Charles Grant - La carezza della paura

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La carezza della paura: краткое содержание, описание и аннотация

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Quale sarà la prossima vittima dello squartatore, il mostro del New Jersey? Il timido Donald Boyd, capace di parlare solo con creature immaginarie di sua invenzione, assalito dal mostro, viene salvato da uno stallone nero che da allora lo difenderà sempre, apparendo dal nulla. Per Donald è la lotta contro una nuova inspiegabile ossessione.

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Il bastardo, pensò, e annuì. La giusta scelta di parole. La madre viveva da sola per la maggior parte del tempo e non c’era nessuno che andasse a rivendicare la paternità su quel mostro. Prese mentalmente nota di rivelare a Candy la verità e trasalì al pensiero che chiunque, e prima di ogni altro lei, poteva citarlo in giudizio.

Sorrise e si accarezzò i baffi. Che cosa avrebbe pensato Brian se avesse saputo che il suo flaccido professorino di chimica maltrattava regolarmente sua madre; che cosa avrebbe fatto quel gnigno senza collo se avesse saputo che nella collezione di fotografie che teneva in cantina ce n’era una serie a colori che ritraevano inequivocabilmente sua madre?

Probabilmente cercherebbe di torcermi il collo, pensò, o di tagliarmi le palle.

«Signor Hedley?»

Cancellò dalla mente l’immagine di Brian Pratt con la bava alla bocca per rimpiazzarla con una più realistica e molto più piacevole, quella di Chris Snowden, che si trovava di fronte alla porta con una pila di libri in braccio.

«Signor Hedley, voleva questi dalla biblioteca?»

Era sul punto di negare, quando improvvisamente si ricordò della ricerca che aveva assegnato come compito per la lezione dell’indomani, e annuì, prese i libri con un cenno di ringraziamento e spalancò la porta come se volesse sorprendere la classe in chissà quale cattivo atteggiamento.

Chris gli fissò la schiena e gli disse mentalmente di andarsene all’inferno prima di voltarsi e di dirigersi nuovamente verso la biblioteca che stava dalla parte opposta del palazzo. Anche se era estremamente noioso spostare i libri da uno scaffale all’altro, ascoltando le necessità di qualche stronzo che voleva un determinato autore e qualche opera di riferimento, era un modo per starsene lontana per almeno quarantacinque minuti dagli insegnanti e dai ragazzi che cercavano di spogliarla senza alzare un dito e per evitare che le ragazze la catalogassero come la classica bionda superdotata e oca.

Inoltre, in questo modo, poteva fare i compiti prima di andare a casa, il che le consentiva di lavorare a pieno ritmo sul suo piano, una volta finite le lezioni.

Quel giorno però stava pensando a quale ragione addurre per giustificare la sua presenza quando fosse comparsa a casa dei Boyd. Aveva pensato di prendere nota dei compiti che Don aveva mancato restando a casa, per poi recitare la parte della Buona Samaritana portandoglieli di persona, ma con il fatto che l’indomani le lezioni finivano prima del solito avrebbe scoperto il suo gioco, perché la maggior parte della scuola non si stava preoccupando dei compiti. Poi si era domandata se c’era qualcosa, nell’ufficio di fronte, che avrebbe potuto servirle, qualcosa che ancora non era riuscita a capire.

In un certo senso, l’idea di vedere Don cominciava a eccitarla. Aveva sentito diverse versioni pittoresche di ciò che lui aveva fatto allo Squartatore e, pur ridimensionando tutte le chiacchiere, doveva essere stata una bella battaglia; e pensare che si sarebbe detto incapace di passare anche sopra l’ombra di Brian senza rompersi una gamba.

Le apparenze, pensò; l’apparenza è tutto, quello era un argomento in cui era più preparata di chiunque altro.

Forse la cosa migliore era di presentarsi a casa Boyd dicendo semplicemente che voleva sapere come stava Don e chiedendo se poteva vederlo per qualche minuto per portargli i falsi saluti da parte dei suoi amici.

A volte, Chris, esageri un po’, lo sai questo? Esageri veramente troppo.

Fu allora che spinse la porta girevole e sentì un tonfo e un verso, e alzò lo sguardo verso le piccole finestre orlate di gomma.

Oh, Cristo! e i suoi occhi si chiusero brevemente quando il signor Boyd abbassò la maniglia per uscire.

«Accidenti, mi scusi», disse, mettendogli una mano casuale sul braccio. «Mi dispiace davvero, signor Boyd, veramente. Non stavo guardando, non l’ho fatto apposta.»

Lui sorrise e si strofinò la spalla mestamente. «Credo che sopravviverò, Chris. Non ti preoccupare.»

«Sinceramente, non l’ho fatto apposta, davvero.»

