Larry Niven - I burattinai

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Sulla scia di Robert Heinlein e di Isaac Asimov, Larry Niven ha costruito una serie di racconti e romanzi che costituiscono un coerente e dettagliato affresco dell’avvenire dell’uomo nello spazio.
I Burattinai Qui Niven ci narra la storia del viaggio esplorativo organizzato dalla buffissima e misteriosa razza dei “burattinai” (specie di centauri paranoici con tre gambe, senza testa, e con due braccia su cui si ergono due busti separati) con la complicità di alcuni terrestri verso il Mondo ad Anello, un gigantesco anello che orbita intorno a una stella lontana, con un’area pari a tre milioni di volte quella della Terra e pieno di fantastiche meraviglie come antiche rovine, castelli fluttuanti nell’aria e strane razze barbare. Un romanzo bizzarro e affascinante: una creazione indimenticabile e una pietra miliare della fantascienza moderna.

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La fortuna di Teela Brown.

IN TRAPPOLA

Speaker fece scattare la sirena d’allarme. L’ululato andava e veniva su frequenze multiple. Louis era curioso di sapere se il burattinaio avrebbe risposto. Nessus stava già urlando: — Pronto! Pronto!

— Ci stanno attaccando — gli spiegò Speaker. — Qualcosa trascina i nostri veicoli. Cosa suggerisci?

Era impossibile indovinare i pensieri di Nessus. Le sue numerose labbra si contraevano nervosamente senza dire parola. Era in grado di aiutarli? O si sarebbe lasciato prendere dal panico?

— Inserite i videofoni. Siete feriti?

— No, ma siamo bloccati — rispose Louis. — Non possiamo saltare giù dai volocicli perché siamo troppo alti e troppo veloci. Ci stanno portando verso il gruppo di palazzi illuminati, ti ricordi?

— Sì. — Il burattinaio stava riflettendo. — Dev’essere un segnale clandestino sovrapposto a quelli dei nostri strumenti. Speaker, dammi i dati.

Speker glieli passò, mentre si avvicinavano sempre più al centro della città.

A un certo punto Louis li interruppe. — Stiamo passando sopra la zona periferica con le strade illuminate.

— Sei sicuro che si tratti di lampade stradali?

— Sì e no. Tutte le porte delle case riflettono una forte luce arancione. Credo che sia l’illuminazione stradale. L’energia si è indebolita.

— Siamo diretti al grande edificio centrale.

— Lo vedo. Un doppio cono illuminato in cima.

— Proprio quello.

— Proviamo a interferire nel segnale clandestino. Louis, collega il tuo volociclo al mio.

Louis aprì il circuito di collegamento. Sentì che il volocicli sbatteva violentemente. Subito dopo mancò l’energia.

Intorno a lui cominciarono a esplodere i palloni frenati. Lo stringevano come un paio di mani giunte. Louis era immobilizzato, non riusciva a muovere le mani né a girare la testa.

— Sto cadendo — riferì. Gli era rimasta la mano sulla leva del circuito di collegamento, schiacciata sotto la pressione dei palloni. Louis attese ancora, nella speranza che il circuito resistesse. Ma le case si stavano avvicinando troppo. Fu costretto a guidare a mano.

Non successe nulla, continuava solo a cadere.

Con un tono tranquillo, frutto di pura millanteria, disse a Speaker: — È inutile che colleghi il circuito, tanto non funziona — e rimase col viso impassibile e gli occhi ben aperti. Si aspettava che il Mondo ad Anello lo colpisse a morte.

Il volociclo frenò e capotò, lasciando Louis a testa in giù, sotto un peso di cinque gravità.

Perse i sensi.

Rinvenne. Era ancora a testa in giù, trattenuto fra i palloni. La testa gli batteva. Ebbe la folle visione del Grande Burattinaio che imprecava cercando di non ingarbugliare i fili della marionetta Louis che, intanto, ciondolava a testa in giù.

La parte inferiore del palazzo, formato da un cono rovesciato, spalancò una fessura orizzontale. I volocicli vennero calamitati, inghiottiti, inglobati nell’interno. I palloni strinsero anche Speaker. Il terrestre aggrottò le sopracciglia con maligna soddisfazione: era tanto avvilito che la compagnia di un’altra marionetta gli faceva piacere.

— Sono palloni che formano un campo elettromagnetico — stava spiegando Nessus. — Sostengono i metalli, ma non il protoplasma. Il risultato è che ora siete penzoloni.

— Consolante lezione teorica — commentò Louis. Si dimenò per liberarsi. Ma temette di precipitare, e si fermò.

