Clive Barker - Galilee

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Galilee: краткое содержание, описание и аннотация

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Una saga grandiosa in bilico fra realtà e soprannaturale dove si intrecciano i destini di due famiglie — una di stirpe divina, l'altra umana ma potentissima - divise da sempre da un odio atavico. E quando scatta il colpo di fulmine tra Rachel e Galilee, i discendenti delle due dinastie, gli antichi rancori riemergono scatenando una travolgente guerra dei mondi attraverso il Tempo e lo Spazio. Tradimenti, lussuria e magnifiche visioni metafisiche in una storia di linee di sangue intrecciate che riflette i conflitti celati nella nostra anima più segreta.

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“Vuoi dire che più aspettiamo, più si convincerà che ho paura di affrontarla?” ha chiesto lui. Io ho annuito.

“Vorrei almeno lavarmi la faccia prima di andare”, ha detto Rachel.

“Il bagno è da quella parte”, le ho indicato. Poi sono uscito dalla stanza per non violare la sua privacy.

“È bellissima”, ho sussurrato a Galilee quando mi ha raggiunto. “Sei un uomo davvero fortunato.”

Lui non ha detto niente. Teneva lo sguardo fisso sul soffitto come se si stesse preparando per ciò che lo aspettava al piano di sopra.

“Che cosa vuoi da lei?” gli ho domandato.

“Il suo perdono, immagino. No, anche qualcos’altro.” Ha spostato lo sguardo su di me. “Voglio tornare a casa, Eddie. Voglio portare la donna che amo qui all’Enfant e vivere per sempre qui con lei.” Questa volta sono stato io a non replicare. “Non credi che sia possibile vivere per sempre felici e contenti?”

“Per noi?”

“Per tutti.”

“Ma noi non siamo come tutti gli altri, giusto? Noi siamo i Barbarossa. Per noi le regole sono diverse.”

“Sul serio?” ha detto lui, lo sguardo distante. “Non ne sono così sicuro. Mi sembra che agiamo per le stesse stupide ragioni per cui agiscono anche tutti gli altri. Non siamo migliori dei Geary. Dovremmo esserlo, ma non lo siamo. Siamo sciocchi e confusi quanto loro. È ora che cominciamo a pensare al futuro.”

“È strano, detto da te.”

“Voglio avere dei figli con Rachel.”

“Non mi sembra una buona idea”, ho ribattuto io. “I mezzosangue non servono a nessuno.”

Galilee mi ha appoggiato una mano sulla spalla. “Lo credevo anch’io. Comunque, che razza di padre sarei? È questo che mi sono domandato. Ma è ora, Eddie.” Ha sorriso, radioso. “Voglio riempire questa vecchia casa di bambini. E voglio che imparino ad apprezzare tutte le cose miracolose che noi diamo per scontate!”

“Non penso che sia rimasto qualcosa di miracoloso in questo posto”, ho detto. “Se mai c’è stato.”

“È ancora qui”, ha detto lui. “È dovunque, è tutto attorno a noi. E nel nostro sangue. È nella terra. Ed è lassù, con lei.”

“Può darsi.”

Lui mi ha dato una pacca sulla spalla. “Sii felice, fratello. Sono tornato a casa.”

Sei

E così siamo saliti, Galilee, Rachel e io. Abbiamo attraversato la casa buia e silenziosa fino a raggiungere le stanze di Cesaria. Ma lei non c’era. Mentre passavo da una stanza all’altra, bussando leggermente e aprendo le porte, mi sono reso conto che non c’era da meravigliarsi che lei non fosse lì. Doveva essere salita nella stanza del cielo. Il cerchio si stava chiudendo, sempre più in fretta ormai. Il luogo dove tutto era iniziato — dove ero stato visitato dalle prime visioni — esigeva la nostra presenza.

Stavamo per uscire dalla camera da letto deserta, quando ho sentito un ticchettio di unghie sul pavimento e ho visto Tansy, il porcospino preferito di Cesaria che sgattaiolava fuori da sotto il letto. Mi sono chinato e ho raccolto con cautela l’animale. Mi è sembrato molto felice di trovarsi tra le mie braccia, e per qualche ragione la sua presenza in quella stanza mi ha rassicurato.

“Dove andiamo adesso?” ha chiesto Galilee mentre oltrepassavo lui e Rachel per uscire.

“Su, nella stanza del cielo”, ho risposto.

Lui mi ha rivolto un’occhiata ansiosa. “Che cosa ci fa Cesaria lassù?”

“Immagino che dovremo scoprirlo”, ho risposto, e ho fatto strada attraverso il corridoio e poi su, lungo le strette scale. Man mano che salivamo, il porcospino è diventato sempre più irrequieto, un chiaro segno che il mio istinto non si era sbagliato e che Cesaria ci stava aspettando di sopra.

