Larry Niven - Ai confini di Sol

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Larry Niven

Ai confini di Sol

Tre mesi bloccato su Jinx.

Per i primi due mesi feci il turista. Non andai mai a vedere le regioni ad alta pressione intorno all’oceano perché l’unico modo per arrivarci sarebbe stato partecipare a un safari con i carri armati da caccia. Però viaggiai nei territori abitabili sulle due parti del mare, la Fascia Est civilizzata, la Fascia Ovest che è una frontiera in fase di sviluppo. Girai per La Zona Estrema Est, con una tuta pressurizzata; feci il giro delle distillerie e delle altre industrie del vuoto, e contemplai l’immensità arancione del Primario, l’enorme gemello di Jinx.

Passai gran parte del secondo mese tra l’Istituto della Conoscenza e il Camelot Hotel. Il turismo aveva perso tutto il suo fascino.

Per me non è una cosa insolita. Sono un turista nato. Però…

La gravità di Jinx, 1,78 g , imponeva irragionevoli restrizioni all’eleganza e all’ingegnosità dell’architettura. Gli edifici delle fasce abitabili sono tutti eguali: tozzi e massicci.

Le Zone Estreme Est ed Ovest, le regioni del vuoto, non sono molto diverse da quelle di una luna industrializzata. Ed io non ho mai avuto la passione per le visite alle fabbriche.

In quanto alle rive dell’oceano, gli unici veicoli che ci vanno lo fanno per dar la caccia ai bandersnatchi. I bandersnatchi sono vere curiosità della natura: enormi, intelligenti limacce bianche grosse come montagne. Danno la caccia ai carri armati. Ci sono restrizioni rigorose per l’equipaggiamento che i carri armati possono portare, secondo accordi stretti fra gli uomini e i bandersnatchi, e così i bandersnatchi vincono all’incirca il quaranta per cento dei duelli. Io non volevo saperne.

E tutte le mie attività turistiche dovevano svolgersi in una gravità tre volte superiore a quella del mio mondo natio.

Passai il terzo mese a Sirius Mater, quasi sempre nel Camelot Hotel, che ha generatori di gravità in quasi tutte le stanze. Quando uscivo, lo facevo con un divano fluttuante. Passavo come un invalido in mezzo ai jinxiani che mi guardavano con aria divertita. O era uno scherzo della mia immaginazione?

Ero in una sala dell’Istituto della Conoscenza quando m’imbattei in Carlos Wu, che stava passando i polpastrelli su una scultura tattile kdatlyno.

Carlos, un uomo bruno e snello, con le spalle strette e i capelli neri e lisci, era agile come una scimmia in condizioni di gravità normali. Ma su Jinx usava un divano da viaggio identico al mio. Studiava i busti tenendo la testa inclinata da una parte. E io studiavo la sua schiena, sicuro che non poteva essere lui.

— Carlos, non dovresti essere sulla Terra?

Sobbalzò. Ma quando il divano girò, lui sorrideva allegramente. — Bey! Potrei dire lo stesso di te.

Era vero e lo ammisi. — Ero diretto alla Terra, ma quando tutte quelle navi hanno incominciato a sparire nei dintorni del sistema di Sol il comandante ha cambiato idea e si è diretto verso Sirio. Cosa potevamo fare noi passeggeri? E tu? Come stanno Sharrol e i bambini?

— Sharrol sta benone e i bambini stanno benone, e tutti aspettano che tu torni a casa. — Carlos stava ancora passando le dita sulla scultura tattile di Lloobee intitolata Eroi , e ne tastava la consistenza calda e carnosa. Eroi era una scultura tattile molto insolita; aveva anche effetti visivi. Carlos studiò i due busti umani poi disse: — Quella è la tua faccia, vero?

— Già.

— Non che sia mai stato tanto bello in tutta la tua vita. Come mai uno kdatlyno ha scelto Beowulf Shaeffer come eroe classico? Per via del nome? E l’altro chi è?

— Te lo racconterò un’altra volta. Carlos, che cosa ci fai qui?

