James Herbert - La pietra della Luna

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La pietra della Luna: краткое содержание, описание и аннотация

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John Child è riuscito a sfuggire al terrore del suo passato. Sì è rifatto una nuova vita, ha riscoperto l’amore. Gli manca disperatamente sua figlia ma di certo non sente la mancanza dell’atroce incubo che si è lasciato alle spalle.
Poi, all’improvviso, tutto ricomincia.
Orribili visioni gli invadono la mente. Una cosa, una creatura incredibilmente forte ha invaso la sua coscienza e lo rende testimone, attraverso i suoi oechi, di assassinii brutali, di mutilazioni orrende.
Senza dubbio John ha un grande potere psichico, ma anche la cosa lo ha. E la cosa lo ha fiutato, è sulle sue tracce sempre più famelica...

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Le voci si fecero più forti, ma venivano sempre da dentro e non avevano a che fare con quella notte.

Sembrava che anche lei ascoltasse, ma lo colpì di nuovo, torturandolo con la mente. Dita crudeli e graffianti, che non erano vere, gli scavavano il volto, gli strappavano le carni. Ne sentiva la pressione ma non il dolore. Una strana vibrazione gli si propagava per tutto il corpo, come se gli scorresse nelle vene e nei nervi al tempo stesso. Le voci aumentavano e diminuivano d’intensità.

«Adesso basta, bello mio.» Udì il suo brontolio gracchiante. «Hai finito di giocare!»

Avanzò verso di lui, le grosse mani protese come morse.

La rabbia lo salvò. Serrò il pugno e colpì forte quel grosso viso carnoso. La prese sul naso ma lei voltò la testa attutendo il colpo. Sgorgò sangue dal suo labbro superiore.

Una delle grosse mani scansò facilmente la sua e poi lei gli fu sopra, schiacciandogli il corpo con il suo peso ingombrante. Il respiro le raschiava in gola. Una manaccia gli premette contro il mento spingendogli la testa all’indietro tanto che era certo che gli si sarebbero spezzate le ossa del collo. La colpì di nuovo al viso ma lei pareva non sentire i colpi. Cercò di divincolarsi, ma lei era troppo forte. La sua schiena fece un arco all’indietro, oltre il parapetto e lui sentì il vuoto aprirglisi sotto.

Tentò di prendere inutilmente a calci l’obeso corpaccio della donna. La mente gli si raggelò. Stava per morire.

Curiosamente si accorse della brezza che gli sfiorava una guancia, ed era conscio dell’abisso alle sue spalle. Aveva gli occhi pieni di immagini della bianca luna sopra di lui, i cui contorni ora gli sembravano sfuocati mentre impassibile illuminava la scena. Sentì il puzzo fetido del suo alito, caldo e amaro per lo sforzo, e l’odore del suo corpo, rancido e sporco. I suoi sensi erano così acutamente scoperti che i suoi pensieri si mescolavano a quelli di lei, le loro psiche individuali quasi fuse in una, e lui la conobbe allora, riconobbe la sua follia, si ritrasse quando gli parve quasi di caderci anche lui. E facendo retrocedere la mente si accorse che le voci stridule erano anche nella sua mente, le udiva anche lei.

Aveva quasi perso l’equilibrio. Lei lo teneva sollevato contro il muretto. Ma si era distratta, cercava con lo sguardo le voci. Scrutò in fondo alla diga, bianca struttura massiccia contro il buio.

Childes riuscì a toccare terra con la punta dei piedi, girò la testa nella stessa direzione, ne seguì lo sguardo.

Vide delle forme annebbiate che si avvicinavano.

* * *

Arrivavano dalla notte come lembi di foschia, nebulosi e vaghi, appena un accenno di fisicità che attraversava l’aria, sottili forme eteree senza sostanza.

Ma le voci che Childes sentiva gemere dentro la propria coscienza erano le loro.

Dapprima sembravano un unico essere, un delicato banco di nebbia che si muoveva lentamente lungo la cresta della diga, ma poi avevano preso a separarsi, a dipanarsi in strutture plastiche individuali, entità separate. Ognuna con una propria forma distinta dalle altre.

La presa della donna si allentò, e sul volto grasso e gonfio si dipinse un’espressione perplessa. Ma era assai più che un’incertezza sorpresa, le sue reazioni erano diverse. Childes lo sentiva attraverso la sua mente; era un tremore, una vena di paura. Si liberò della presa e scivolò sul cemento, i polsi stremati dalla fatica, le spalle addossate pesantemente al muretto.

