Clive Barker - Galilee

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Galilee: краткое содержание, описание и аннотация

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Una saga grandiosa in bilico fra realtà e soprannaturale dove si intrecciano i destini di due famiglie — una di stirpe divina, l'altra umana ma potentissima - divise da sempre da un odio atavico. E quando scatta il colpo di fulmine tra Rachel e Galilee, i discendenti delle due dinastie, gli antichi rancori riemergono scatenando una travolgente guerra dei mondi attraverso il Tempo e lo Spazio. Tradimenti, lussuria e magnifiche visioni metafisiche in una storia di linee di sangue intrecciate che riflette i conflitti celati nella nostra anima più segreta.

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“No…” l’ha pregata lui, la voce rotta. “Non piangere.”

“Allora non farmi piangere”, ha ribattuto lei in tono petulante. Ha alzato gli occhi su di lui. “So che devi andare. Lo capisco. Davvero. E so che non tornerai tra una settimana. Te ne andrai là fuori e ti dimenticherai persino che esisto.”

“Oh tesoro…” ha sospirato Dwight chinandosi per abbracciarla, e lei si è aggrappata a lui singhiozzando. Dwight le ha accarezzato i capelli con infinita tenerezza e mi ha guardato. Il suo volto era triste ma ho notato anche una punta di impazienza nella sua espressione. Aveva deciso di andare e niente gli avrebbe fatto cambiare idea. Il pianto disperato di Zabrina stava solo rimandando l’inevitabile.

“Coraggio, Zabrina”, le ho detto allegramente, “Dwight non sta morendo. Se ne va soltanto a vedere il mondo.”

“E la stessa cosa”, ha detto lei.

“Non essere sciocca”, ho ribattuto io con dolcezza, avvicinandomi a lei e posandole le mani sulle spalle. Il mio tocco l’ha distratta per un attimo, cosa che ha permesso a Dwight di sciogliersi dall’abbraccio. Zabrina non ha cercato di stringerlo di nuovo a sé. Ormai era rassegnata alla sua partenza.

“Abbi cura di te”, le ha detto Dwight. “Maddox, anche lei mi mancherà molto.” Ha preso la valigia. “Saluti la signorina Marietta da parte mia, per favore. Le dica che le auguro ogni bene.”

Ha fatto un paio di passi indietro verso la porta, ma così incerti che per un momento ho pensato che avesse cambiato idea. E forse sarebbe stato proprio così se Zabrina non lo avesse guardato e non avesse detto, con una rabbia che davvero non mi sarei aspettato da lei in quel momento:

“Sei ancora qui?”

A quel punto Dwight si è voltato e se n’è andato.

Quattro

Ho passato qualche minuto a consolare Zabrina pur sapendo che niente di ciò che potevo dirle l’avrebbe confortata quanto il cibo. Le ho proposto un panino. Lei non si è rasserenata subito, ma vedendo gli sforzi che stavo facendo per prepararle qualcosa di buono, a poco a poco i suoi singhiozzi si sono affievoliti e le sue lacrime si sono asciugate. Alla fine quando le ho portato il mio capolavoro (prosciutto cotto, asparagi, cetriolini, un po’ di senape, un po’ di maionese), il suo umore era visibilmente migliorato.

Mentre cominciava a mangiare il panino, le ho portato una vasta selezione di dolci. Era talmente immersa in quei conforti culinari che dubito che si sia accorta che me ne sono andato.

Mi ero preparato una versione ridotta del panino che avevo offerto a Zabrina, e l’ho mangiato mentre mi lavavo, mi radevo e indossavo qualcosa di più presentabile dei miei vestiti stropicciati dal sonno. Quando ho finito di prepararmi era quasi buio. L’oscurità stava calando, così mi sono versato un bicchiere di gin e sono uscito in veranda per godermi l’ultima luce del giorno. Era una sera stupenda: il cielo limpido, l’aria immobile. Ho sorseggiato il gin e sono rimasto a guardare, ad ascoltare e a pensare: tanta parte di ciò che rende bellissimo PEnfant continuerà a esistere anche molto tempo dopo che questa casa sarà caduta. Gli uccelli canteranno ancora, gli scoiattoli faranno ancora le capriole, la notte scenderà ancora e le stelle continueranno a mostrarsi. Non si perderà niente di importante.

Mentre finivo il gin, ho sentito delle risate riecheggiare attraverso il prato; lontane all’inizio, ma poi sempre più vicine. Non ho visto nessuno ma non mi è stato difficile immaginare di chi si trattasse. Erano risate femminili rauche e sguaiate e provenivano da una decina di gole. Marietta aveva portato le invitate ai festeggiamenti delle nozze — o almeno parte delle invitate — lì all’Enfant.

