Stai sbiadendo, mia cara, le disse allegramente, col pensiero. Assumi tinte cupe. Ti stai vestendo per un funerale?
Poi, per qualche tempo, lesse più sistematicamente Megalopolisomanzia. Mio Dio, certo che il vecchio De Castries ci sapeva fare, ad assumere toni d’erudizione apocalittica. Per esempio:
In ogni periodo storico ci sono sempre state una o due città appartenenti al genere mostruoso, come Babele ovvero Babilonia, Ur-Lhassa, Ninive, Siracusa, Roma, Samarcanda, Tenochtitlan, Pechino; ma noi viviamo nell’epoca delle metropoli (o delle necropoli), in cui queste maledizioni gravide di disastri sono numerose e minacciano di congiungersi e di avviluppare il mondo nella sostanza funebre ma multipotente delle città. Abbiamo bisogno di un Pitagora Nero perché spii la maligna disposizione delle nostre mostruose città e i loro immondi canti urlati, così come il Pitagora Bianco spiava la disposizione delle sfere celesti e le loro sinfonie cristalline, venticinque secoli fa.
Oppure, con un ulteriore accenno alla sua specifica varietà di occultismo:
Poiché noi moderni uomini delle città abitiamo già nelle tombe e siamo abituati in un certo senso alla mortalità, sorge la possibilità di un indefinito prolungamento di questa morte vivente. Eppure, sebbene accettabile, sarebbe un’esistenza morbosa e desolata, senza vitalità e senza pensiero, solo con la paramentazione, e i nostri principali compagni sarebbero entità paramentali di origine azoica, più maligni dei ragni e delle donnole.
E come poteva essere la “paramentazione”? si chiese Franz. Trance? Sogni ispirati dall’oppio? Fantasmi frementi e tenebrosi, sorti dalla privazione sensoriale? O qualcosa di totalmente diverso?
Oppure:
L’elettromefitica sostanza delle città di cui parlo ha la potenzialità di produrre effetti immensi in tempi lontani e in località remote, perfino nel lontano futuro e su altri mondi, ma per ciò che riguarda le manipolazioni necessarie per la loro produzione e il loro controllo non intendo analizzarle in queste pagine.
Wow! come dice l’esclamazione oggi popolare, un po’ consunta ma espressiva. Prese una delle vecchie e fragili riviste e provò la tentazione di leggere il meraviglioso racconto fantastico di Smith La città della fiamma cantante, in cui immense metropoli si muovono e si combattono. Ma mise da parte la rivista, con decisione, e prese invece il diario.
Smith (Franz era sicurissimo che si trattasse di lui) era rimasto certamente molto colpito da De Castries (anche nel caso del “Tiberio” del diario, Franz era sicuro che si trattasse del vecchio occultista), come ne sarebbe rimasto colpito anche Franz se avesse potuto conoscerlo, cinquant’anni prima. Ed era evidente che Smith aveva letto Megalopolisomanzia. Franz pensò che, molto probabilmente, la copia in suo possesso era appartenuta a Smith. C’era un brano caratteristico, nel diario:
Tre ore, oggi, a Rodi 607, col sempre più infuriato Tybalt. Non ho potuto resistere di più. Per metà del tempo ha inveito contro i suoi accoliti traditori, per l’altra metà mi ha gettato sprezzantemente in faccia brandelli di verità paranaturali. Ma quali brandelli! La sua osservazione sul significato delle strade diagonali! Quel vecchio diavolo vede chiaramente le città e le loro infermità invisibili; è un nuovo Pasteur, ma dei morti viventi.
Dice che il suo libro è roba per i bambini dell’asilo, ma il nuovo materiale (il nucleo e la ragione e il modo di operare) lo tiene chiuso nella sua mente e nel Grande Cifrario a cui fa solo accenni. Qualche volta lo chiama (il Cifrario) il “Libro cinquanta”, sempre che io non mi sbagli e che siano la stessa cosa. Ma perché cinquanta?
Dovrei scriverne a Howard: resterebbe sbalordito e… sì!… trasfigurato: tutto conferma e illumina l’orrore decadente e putrescente che lui trova in New York e in Boston e perfino in Providence (non è colpa della presenza di levantini e di mediterranei, ma di paramentali che vengono percepiti solo vagamente!) Ma non sono sicuro che lo sopporterebbe. Anzi, se è solo per questo, non so quanto posso ancora sopportarne io. E se mi perito di accennare al vecchio Tiberius la possibilità di condividere la sua conoscenza paranaturale con altri spiriti affini, assume l’aria feroce del suo omonimo negli ultimi giorni a Capri e ricomincia a inveire contro quelli che secondo lui l’hanno deluso e tradito nell’Ordine Ermetico da lui creato.