Lei non si era nemmeno accorta del suo divincolarsi, tanto era assorta nell’osservazione di quegli spettri trasparenti. Aveva le ciglia aggrottate che formavano profonde fenditure nella pelle grassa. Teneva le mani chiuse davanti a sé come se stringesse ancora Childes. Fece un passo all’indietro, il corpo obeso posto ad angolo rispetto ai fantasmi avanzanti, solo la testa era sempre voltata nella loro direzione.

Erano sempre più vicini. Childes era indebolito, come se quelle forme incorporee gli succhiassero le forze, sfruttassero la sua energia: ma anche la pazza stava indebolendosi poiché quegli esseri suggevano anche la sua forza.

Cominciò a capire che cosa aveva voluto dire quando aveva descritto il loro potere come meraviglioso. Ma aveva capito veramente quanto poteva essere meraviglioso? Ormai diventava chiaro che cosa fossero queste apparizioni che si andavano lentamente consolidando. Brividi elettrici gli percorsero il corpo e si lasciò andare contro il parapetto.

La donna, la creatura oscena che gli stava di fronte, era in piedi al centro del passaggio come un monolite basso e largo; la luce della luna illuminava le forme pallide che avanzavano, sempre meno incorporee, sempre più vicine.

Il primo era un ragazzo, poco più di un bambino. Un bambino pallido ed emaciato. Un bambino le cui carni erano esangui, gli occhi senza vita e che tremava di freddo. Un piccolo bambino cui era stato squartato lo stomaco, lembi di pelle penzolavano nel vuoto. Aveva la bocca spalancata e dentro c’era della terra, e delle pallide larve che sempre si nutrono di cadaveri. Le labbra decomposte si muovevano senza emettere suoni eppure si udivano le parole.

«I ammeo» disse il ragazzo, le parole smozzicate nella testa di Childes e della donna, come se i vermi che mangiavano la sua lingua rosicchiassero annche i suoi irreali pensieri.

«I ammeo.» (Ridammelo.)

«O oio iietro.» (Lo voglio indietro.)

La mano scheletrica si protese cercando il cuore che gli era stato rubato.

La donna barcollò e stavolta fu lei ad aggrapparsi al parapetto. Ma un’altra figura eterea si fece avanti dietro al bimbo; era una donna, aveva il rossetto sulle guance come se una mano violenta glielo avesse spalmato sul viso. Il mascara le scorreva giù in grossi rivoli nerastri, dandole l’aspetto di un pagliaccio miserabile, buono solo per spaventare dei bambini. Come il bimbo era nuda, il busto aperto dallo sterno al pube; non aveva seni, al loro posto solo due ferite sanguinolenti. Dei punti di sutura grossolani si erano lacerati e lasciavano uscire vari oggetti, oggetti ridicoli, ma di cui nessuno era in vena di ridere: una spazzola, una sveglietta, uno specchietto, persino una radiolina a transistor. Si tirò i lembi della ferita come fa una donna con un cardigan quando ha freddo.

Negli occhi dal trucco sbavato un odio terribile per quella donna che le aveva torturato il corpo in quel modo, senza averne ancora pagato il prezzo.

La donna infagottata nella giacca a vento alzò una delle sue orrende, grasse mani come per allontanarli.

Ma ecco giungere un vecchio a inserirsi tra la prostituta grottesca e il bimbo tremante. Un sogghigno laido sul suo viso avvizzito. Un pigiama gli pendeva addosso dal corpo smunto, un bagliore negli occhi folli, ma uno sguardo pieno di una sorta di vitalità perversa. Sangue seccato gli macchiava il viso pallido, e la testa gli terminava un paio di centimetri al di sopra delle ciglia, segata via anch’essa, e piena di piccoli esseri che succhiavano e si nutrivano dell’ammasso gelatinoso. Balbettava continuamente cose senza senso come se quei parassiti gli avessero già messo fuori uso il cervello così esposto.

La donna gridò, un suono folle come il borbottio del vecchio, e Childes si ritrasse, rifiutandosi di credere ma sapendo che cosa stava accadendo.

Ora toccava alla donna gridare. «Non può essere vero!»

Le figure nebulose la accerchiarono, strappandole i vestiti, graffiandole la faccia con le unghie. Il bambino si mise in punta di piedi allungando una mano verso le nere cavità degli occhi come se gliene volesse strappare uno.

Lei lo respinse, ma lui si rifece sotto, e rideva dell’osceno gioco. La trascinarono in ginocchio, o forse cadde lei per la paura, e agitò le braccia gridando continuamente. «Non siete veri! Non potete esserlo!»

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