Dopo l’ora di educazione fisica, Don riuscì ad avvicinare Fleet, durante la doccia, vincendo l’imbarazzo di trovarsi di fronte a un ragazzo nudo per la prima volta in vita sua. Gli ci volle qualche secondo per smettere di fissare quella coltre di lentiggini che ricopriva il viso di Fleet.
«Ehi, Fleet, Trace … sai se è la ragazza di Brian?»
«Trace? Passami il sapone, amico, puzzo come un maiale: Tracey Quintero, la figlia del poliziotto?»
«Già.»
«No. Da ciò che ho sentito dire, non sta con nessuno.»
«Non scherzare.»
«Amico, curati quell’occhio! Mettici sopra una bistecca o qualcosa del genere, altrimenti diventerai cieco, sicuro come l’oro. Cristo, Brian sa essere … lascia perdere. Ehi, ti interessa Trace?»
«Non lo so. Ehi, Fleet, andiamo, quello è il mio sapone. Non darlo a tutti quanti.»
«Sai, faresti meglio a prendere in considerazione Chrissy Snowden, amico. Non osare dire ad Amanda che te l’ho detto io, mi taglierebbe le palle, ma è un gran bel pezzo di ragazza, non so se sei d’accordo.»
«Forse.»
«Forse? Cristo, Don, vuoi dire che non ti è mai capitato di pensare a quella gattona?»
«Io…»
«Donny, sei davvero senza speranza. Sei una persona in gamba, ma sei davvero senza speranza.»
«Lo credo anch’io.»
«È un bene che non ti sia scontrato con quel tipo che ha fatto fuori quel ragazzo. Con tutta probabilità, l’avresti invitato a cena. Sei un buon diavolo, Don, ma hai bisogno di un po’ di grinta, capisci ciò che intendo? Ci vuole una buona dose di resistenza intestinale quando si tratta di affrontare il mondo reale.»
«Me la cavo anche da solo, e ridammi il sapone, maledizione.»
«Credo che sia meglio per te se racconti a tutti di esserti fatto quell’occhio nero in una rissa. Ci guadagneresti un po’ di rispetto e avresti tutte le donne che vuoi, non so se capisci.»
«È un po’ troppo tardi, ormai.»
«Non è mai troppo tardi per dire qualche bugia, non so se capisci.»
«Sì, capisco.»
«E poi, da ciò che ho sentito dire, sotto quei bei maglioncini di Tracey, c’è il sogno di un falegname — è piatta come una tavola.»
Don non era sicuro se si trattava di un incubo o di un sogno. Camminò per il resto della settimana con un leggero sorriso stampato sul viso e aveva una buona parola per tutti, incluso Brian Pratt; non era arrossito nemmeno quando Chris gli era andata vicina nell’ingresso della scuola per sfiorargli la guancia con un dito, sussultando alla vista del bozzo rosso che aveva sull’occhio e augurandosi, con tono caldo e suadente, che non gli facesse troppo male; anche se si era messo a balbettare qualche cosa alla ricerca di una risposta, lei non si era messa a ridere, si era limitata a sorridere e se n’era andata, salutandolo con l’occhiolino. D’altro canto, non aveva sentito una sola parola degli insegnanti ed era stato ripreso due volte per essere stato sorpreso a sognare a occhi aperti durante le lezioni. L’annuncio di Falcone secondo cui la correzione dei compiti in classe sarebbe stata ultimata per la settimana seguente non riuscì a metterlo in agitazione; non notò lo sguardo di Hedley fino a un’ora più tardi; quando gli insegnanti lo scuotevano dal suo sguardo fisso, non si rendeva conto di quello che stavano spiegando; gli dicevano tutti che era un maleducato e che avrebbero fatto rapporto in direzione e, quando Tar Boston gli pasticciò l’armadietto con la penna, giovedì, si limitò a scrollare le spalle e ad andarsene senza prendere i libri.
Non stava bene. Si stava comportando come un pazzo, lo sapeva, ma non poteva farci niente. Stava cominciando a rimpiangere quell’invito affrettato, eppure tra una lezione e l’altra coglieva l’occasione per gironzolare tra le classi nel tentativo di captare lo sguardo di Tracey, per ammiccarle in modo casuale, per offrirle un semplice sorriso e per ricordarle con una sola occhiata l’appuntamento che si erano dati.
