Prill aveva scoperto il meccanismo che catturava i contravventori delle leggi sul traffico. Sperava di attirare qualche persone civile, per non restare sola.
— Accidenti — sbottò Louis, — ma allora perché ha lasciato crepare tutta quella gente?
— Hai dimenticato che è completamente folle?
— E Teela Brown? Che cosa ne ha fatto?
— Gliel’ho chiesto. Dice di non averla mai vista.
Speaker tornò dal labirinto. Si pulì la pelliccia che, dopo la bruciatura, gli stava crescendo lentamente. — Per qualche giorno abbiamo da mangiare — disse. — L’uccellaccio è sistemato.
— Diamoci da fare — disse Louis Wu. — Dobbiamo alleggerire il palazzo. Dobbiamo ridurre il peso almeno della metà.
— E in che modo?
— Tagliando la base.
Louis e Speaker erano sdraiati sul pavimento della piattaforma di osservazione. Guardavano dentro le celle buie.
— Comincia tu — disse Louis.
Lo kzin fece fuoco due volte.
All’interno delle celle echeggiò un tuono. A una parete si aprì un punto luminoso come un lampo, proprio sotto il soffitto. Il punto si spostò lentamente, lasciando dietro di sé una scia fiammeggiante.
— Fallo a fette — ordinò Louis. — Se quella massa cade tutta d’un colpo, tremeremo come le pulci di un cane tosato di fresco.
Speaker si mise di traverso per tagliare la parete da un’altra angolazione.
L’edificio rollò paurosamente, e la prima fetta di cavi e costruzione plastica si staccò cadendo in un rovinio di polvere e macerie.
Louis si attaccò al pavimento. Attraverso lo squarcio apparvero la luce del sole, la città e la gente.
Louis vide un altare di legno e un oggetto in metallo a forma di rettangolo sormontato da un arco parabolico. Lo vide per poco perché un pezzo di parete andò a sbattervi contro, schizzando schegge. La gente si era già volatilizzata.
— Poveretti — disse rivolgendosi a Nessus, — in una città vuota, a chilometri di distanza dai campi. Dev’essere un giro che fanno tutti i giorni. Cosa ci stavano a fare lì?
— Adorano la dea Halrloprillalar. Sono loro che le procurano da mangiare.
— Ci saranno dei feriti.
— Può darsi.
— Mi è sembrato di vedere Teela, in mezzo a loro.
— Sciocchezze. Vogliamo provare la forza motrice?
Il volociclo del burattinaio era coperto da un mucchio di gelatina plastica trasparente. Nessus era di fianco al quadro dei controlli che era stato lasciato scoperto. La finestra panoramica offriva una spettacolare veduta della città con i moli, le torri del Centro Civico e una giungla dilagante che una volta doveva essere stato un parco.
Louis si mise in posizione di riposo. Dando l’esempio al suo equipaggio, il comandante stava piantato a gambe larghe sul ponte. I motori a razzo danneggiati potevano esplodere al primo colpo di propulsione. Ma si doveva tentare il tutto per tutto. Le navi da guerra kzinti dovevano essere fermate prima che raggiungessero la Terra!
— Non funzionerà mai — disse Louis Wu.
— Perché no? Non è uno sforzo eccessivo…
— Un castello volante! Adesso mi rendo conto di che razza di pazzia è tutta questa storia! A casa, al suono di fanfara, su un pezzo di grattaglielo… — L’edificio si spostò facendo barcollare Louis. Nessus aveva acceso il propulsore.
La città slittò via oltre la finestra, aumentando la velocità. Poi rallentò. Raggiunsero la velocità massima di cento miglia orarie e il palazzo era equilibrato come una roccia.
— Abbiamo piazzato il volociclo al punto giusto — disse Nessus. — La struttura non tende a ruotare.
— È sempre una fesseria.
— Se funziona non è una fesseria. Allora, dove si va?
Louis taceva. Sembrava pensare ad altro.
— Louis, dove andiamo?
— Verso Starboard.
— D’accordo.
— Dobbiamo passare vicino all’Occhio. Poi vira di quaranta gradi verso Antispinward.
