanto una crescente meraviglia. Quando mi parlò e mi disse che cosa potevo diventare, qual era stata e quale sarebbe stata la sua vita, il mio passato divenne cenere. Analizzai la mia vita come fosse quella di un altro… la vanità, l’egoismo, la fuga costante dalle piccole seccature, la devozione formale a Dio, alla Vergine e a un sacco di santi i cui nomi riempivano i miei libri di preghiera e nessuno dei quali, tuttavia, incideva minimamente nella mia esistenza meschina, materialistica e interessata. Vidi i miei veri dèi… gli dèi della maggior parte degli uomini. Il cibo, il bere, e la sicurezza nel conformismo. Cenere».

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