Non l’aveva mai vista.
Fino a venerdì a mezzogiorno non era riuscito ad avvicinarla quel tanto per farle un cenno e stava cominciando a convincersi che lo stesse evitando, imbarazzata per non essere riuscita a inventarsi una scusa abbastanza valida per annullare l’appuntamento. Sapeva, senza ombra di dubbio, che avrebbe trovato un messaggio che lo aspettava a casa — le era venuto il mal di testa, doveva andare dal parrucchiere, doveva tornare da sua nonna a Long Island e doveva partire subito dopo la scuola. Al termine dell’ultima lezione era sicuro che Brian l’avrebbe convinta ad accettare la sua compagnia, facendo qualche classica battutina su Paperino e, siccome lui era quello che era, non faceva nessuna differenza che i suoi sentimenti venissero urtati.
Mentre ammucchiava i libri nell’armadietto, gli venne quasi voglia di piangere; nel dirigersi verso l’uscita laterale per poi correre sul vialetto, fu quasi sul punto di urlare il nome di Tracey. Ma si trattenne. Anche quella era una regola — nessuno diceva niente se era sua madre a urlare, a piangere, ma lui non poteva farlo. E nemmeno suo padre. Controllati e risolvila da te, gli aveva detto suo padre; controllati e risolvila da te. È così che si comporta un uomo.
Controllati.
Risolvila da te.
E fu solo a metà scala che gli venne in mente che quello doveva essere il suo ultimo giorno di punizione.
Al diavolo; non sarebbe rimasto. Per nessun motivo al mondo avrebbe accettato di restare seduto in una stanza ammuffita, a fissare il soffitto mentre la vita gli sfuggiva dalle mani. Afferrò la ringhiera e proseguì per le scale, più lentamente, ascoltando il rumore che i tacchi facevano sui profili di ferro dei gradini. No; doveva correre. Doveva pensare. E per pensare, doveva correre.
«Don?»
Suo padre era sul pianerottolo in basso, accanto a Gabby D’Amato, il capobidello. Diede un’occhiata all’orologio e poi alzò lo sguardo facendo un’espressione fintamente ironica.
«Non ti stai dimenticando qualcosa?»
Si sentì il viso in fiamme e avrebbe voluto dire a suo padre di piantarla, di prendere la punizione e di impiccarsi, perché lui non se la meritava di certo e non aveva fatto niente. Ma chi era suo padre per permettersi di giocherellare con la sua vita?
E voleva gridare, perché cazzo il vecchio non gli si levava di dosso e andava a mettere sotto pressione qualcun altro, tanto per cambiare?
Avrebbe voluto dirlo.
Stava per riuscirci.
Ma poi gli venne da pensare a che cosa sarebbe successo a casa, a quello che avrebbe detto sua madre, a come lo avrebbe trattato suo padre.
Controllati, risolvila da te.
Merda, pensò; oh, merda.
E poi fece un sorriso da agnellino e tornò verso l’armadietto per prendere qualcosa da leggere. Da sotto arrivava il chiacchierio dei due uomini, che ridevano serenamente, si sentì anche la pacca che Norman batté sulla spalla ossuta del vecchio bidello. Se ci fosse stato il cavallo nero, pensò mentre tornava nell’ingresso, li avrebbe sbattuti al muro senza pensarci un secondo.
A cena, sembrò quasi di essere tornati ai vecchi tempi. Suo padre era in vena e sua madre squittiva eccitata, parlando dell’incontro del comitato che aveva avuto luogo quella sera stessa a scuola, per cui non ebbe la possibilità di raccontare loro quello che gli era successo dopo la punizione.
Prima Tar e Brian.
Li aveva incontrati nel corridoio, lo avevano immobilizzato in un angolo e lo avevano preso a manate sulle spalle, intervallate da qualche pugno leggero sul braccio.
«Ehi, stronzo», aveva detto Tar, di umore nero almeno quanto i suoi capelli, «stai cercando di cacciarci nei guai?»
«Che cosa?»
Brian, convinto com’era che il suo viso dai lineamenti duri e decisi e che i suoi capelli biondo stoppa lo facessero assomigliare a un marine, l’aveva preso per la cintura e l’aveva tirato violentemente verso di sé. «Tuo padre ha fatto quattro chiacchiere con noi, amico. Ci ha detto di non fare più cosacce nell’aula di Hedley.»
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