Fritz Leiber - Ombre del male

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Ombre del male: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo romanzo di uno dei «padri» della fantascienza, Fritz Leiber, assume oggi una modernità sconcertante, perché ha saputo esprimere nel modo più netto i dubbi e le perplessità dell’uomo contemporaneo di fronte a delle realtà che paiono inspiegabili. La scienza «ufficiale» riesce a giustificare compiutamente tutti i fatti che vediamo accadere intorno a noi? Forse molte risposte dovrebbero essere cercate in una conoscenza più antica e dimenticata, che poneva come chiave di volta dell’universo i poteri indefiniti della mente umana. Metà della razza umana, si chiede Fritz Leiber, pratica ancora, attivamente, le arti arcane? Forse tutte le donne sono streghe? Un uomo, un uomo moderno, che è uno studioso, è costretto a convincersi di sì: la sua stessa moglie ne è la prova. E non basta. Altre tre donne, mogli di suoi colleghi, fanno uso delle conoscenze scientifiche dei mariti, dando alla magia un impulso moderno, per assicurarsi successo e vantaggi materiali. Contendono l’una con l’altra. Esperimentano la loro forza. Si distruggono a vicenda invocando antiche forze del male. E quando egli costringe la moglie ad astenersi da tali pratiche, la rende inerme di fronte alle male arti delle altre.

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«Usando tanto la magia nera quanto quella bianca. A loro non importa se fanno soffrire, se torturano o se uccidono.»

«Perché sono diverse, perché sono così?»

«Le streghe sono come tutti gli altri individui. Ci sono i puritani, ci sono quelli che hanno il culto di se stessi, quelli che ingannano se stessi, quelli che credono che il fine giustifichi i mezzi.»

«Credi che tutte e tre siano in lega contro di te?»

«Sì.»

«Perché?»

«Perché mi odiano.»

«Per quale motivo?»

«In parte a causa tua e a causa del danno che una tua promozione infliggerebbe ai loro mariti e quindi anche a loro. Ma soprattutto mi odiano perché intuiscono che nel mio intimo sono di una classe diversa dalla loro. Avvertono che sebbene in superficie io mi conformi alla regola, in realtà io non ho il culto della rispettabilità. Le streghe, vedi, hanno tendenza ad adorare gli stessi idoli della gente. Temono me perché non mi inchino davanti a Hempnell, sebbene la signora Carr, credo, abbia anche un altro motivo per odiarmi.»

«Tansy» continuò e si fermò un attimo. «Tansy, per quale motivo credi che quelle tre donne siano delle streghe?»

«Perché è così.»

Vi fu un lungo silenzio nella stanza, mentre i pensieri di Norman giravano intorno all’argomento della paranoia. E poi: «Ma, Tansy, non vedi ciò che questa asserzione può implicare? Che tutte le donne sono delle streghe.»

«Sì.»

«Ma come puoi…»

«Zitto…» fu detto in un soffio, come un’uscita di vapore da un radiatore; ma mise a tacere Norman. «Eccola.»

«Chi?»

«La cameriera. Nasconditi e ti farò vedere qualcosa.»

«Nascondermi?»

«Sì» Tansy gli si fece incontro e lui automaticamente indietreggiò. La sua mano toccò una porta.

«L’armadio?» chiese, e s’inumidì le labbra.

«Sì, nasconditi lì dentro e ti farò una dimostrazione.» Norman udì un rumore di passi nel corridoio. Esitò, aggrottò la fronte, poi fece ciò che sua moglie gli chiedeva.

«Lascerò la porta semiaperta» disse. «Ecco, così.»

L’assenso meccanico del robot fu l’unica risposta. Udì che bussavano alla porta, poi i passi di Tansy e il rumore di una porta che si apre.

«Ha chiesto di me, signora?» Contrariamente alle previsioni di Norman, la voce era quella di una giovane. Pareva che deglutisse parlando.

«Sì, vorrei far lavare e stirare alcune cose mie. Sono cadute nell’acqua di mare. Le ho posate sull’orlo della vasca da bagno. Vada a prenderle.»

La figura della cameriera s’inquadrò nello spiraglio. Era carina, ma fra pochi anni sarebbe stata troppo grassa. Si era infilata un vestito, ma calzava delle pantofole e i suoi capelli erano disfatti, ribelli.

«Faccia attenzione all’abito, è di lana» disse Tansy e la sua voce era altrettanto neutra di quando si rivolgeva a Norman. «Voglio che siano pronte fra un’ora.»

Norman si aspettava un’obiezione da parte della ragazza.

«Benissimo signora» Uscì rapidamente dal bagno, con gli abiti umidi ammucchiati su un braccio, come se l’unico suo scopo fosse di allontanarsi prima che Tansy le rivolgesse la parola un’altra volta.

«Un momento, cara. Voglio farle una domanda.» La voce ora era più forte. Era l’unica differenza, ma ebbe l’effetto di un comando.

La ragazza esitò, poi si voltò di malavoglia e Norman poté vederne il viso. Non vedeva Tansy perché la porta dell’armadio gliela nascondeva ma vedeva la paura affiorare sul viso assonnato della ragazza.

