Larry Niven - I burattinai

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Sulla scia di Robert Heinlein e di Isaac Asimov, Larry Niven ha costruito una serie di racconti e romanzi che costituiscono un coerente e dettagliato affresco dell’avvenire dell’uomo nello spazio.
I Burattinai Qui Niven ci narra la storia del viaggio esplorativo organizzato dalla buffissima e misteriosa razza dei “burattinai” (specie di centauri paranoici con tre gambe, senza testa, e con due braccia su cui si ergono due busti separati) con la complicità di alcuni terrestri verso il Mondo ad Anello, un gigantesco anello che orbita intorno a una stella lontana, con un’area pari a tre milioni di volte quella della Terra e pieno di fantastiche meraviglie come antiche rovine, castelli fluttuanti nell’aria e strane razze barbare. Un romanzo bizzarro e affascinante: una creazione indimenticabile e una pietra miliare della fantascienza moderna.

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Il volociclo di Teela! Doveva essere rimasto nascosto dietro a uno dei veicoli più ingombranti. Teela era certamente precipitata quando il volociclo si era rivoltato, oppure era stata sbalzata via quando il campo sonico si era interrotto di colpo?

Nessus l’aveva detto. Non ci si può fidare della sua fortuna. E anche Speaker. Se le manca la fortuna ancora una volta sola, muore.

Doveva essere morta, per forza.

Sono venuta con te perché ti amo.

— Che razza di scalogna avermi incontrato — disse Louis Wu.

Si rannicchiò sul duro pavimento. Si risvegliò dopo qualche ora. I muscoli gli dolevano ancora e si sentiva la vescica gonfia. Aveva un tanfo, addosso, che lo nauseava. La fossa gli servì per risolvere in maniera pratica uno dei problemi, e l’acqua del volociclo del burattinaio gli ripulì la porcheria dalle maniche. Poi scese zoppicando una rampa di scale per cercare la cassetta di pronto soccorso del suo volociclo.

Non era una semplice scatola di medicinali; preparava le dosi su ordinazione e faceva la diagnosi. Era un’apparecchiatura completa. Ma era bruciata.

La luce stava diminuendo lentamente.

Intorno alla botola di ogni cella c’erano dei pannelli trasparenti, e Louis si distese a terra per guardarvi dentro. Vide un letto, e una toeletta di foggia particolare. La luce del giorno s’infiltrava nella stanzetta attraverso una finestra.

— Speaker — chiamò Louis.

Irruppero dentro usando il disintegratore. La finestra era larga e rettangolare, un lusso singolare per una cella carceraria. Il vetro non esisteva più, a parte qualche frammento aguzzo che spuntava dall’intelaiatura. Era fatta apposta per schernire il prigioniero, per fargli sospirare la libertà?

Cominciava a imbrunire e l’ombra avanzava come una cortina nera. Dirimpetto c’era il porto con i magazzini e i moli in sfacelo. Nel bacino di carenaggio, un’enorme nave sembrava uno scheletro.

A sinistra e a destra, una spiaggia sinuosa si allungava per miglia e miglia e, al di là della distesa sabbiosa, altri moli e ancora spiaggia.

Più in là, una distesa interminabile che si perdeva in lontananza sull’orizzonte-infinito. Era come guardare sull’Atlantico.

Sopraggiunse da destra una nuvola di polvere densa. Le ultimi luci del Centro Civico brillavano in contrasto con l’oscurità in cui erano già immersi la città, i moli e l’oceano.

Speaker, intanto, si era impadronito del letto della cella.

Louis sorrise. Come sembrava pacifico lo kzin guerriero. Voleva dimenticare le sue ferite nel sonno? Le bruciature lo avevano indebolito. Magari cercava di dormire per scordarsi la fame.

Nel buio della prigione ritrovò il veicolo di Nessus. Riuscì a buttare giù uno dei panini destinati all’esofago del burattinaio, senza curarsi dello strano sapore. Accese i fanali di Nessus. Se ne andò alla ricerca degli altri volocicli, e accese anche quelli. Adesso la prigione era abbastanza illuminata.

Come mai Nessus ci metteva tanto ?

In fin dei conti, Nessus non era un semplice alien. Era un burattinaio di Pierson con un curriculum lungo tre chilometri di manipolazioni degli esseri umani, sempre per scopi personali. Se avesse solo trovato un punto di contatto con un Ingegnere del Mondo ad Anello, era capace di piantare Louis Wu e Speaker senza neanche pensarci un momento. Di scrupoli doveva averne pochini.

Loro due sapevano troppo. Con la morte di Teela, solo Speaker e Louis erano a conoscenza degli esperimenti dei burattinai sull’evoluzione prestabilita delle loro razze. L’esca per i semi delle stelle, le Leggi sulla Fertilità… se Nessus aveva ordine di divulgare informazioni così importanti allo scopo di controllare le reazioni del suo equipaggio, altrettanto facilmente aveva l’incarico di abbandonarli a un certo punto del viaggio.