— Vuoi ritornare al Paradiso?
— Sì. Ce la fai a ritrovarlo?
— Non credo che ci siano difficoltà. Siamo arrivati qui in tre ore. A tempo di volo, lo raggiungeremo in trenta ore. E dopo?
— Dipende.
L’idea era frutto di pura deduzione e di un’immaginazione fertile, forse… ma chiarissima. Louis aveva una spiccata tendenza a sognare a occhi aperti, e a colori.
Una immagine chiara, ma era reale?
La sua fiducia nel grattacielo volante era andata a farsi benedire. Tuttavia volava.
— Il mangia-erba sembra soddisfatto di stare ai tuoi ordini — fece Speaker.
Il volociclo ronzava tranquillo a qualche metro da loro. I contorni del paesaggio scorrevano oltre la finestra. L’Occhio fissava su di loro il suo sguardo grigio.
— Il mangia-erba è completamente pazzo — disse Louis. — Secondo me, tu hai molto più buon senso.
— Niente affatto. Se hai qualcosa per la testa, sono con te. Ma se c’è da lottare, ne voglio sapere qualcosa di più.
— Già.
— Parla chiaro. Devo decidere se lasciarmi coinvolgere o no.
— Ben detto.
Speaker aspettava.
— Stiamo correndo dietro al filo delle zone d’ombra. Ti ricordi quel cavo che abbiamo urtato quando le difese meteoriche ci hanno abbattuto? Pioveva sulla città, dopo, e non finiva mai. Doveva essercene migliaia di milometri, più di quanto ce ne serve, per quello che ho in mente.
— Cioè?
— Prendercelo. I nativi sono pericolosi, ma ce lo daranno a condizione che Prill parli con loro e che Nessus usi il tasp.
— E cosa ce ne faremo?
— Scopriremo a che grado di pazzia sono arrivato.
Il pezzo di grattacielo filava diritto a Starboard. Le navi spaziali non erano tanto ampie, e quanto alle navi normali non ce n’era una paragonabile a quella. Sei ponti da scalare! Che lusso!
Mancava qualcosa. La scorta dei viveri consisteva in carne surgelata, frutta facilmente deteriorabile, e la cucina del volociclo di Nessus che forniva cibo con uno scarso potenziale nutrivo per gli umani. Perciò la colazione e il pranzo di Louis erano a base di carne arrostita al raggio del laser a flash, e di rossi frutti bitorzoluti.
Niente acqua, e quanto al caffè neanche parlarne.
Prill pescò qualche bottiglia di bevande analcoliche e organizzarono una cerimonia di battesimo, un po’ in ritardo, nella sala del ponte di comando. Speaker si era messo gentilmente al muro. Prill gironzolava con aria circospetta vicino alla porta. Nessuno aveva apprezzato il suggerimento di Louis di battezzare la torre Improbable , e di battesimi ne fecero quattro, uno dopo l’altro, e in lingue diverse.
Il battesimo si trasformò in una lezione di lingue. Louis imparò i primi rudimenti della Lingua degli Ingegneri. Si accorse che Speaker imparava molto più velocemente di lui. Tutti e due gli alien si erano già esercitati nelle lingue umane, imparandone i diversi modi di pensare e le limitazioni che comportavano. Per loro si trattava solo di ripetere quel processo.
Fecero una pausa per pranzare e Nessus mangiò servendosi dalla cucina del suo volociclo. Louis e Prill mangiarono carne arrostita. Speaker quella cruda, in disparte.
Ripresero la lezione di lingue. Louis era annoiato. Gli altri due erano tanto più progrediti di lui da farlo sentire come un deficiente.
— Ma dobbiamo imparare! Siamo costretti a rifornirci di cibo. Avremo a che fare con i nativi.
— Lo so, ma le lingue non mi sono mai andate a genio.
Cominciò a imbrunire. Anche a quella distanza dall’Occhio, la coltre di nubi era fitta, e la notte buia come le fauci di un drago. Louis propose di interrompere la lezione; era stufo e irritabile, incerto di se stesso. Gli altri lo lasciarono in pace.
Tra dieci ore avrebbero attraversato l’Occhio dell’uragano.
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