Io ho aperto la porta e mi sono voltato a guardare i due innamorati.

“Sei mai entrato qui?” ho chiesto a Galilee.

“No…”

“Be’, se dovessimo perderci…” ho detto.

“Aspetta. Di cosa stai parlando? Perderci? Non è una stanza così grande.”

“Non è una stanza, Galilee”, ho replicato. “Può anche sembrarlo, ma una volta che si entra si scopre un altro mondo. Il mondo di Cesaria.”

Galilee sembrava decisamente a disagio.

“Allora che cosa dobbiamo aspettarci?” ha chiesto Rachel.

“E impossibile dirlo. Bisogna lasciarsi trasportare dalla corrente, lasciare che accada. E non avere paura.”

“Rachel non ha paura quasi di niente”, ha detto Galilee, rivolgendole un sorriso.

“E, come vi ho già detto, se dovessimo perderci…”

“Continueremo senza di te”, ha concluso Galilee. “D’accordo?”

“D’accordo.”

Con Tansy accoccolato nell’incavo del braccio, ho afferrato la maniglia — con una certa indecisione, devo ammetterlo — e ho aperto la porta. Una parte di me ha osato immaginare che tornando lì avrei conosciuto un nuovo miracolo. Se dopo la prima visita ero guarito dalla mia infermità, cosa sarebbe successo dopo la seconda? Era bello da parte di Galilee decantare le virtù dei mezzosangue, ma non riuscivo a trovare alcuna particolare gloria in quella condizione; tutt’altro. Rientrando nel cuore del mondo di Cesaria sarei stato forse guarito dalla mia natura ibrida? Sarei diventato completamente divino?

Quell’affascinante possibilità mi ha reso più coraggioso di quanto sarei stato normalmente. Lanciando una breve occhiata alle spalle per controllare che Rachel e Galilee mi stessero seguendo, sono entrato nella stanza. A prima vista sembrava vuota ma sapevo per esperienza che non ci si poteva fidare delle apparenze. Cesaria era lì. Ne ero certo. E se lei era lì, allora doveva esserci anche la sua corte di visioni e trasformazioni. Era solo una questione di tempo e poi sarebbero apparse.

“Bella stanza”, ha osservato Galilee alle mie spalle.

C’era una sfumatura ironica in quel suo commento; sicuramente stava pensando che dovevo aver sopravvalutato la natura miracolosa di quel luogo. Non ho detto niente per giustificarmi. Ho trattenuto il fiato. Sono trascorsi alcuni secondi. Il porcospino tra le mie braccia si era fatto più tranquillo. Strano, ho pensato. Ho tratto un profondo respiro, molto lentamente. Ancora niente.

“Sei sicuro…” ha cominciato a chiedere Galilee.

“Shhh.”

Non ero stato io a zittirlo, era stata Rachel. Ho sentito i suoi passi alle mie spalle e con la coda dell’occhio l’ho vista inoltrarsi nella stanza. Non era più accanto a Galilee. In altre circostanze, mi sarei voltato e avrei dato a mio fratello del codardo, ma quello era un momento troppo intenso per simili sciocchezze. Ho continuato a fissare Rachel mentre si avvicinava al centro della stanza. Aveva zittito Galilee perché aveva udito qualcosa; ma cosa? Io non riuscivo a sentire altro che il rumore dei nostri respiri e dei passi di Rachel sulle assi nude. Eppure sembrava che lei stesse ascoltando un qualche suono. Ha inclinato leggermente la testa, e in quel momento ho capito qual era il suono che stava cercando di cogliere: era un mormorio sibilante così debole che se Rachel non lo avesse sentito avrei potuto scambiare per il ronzio del mio sangue.

Lei ha abbassato lo sguardo e io mi sono accorto che le assi avevano subito un cambiamento quasi impercettibile. Le fessure stavano scomparendo e i dettagli e le venature di ogni asse stavano mutando. Ovviamente Rachel poteva sentire quella trasformazione sotto i suoi piedi: il flusso di energia scaturiva dal centro della stanza e si stava dirigendo verso di lei.

Ho messo insieme il suono che stavo ascoltando con il mutamento delle assi: il legno stava diventando sabbia; sabbia sollevata da una brezza leggera ma continua.

Rachel si è voltata a guardarmi e mi sono reso conto che non era preoccupata da ciò che stava accadendo, ma divertita, piuttosto.

“Guarda”, ha esclamato. Poi a Galilee: “Va tutto bene, tesoro”. Ha teso una mano verso di lui e mio fratello l’ha raggiunta, gettandomi un’occhiata ansiosa. Il vento stava soffiando più forte ora, e le assi erano scomparse del tutto. C’era solo sabbia sotto i nostri piedi, infiniti granelli di sabbia che luccicavano rotolando via.

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