Louis aveva sospettato un comportamento del genere da quando Nessus aveva ammesso che erano stati i burattinai a guidare con un’esca per i semi stellari una nave Outsider verso Procione.

Per occupare il tempo entrò in un’altra cella spaccandone le serrature col laser. La botola si sollevò. Uscì un tanfo insopportabile. Louis infilò la testa, trattenendo il fiato. Lì dentro era morto qualcuno, dopo che l’areazione era cessata. Un cadavere piegato su se stesso, contro la finestra, teneva ancora in mano una brocca. La brocca era spezzata, ma la finestra era rimasta intatta.

La cella vicina era vuota. Louis ne prese possesso.

Aveva girato attorno alla fossa per trovare una cella con la veduta verso Starboard; davanti a lui si vedeva l’uragano di vortici che, anche alla distanza di duemilacinquecento miglia, aveva dimensioni impressionanti. Un enorme occhio azzurro e meditabondo.

E dietro all’Occhio vide un triangolo minuscolo, color grigio brillante.

— Uhm — fece Louis piano. Era proprio un triangolo piazzato nel grigiore caotico dell’orizzonte-infinito. Allora là era ancora giorno, sebbene lui stesse guardando a Starboard…

Il binocolo gli rivelò ogni particolare, nitido e netto come i crateri della Luna. Un triangolo irregolare con la base marrone rossiccio e l’apice lucente come neve sporca. Era Pugno-di-Dio. Sì, era molto più grande di quanto non pensassero; per essere visibile a quella distanza, la montagna doveva addirittura sporgere al di sopra dell’atmosfera.

Dopo il disastro della Liar , i volocicli avevano volato per centocinquantamila miglia; Pugno-di-Dio doveva avere un’altitudine di mille miglia. Louis fischiò, e puntò di nuovo il binocolo.

— Salute, Louis — ruggì Speaker-agli-Animali. E gli mostrò una carcassa sanguinolenta che aveva le dimensioni di una capra. Con un solo morso staccò un pezzo di carne che sarebbe bastata per fare una bistecca alla Chateaubriand. I denti gli servivano più a frantumare le ossa che a masticare.

Risuonarono dei passi.

Doveva avere la mania di cambiarsi d’abito, pensò Louis. Adesso indossava un ricco mantello a pieghe grigio e arancione.

Lo kzin gli allungò una zampa sanguinante, con lo zoccolo e la pelle ancora attaccati: — Ne ho messo da parte un pezzo per te. È morto da un po’, ma non importa. Sbrighiamoci. Il mangia-erba non ci vuole vedere, mentre mangiamo carne.

— Il mangia-erba non ci può vedere.

— Sì, invece. Sta guardando il panorama dalla mia finestra.

Louis sgranò gli occhi: — Vuoi dire che è tornato?

— Certo.

Louis rimase incerto per un attimo. Poi si decise. Prima di parlare con il burattinaio, era meglio rimettersi in forze. Addentò la carne. Non ne ebbe nausea né schifo. Aveva fame.

Per rispetto ai gusti vegetariani di Nessus, gettarono le ossa dalla finestra, sopra la città. Nessus si affacciò alla porta. Annusò l’aria che sapeva di carne.

— Bene. La ragazza è condizionata solo in parte — disse.

— Un momento. Chi è?

— Un’astronauta. Fa parte di una nave-sperone.

— È lei che ci ha intrappolati come topi?

Nessus non rispose. Aveva un atteggiamento ambiguo.

LA RAGAZZA CHE VIENE DA OLTRE IL BORDO

— Hai parlato con la ragazza? Hai fatto amicizia? Che cosa ti ha detto? Chi è?

— Troppe domande — rispose Nessus. — Vi dirò tutto a suo tempo.

— Bene — disse Louis polemicamente. — La ragazza è tua personale proprietà, evidentemente.

— Non vuole vedere Speaker. Le fa paura.

— Ha paura anche di me? Sono un umano come lei… — sbuffò Louis. Poi si calmò: — Coraggio Nessus, puoi dirci liberamente quel che hai deciso con la ragazza.

— Non ho deciso niente. Ma forse può toglierci dagli impicci.

— E in che modo?

— Si chiama Halrloprillalar Hotrufan. Ha viaggiato per duecento anni su una nave-sperone, la Pioneer , percorrendo un ciclo che comprende quattro stelle oltre al suo sistema originario. Prima che l’Anello venisse costruito, quei cinque mondi erano sovrappopolati da umani. Ora sono abbandonati come gli altri, coperti dalla vegetazione selvaggia e dalle macerie delle città.

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