Anch’io dovrei tirarmene fuori: ho tutto quello che mi serve, e ci sono molte storie che gridano a piena voce di venire scritte. Ma posso rinunciare all’estasi suprema di udire ogni giorno dalle labbra del Pitagora Nero qualche nuova verità paranaturale? È come una droga indispensabile. Chi può rinunciare a una simile immaginazione? Soprattutto quando l’immaginazione è la verità.
“Paranaturale” è soltanto una parola: ma quanto significa! Il sovrannaturale è solo un sogno di vecchie donnicciole, di preti e di scrittori dell’orrore. Ma il paranaturale! E fino a che punto potrò resistere? Potrei reggere al pieno contatto con un’entità paramentale senza impazzire?
Oggi, mentre tornavo indietro, mi sono accorto che i miei sensi subivano una metamorfosi. San Francisco era una meganecropoli vibrante di paramentali ai confini della visibilità e dell’udibilità, e ogni isolato era un cenotafio surreale in cui si potrebbe seppellire un Dalì, e io ero uno dei morti viventi, consapevole di tutto con fredda gioia. Ma adesso ho paura perfino delle pareti di questa stanza!
Franz guardò, con una risata, la parete scialba accanto al letto, sotto l’esile disegno della torre della TV sullo sfondo rosso fluorescente, e commentò, rivolgendosi alla sua Amante dello Studioso: — Certo che era parecchio agitato, non credi, cara?
Poi tornò a riflettere. L’“Howard” nominato nel diario doveva essere Howard Phillips Lovecraft, col suo riprovevole ma innegabile odio per lo sciame degli immigrati che, secondo lui, minacciavano le tradizioni e i monumenti del suo amatissimo New England e dell’intera costa orientale. (E Lovecraft non ha revisionato i racconti di un tale che si chiamava Castries? Caster? Carswell?) Lui e Smith erano legati da un’amicizia epistolare. E l’allusione al Pitagora Nero bastava da sola a dimostrare che l’autore del diario aveva letto il libro di De Castries. E quei riferimenti a un Ordine Ermetico e a un Grande Cifrario (o “Libro cinquanta”) stuzzicavano l’immaginazione. Ma Smith (e chi poteva essere, se non lui?) era evidentemente terrorizzato, non meno che affascinato, dai deliri del suo eccentrico mentore. Lo si capiva ancor più chiaramente dall’annotazione successiva.
Mi hanno inorridito le parole con cui oggi Tiberius ha accennato trionfalmente alla scomparsa di Bierce e alla morte di Sterling e di Jack London. Non solo ha detto che si è trattato di suicidi (e io lo smentisco categoricamente, soprattutto nel caso di Sterling), ma che nelle loro morti c’erano altri elementi… elementi di cui quel vecchio diavolo sembra vantarsi !
Ridendo, ha detto: “Puoi stare sicuro di una cosa, ragazzo mio: tutti se la sono vista molto brutta, paramentalmente, prima di venire spenti o spinti nei loro grigi inferni paramentali. È molto doloroso, ma è la sorte comune dei Giuda… e dei piccoli ficcanaso”, ha aggiunto, guardandomi con minaccia da sotto le sopracciglia, bianche e cespugliose.
Che mi abbia ipnotizzato?
Perché continuo a recarmi da lui, ora che le minacce sono più numerose delle rivelazioni? Quel vago riferimento alle tecniche per fornire una traccia, un odore alle entità paranormali… è chiaramente una minaccia.
Franz aggrottò la fronte. Conosceva abbastanza bene il brillante circolo letterario che si riuniva a San Francisco all’inizio del secolo e sapeva che un numero stranamente elevato dei suoi membri aveva fatto una fine tragica: tra gli altri, lo scrittore di storie macabre Ambrose Bierce, sparito nel 1913 nel Messico dilaniato dalla rivoluzione; London, morto d’uremia e di avvelenamento da morfina poco tempo dopo; e il poeta fantastico Sterling, morto avvelenato negli anni Venti. Si ripromise di chiedere altre informazioni su quel cenacolo letterario a Jaime Donaldus Byers, alla prima occasione.
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