Sono sceso in giardino. Il seno latteo della luna stava sorgendo, tondo e pieno. La luce che proiettava non era fredda e argentea ma gialla come il burro e raddolciva tutto ciò che illuminava.

Ho sentito la voce di Marietta che si levava al di sopra delle risate.

“Muovete il culo!” stava gridando. “Non voglio che nessuna si perda.”

Ho fissato lo sguardo sul punto buio tra gli alberi da cui sembravano provenire le voci, e qualche istante dopo è comparsa mia sorella mano nella mano con la sua Alice. Quasi subito sono comparse anche altre tre donne.

Qualche mese fa, sarei stato sbalordito all’idea che Marietta portasse così tante sconosciute sulla terra sacra dell’Enfant. Avrei considerato imperdonabile un gesto del genere. Ma che importanza aveva ormai? Meglio che qualcuno potesse ammirare il capolavoro di Jefferson prima che fosse distrutto, ed era chiaro che, anche da quella distanza, le amiche di Marietta, ora che potevano vedere la casa, erano rimaste senza parole. Le risate si sono interrotte di colpo; le donne si sono fermate, scambiandosi occhiate sbalordite.

“È qui che vivrete voi due stronze fortunate?” ha chiesto una delle tre donne.

“È qui che vivremo”, ha risposto Marietta.

“È bellissima…” ha detto un’altra. Ha fatto qualche passo verso la casa, un’espressione stupefatta sul volto.

Tra gli alberi hanno cominciato a risuonare altre risate e la luce della luna ha illuminato le ultime invitate ai festeggiamenti. Una di loro era a malapena vestita, una camicetta sbottonata e nient’altro dalla vita in giù. La sua compagna, una donna più anziana dai capelli grigi scarmigliati, era vestita in modo più formale ma la parte anteriore dell’abito era slacciata sui suoi grandi seni. Entrambe le donne camminavano barcollando e la più giovane si è lasciata cadere sull’erba quando ha visto la casa, smettendo di ridere all’improvviso. L’ho sentita esclamare:

“Oh cazzo, Lucy… non stava scherzando!”

La donna più anziana (Lucy, ho immaginato) l’ha raggiunta e la sua compagna le ha appoggiato la testa contro il grembo.

“Perché non ho mai nemmeno saputo che esisteva questo posto?” ha chiesto Lucy a Marietta.

“Era il nostro piccolo segreto”, ha risposto mia sorella.

“Ma adesso che sappiamo dov’è”, ha detto una delle donne, avvicinandosi a Marietta, “verremo a fare festa qui tutti i giorni.”

“Per me va benissimo”, ha risposto mia sorella. Si è voltata a guardare Alice e l’ha baciata sulla bocca. “Possiamo fare…” un altro bacio “… quel diavolo…” un altro bacio “… che vogliamo.”

Detto questo, lei e Alice si sono incamminate verso casa. Ho deciso che era arrivato il momento di andare a salutarle. Sono uscito sotto la luce della luna e ho chiamato Marietta.

Eddie! ” ha esclamato lei, spalancando le braccia. “ Eccoti! Guardaci! Siamo sposate! Siamo sposate!” L’ho raggiunta e ci siamo abbracciati. “Avete invitato anche il pastore a festeggiare?” le ho chiesto.

“Non abbiamo avuto bisogno di un pastore”, ha esclamato Alice. “Abbiamo pronunciato i voti davanti alle nostre amiche e davanti a Dio.”

“Poi ci siamo ubriacate”, ha aggiunto Marietta. “Ti voglio bene, Eddie. So che non te lo dimostro spesso ma…”

Io l’ho stretta con forza. “Sono fiero di te”, le ho detto.

Marietta si è voltata verso le sue arniche. “Ascoltate, ragazze! Voglio presentarvi mio fratello Eddie. È l’unico uomo sul pianeta che valga qualcosa.” Mi ha preso la mano. “Eddie, saluta le ragazze. Lei è Terri-Lynn…” Ha indicato una ragazza bionda che mi ha rivolto un cenno di saluto e un ampio sorriso. “E quella laggiù è Louise, ma non chiamarla così se non vuoi che ti prenda a calci in culo. Preferisce essere chiamata Louie. Poi non dirmi che non ti ho avvertito.”

Louie, che aveva un fisico da culturista, si è passata una mano tra i capelli e mi ha salutato. La donna accanto a lei, che aveva un’aria tanto dolce quanto quella di Louie era severa, si è presentata senza bisogno dell’aiuto di Marietta.

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