«Si, signora?» riuscì a dire.

Seguì un notevole intervallo di tempo. Intuiva dal modo in cui la ragazza si raggomitolava e stringeva gli abiti contro il corpo, che Tansy aveva alzato gli occhi e la guardava.

Finalmente disse: «Lei conosce la Maniera Facile di Fare le Cose? Il modo di Ottenere e Conservare?»

Norman avrebbe giurato che la ragazza era trasalita alla seconda domanda. Ma scosse la testa rapidamente mormorando.

«No, signora, io non so di che cosa stia parlando.»

«Vuol dire che lei non ha mai imparato ad attuare un desiderio. Non ha mai fatto sortilegi, magie, fatture? Non conosce l’Arte

Questa volta il no fu appena udibile. La ragazza tentava di guardare altrove e non ci riusciva. «Lei mente.»

La ragazza si contorceva, le mani si contraevano sulle braccia. Pareva così terrorizzata che Norman ebbe quasi voglia di uscire dal suo nascondiglio e dire a sua moglie di smetterla. Ma la curiosità lo pietrificava.

La resistenza della ragazza cedette. «La prego, signora, non sono cose di cui si possa parlare.»

«A me lo può dire. Quali procedimenti usa?»

La perplessità della ragazza di fronte a quella parola nuova parve sincera.

«Non so niente di tutto questo, signora. Non faccio molto. Ma all’epoca in cui il mio fidanzato era sotto le armi, ho fatto diverse cose per impedire che fosse ucciso o ferito e l’ho stregato affinché stesse lontano dalle altre donne. Posso anche curare con le erbe. Francamente signora, faccio ben poco, e non mi riesce sempre. E ci sono tante cose che io non riesco ad ottenere in quella maniera.»

Le parole ora le sfuggivano di bocca.

«Benissimo. Dove ha imparato le magie?»

«Alcune dalla mia mamma, quand’ero bambina, altre dalla signora Neidel. Conosceva dei sortilegi contro i proiettili, le erano stati tramandati da sua nonna che aveva parenti in una qualche guerra europea, molti anni fa. Ma la maggior parte delle donne non dice nulla. Alcuni sortilegi me li invento io, li provo in un modo poi nell’altro, finché riescono. Ma non mi farà la spia, signora?»

«No. Mi guardi: cosa mi è successo?»

«Francamente, signora, io non lo so. Non mi obblighi a dirlo, la prego.»

La paura e la riluttanza della ragazza erano così sincere che Norman provò una certa collera verso Tansy.

Poi ricordò che quella cosa era sua moglie ed era incapace sia di gentilezza sia di crudeltà.

«Voglio che lei me lo dica.»

«Non so come dirglielo, signora, ma lei è… lei è morta. »

Improvvisamente si buttò ai piedi di Tansy. «La prego, oh, la prego! Non mi prenda la mia anima, la prego!»

«Io non le prenderò l’anima, sarebbe lei a fare un buon affare in questo caso. Ora può andare.»

«Oh, grazie, grazie!» La ragazza riprese a uno a uno gli abiti sparsi. «Glieli preparerò al più presto» E scappò via.

Solo al momento di muoversi, Norman si accorse che i suoi muscoli si erano intorpiditi per quei pochi minuti di osservazione clandestina. La figura impaludata negli asciugamani sedeva nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata qualche minuto prima, le mani giunte, gli occhi ancora fissi sul punto dov’era stata la cameriera.

«Se tu sapevi tutto questo» Norman le disse con semplicità, con la mente ancora agitata da ciò che aveva udito «perché hai abbandonato senza discussione le pratiche magiche quando te l’ho chiesto io la settimana scorsa?»

«Ogni donna ha due personalità.» Pareva una sibilla che pronunciava l’oracolo. «Una è razionale, come quella di un uomo. E l’altra… sa. Gli uomini sono creature artificialmente isolate, sono isole in un mare di magia, protetti dal loro raziocinio e dalle pratiche delle loro donne. Il loro isolamento infonde loro una maggiore energia di pensiero e di azione. Ma le donne hanno la conoscenza. Le donne potrebbero, apertamente, governare il mondo; ma del mondo non sanno che cosa farsene, né vogliono accettarne la responsabilità. Gli uomini possono imparare a superarle nell’arte della stregoneria. Anche oggi vi sono al mondo degli stregoni, ma pochi. La settimana scorsa ho intuito molte cose che non ho voluto dirti. Ma il mio lato razionale è ben ancorato nella mia personalità, e comunque volevo esserti vicina in tutto. Come molte altre donne io non ero sicura. E quando ho distrutto tutti gli amuleti e tutti i sortilegi, sono rimasta momentaneamente insensibile alla magia. Alla stessa stregua di chi è assuefatto a forti dosi di stupefacenti. Le piccole dosi non mi facevano nulla. Dominava in me il raziocinio. Per alcuni giorni ho goduto di una falsa sensazione di sicurezza. E durante il mio viaggio a Bayport ho appreso molto, in parte da ciò che Colui-che-cammina-dietro si è lasciato sfuggire.» Si fermò e aggiunse con un’infantile espressione di furbizia. «E adesso torniamo a Hempnell?»

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