Alle loro spalle, l’apertura orizzontale si chiuse sull’oscurità completa. Speaker ebbe un urlo spaventoso: — Accidenti, il motore scotta. Deve essere bruciato… Addio volocicli!

Louis si sforzava di vedere qualcosa. Poteva girare la testa, ma le guance gli fregavano la pelle della faccia. Senza speranza, allungò la mano verso il cruscotto. Trovò l’interruttore e due fanali sprigionarono fasci di luce bianchissima contro la parete ricurva.

Una dozzina di veicoli pendevano dal soffitto invisibile. Alcuni sembravano zaini-jet a propulsione. Altri erano aerocar, fra i quali spiccava una specie di autocarro volante dalla carcassa trasparente.

— I campi elettromagnetici dei vostri volocicli — diceva Nessus, — sono saltati.

— Una prigione — disse Louis a fior di labbra. Si sentiva la testa gonfia.

— Se è una prigione — brontolò lo kzin — come mai non c’è nemmeno un paralizzatore?

— Meglio così — intervenne il burattinaio. — Forse potrai usare la scavatrice Slaver.

Louis si guardò intorno. Uno degli zaini-jet, di tipo arcaico, era occupato da uno scheletro paurosamente candido. Uno scheletro umano, vestito con abiti vivacemente colorati.

Gli altri veicoli erano vuoti. Le ossa dovevano essere state eliminate. Louis vide sotto di sé diverse botole, e alcune scale a chiocciola che portavano a una costruzione concentrica. Le porte non potevano che essere quelle di celle.

Non era il caso di meravigliarsi se uno solo degli uomini attaccati agli zaini aveva avuto paura di staccarsene. Tutti gli altri, intrappolati nelle loro macchine, avevano preferito una caduta veloce piuttosto che aspettare di morire di sete.

— Non riesco a capire su che cosa si possa usare il disintegratore — disse Speaker.

— Invece io ci ho riflettuto.

— Scavare un buco nella parete non serve a niente. Idem per il soffitto, che non riuscirebbe a raggiungere comunque. Se colpisco il generatore del campo che ci trattiene, piomberemo da un’altezza di trenta metri. E se non lo fa, rimarremo qui appesi aspettando di morire di fame o finché non decideremo di darci l’addio e buttarci dai volocicli.

— Sì.

— Tutto qui? Solo sì?

— Uno di voi mi deve descrivere che cosa vede attorno a sé. Io vedo soltanto una parete ricurva.

Fecero a turno per descrivergli il gruppo conico di celle che intravedevano nel debole fascio di luci; anche Speaker accese i suoi fari, migliorando la situazione.

Ma quando finirono di elencare ogni cosa, erano ancora intrappolati, penzolanti su un trabocchetto mortale.

Louis sentiva l’urlo che ribolliva nel più profondo del suo essere, ancora controllato ma sempre più impellente. Presto sarebbe esploso… Gli venne il dubbio che Nessus volesse abbandonarli. Esistevano un sacco di ragioni perché il burattinaio se ne lavasse le mani, e nessuna perché li salvasse.

A meno che non s’illudesse ancora di trovare dei nativi civilizzati.

— I veicoli sospesi in aria e lo scheletro indicano che non c’è nessuno incaricato al funzionamento dei meccanismi — disse Speaker pensoso. — I campi che ci hanno incastrato devono avere raccolto alcuni veicoli dopo lo spopolamento della città. Ma a quel tempo, sull’Anello, non esistevano più veicoli. Quindi questi macchinari funzionano ancora perché l’energia non si è esaurita.

— Può darsi — disse Nessus. — Però ti avviso che qualcuno sta controllando la nostra conversazione.

Louis drizzò gli orecchi. Quelli di Speaker si aprirono a ventaglio. — Ci vuole una tecnica eccellente per intercettare un circuito chiuso.

— Riesci a capirci qualcosa?

— Conosco solo la sua provenienza. L’interferenza parte proprio da un punto vicino a voi. Magari la spia è sopra la vostra testa.

Louis tentò di guardare in alto. Niente da fare. Era sempre capovolto, con due palloni che lo premevano da ogni lato. — Allora, abbiamo trovato la civiltà — disse a voce alta.

— Forse. Lasciami pensare…

Il burattinaio se ne uscì a fischiettare musica di Beethoven, o dei Beatles. Secondo Louis, stava componendo per conto suo. Lo zufolamento non finiva più. Louis cominciava a sentire la testa battergli furiosamente.

Dopo un alternarsi di speranza e disperazione, il burattinaio si fece vivo di nuovo: — Niente disintegratore. Louis Wu, tocca a te. Discendi dalle scimmie, quindi ti arrampichi meglio dello kzin.

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