«D’accordo, non prendertela tanto», le rispose, sorridendo al suo imbarazzo che sfiorava il comico. «Non sono stato ferito a morte. Sopravviverò. Cerca solo di tenere la testa alta d’ora in poi, okay? Vorrei arrivare intero alla fine dell’anno.»

Il suo tocco sulla spalla della ragazza fu più una leggera carezza che una pacca e poi sparì, lasciandola bestemmiare contro se stessa per essersi lasciata sfuggire la prima opportunità di ottenere qualche punto con il vecchio. Avrebbe potuto fingere una ferita momentanea, avrebbe potuto cadergli fra le braccia; ma, ormai, l’opportunità era completamente sfuggita, se l’era bruciata.

«Merda!»

«Signorina Snowden!» la rimproverò la bibliotecaria da dietro la scrivania.

Vaffanculo, vecchia puttana, la maledì mentalmente; se non altro io ho scopato ben più di una volta negli ultimi vent’anni.

Si diresse verso il retro della stanza, prese una pila di libri e si preparò a riordinarli prima del suono dell’ultima campana. Avrebbe dovuto fermarsi a casa per cambiarsi d’abito, per mettersi qualcosa da eliminare con facilità nel caso si fosse presentata qualche occasione. E più ci pensava, più si riscaldava, più l’eccitazione cresceva nel petto andando a centrarsi sotto la pancia. Era pazzesco, ma avrebbe fatto qualche stupidaggine se non fosse uscita rapidamente.

Sistemò rumorosamente un libro. Poi un altro, e altri quattro. Andava su e giù tra gli scaffali, senza preoccuparsi delle occhiate che riceveva per via del rumore che stava facendo. Senza preoccuparsi di sistemare le pagine spiegazzate e dello scricchiolio delle ruote del carrello nel quale aveva messo i libri.

Non poteva andarsene. Doveva restare e fare la brava ragazza, e confondersi con i suoi compagni di classe finché non avesse avuto in pugno quelli che contavano.

«Ehi, sta’ attenta a quello che fai.»

Alzò gli occhi e vide la mano lentigginosa di Fleet Robinson proprio nel punto in cui stava sistemando un libro di storia.

«Scusa.»

«Non c’è problema», le rispose Fleet tra un libro e l’altro. «Andrai al concerto questa sera?»

Guardò di sottecchi verso la bibliotecaria. «Diavolo, no.»

«Nemmeno io. Ti va di andare al cinema?»

«Diavolo, no.»

Lui scrollò le spalle e lei si allontanò alla svelta. L’invito era stato fatto con molta gentilezza, ma lei aveva visto il fantasma di Mandy negli occhi del ragazzo. Non parlerebbe d’altro, pensò, e non aveva intenzione di sprecare una serata a giocare all’amico confessore con un moccioso addolorato.

Fece un altro passo all’indietro e vide gli occhi di Fleet spalancarsi in segno di avvertimento, ma era troppo tardi. Si voltò e, nel movimento, finì sui piedi di Norman Boyd.

«Oh, Dio», mormorò.

Norman aggrottò la fronte. «È un tentativo di assassinio, vero, signorina Snowden?»

«Signor Boyd…» Alzò le mani, scosse il capo e lui le toccò nuovamente la spalla prima di prendere il libro che voleva dallo scaffale. Poi uscì dalla stanza, voltandosi a guardarla, mentre lei era sul punto di piangere. Un sorriso e sparì nel suo ufficio, senza preoccuparsi di lamentarsi. L’aveva fatto deliberatamente per vedere le sue reazioni, per sentire la seta al tatto. Perfettamente legittimo, a meno che lei non fosse più seria di quanto non si raccontasse in giro.

Problemi, Norm, pensò lui entrando dalla sua porta privata; ci saranno problemi piccanti se non fai più che attenzione.

Squillò il telefono e si ritrovò a parlare con Tom Verona, spiegandogli che suo figlio era rimasto a casa per ordine del medico, ma che sembrava essere tornato alla normalità, tutto sommato. No, il ragazzo non aveva detto niente a proposito dello Squartatore e non aveva nemmeno menzionato degli incubi. Gli sembrava, però, che il detective non stesse molto bene. Verona gli spiegò di aver passato una nottata burrascosa. Boyd gli chiese di quella birra che si erano promessi a vicenda e Verona suggerì di andare a berla l’indomani dopo la partita, proponendogli di trovarsi in qualche punto dello stadio. Norm accettò di buon grado. Dopo aver riattaccato, Norm rabbrividì in direzione del telefono. Quell’uomo sembrava stare malissimo e rimpianse immediatamente di aver accettato l’invito — avrebbe dovuto ascoltare per tutta la sera una serie di problemi matrimoniali.

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