— Ho… ho lasciato la Terra un paio di settimane dopo la nascita di Louis. — Era imbarazzato. Perché? — Non avevo lasciato la Terra da dieci anni. Avevo bisogno di cambiare aria.

Ma se ne era andato poco prima che dovessi tornare a casa io. E… qualcuno non aveva detto, una volta, che Carlos Wu era leggermente affetto dalla fobia dei terrapiattai? Incominciai a capire che cosa non andava. — Carlos, tu hai fatto un favore enorme a me e a Sharrol.

Rise, senza guardarmi. — Molti uomini hanno ucciso altri uomini, per favori del genere. Ho pensato che fosse… più delicato… non farmi trovare al tuo ritorno a casa.

Adesso era chiaro. Carlos era lì perché la Commissione Fecondità della Terra non voleva accordarmi una licenza di paternità.

Non si può dar torto alla Commissione, in verità, se cerca tutti i pretesti per ridurre il numero dei genitori produttivi. Io sono albino. Volevo Sharrol e Sharrol voleva me; ma tutti e due volevamo aver figli e Sharrol non può lasciare la Terra. Soffre della fobia dei terrapiattai, il terrore delle atmosfere sconosciute e dei giorni alterati e della gravità cambiata e del cielo nero sotto i piedi.

L’unica soluzione che avevamo trovato era stata chiedere aiuto a un buon amico.

Carlos Wu è un genio registrato con una resistenza incredibile alle malattie e alle lesioni. Ha una licenza di paternità illimitata, che oltre a lui, sulla Terra, tra tutti i diciotto miliardi di abitanti, hanno soltanto in sessanta. Riceve proposte del genere ogni settimana… ma è un buon amico, e aveva accettato. Negli ultimi due anni Sharrol e Carlos avevano avuto due figli; e quelli adesso aspettavano sulla Terra che io tornassi per far loro da padre.

Provavo soltanto gratitudine, per ciò che aveva fatto per noi. — Ti perdono le tue strane idee sulla delicatezza, — dissi in tono magnanimo. — Dunque, dato che siamo bloccati su Jinx, posso farti da guida? Ho conosciuto gente interessante.

— Come sempre. — Carlos esitò, poi: — Per la verità, non sono bloccato su Jinx. Mi hanno offerto un passaggio per tornare a casa. Forse riuscirò a far accettare anche te.

— Oh, davvero? Non sapevo che ci fosse qualche nave in partenza per il Sistema di Sol, di questi tempi. O dal Sistema di Sol.

— Questa nave appartiene a un funzionario del governo. Hai mai sentito parlare di un certo Sigmund Ausfaller?

— Mi sembra, vagamente… Aspetta! Ehi! L’ultima volta che ho visto Sigmund Ausfaller, aveva appena messo una bomba a bordo della mia nave!

Carlos mi guardò sbattendo le palpebre. — Vuoi scherzare?

— No.

— Sigmund Ausfaller fa parte dell’Ufficio Affari Alieni. Mettere le bombe a bordo delle navi spaziali non è una delle sue funzioni.

— Forse l’ha fatto mentre era fuori servizio — dissi io, malignamente.

— Be’, non mi sembra proprio che saresti entusiasta di dividere una cabina con lui. Forse…

Ma mi era venuto in mente qualcosa d’altro, e non c’erano altri modi di venirne fuori. — No, andiamo a parlare con lui. Dove possiamo trovarlo?

— Al bar del Camelot — disse Carlos.

Comodamente sdraiati sui nostri divani da viaggio, scivolammo sui cuscini d’aria attraverso Sirius Mater. Gli aranci che fiancheggiavano i viali erano scorciati dalla gravità: i tronchi erano coni tozzi, e le arance, sui rami, non erano molto più grandi di palline da ping-pong.

Il loro mondo li aveva modificati, come i nostri mondi hanno modificato voi e me. Una civiltà sotterranea e una gravità di zero virgola sei mi hanno fatto diventare pallido e magro, alto ed esile. I jinxiani che incontravamo erano bassi e tozzi, e sembravano mattoni: tutti, uomini e donne. In mezzo a loro i pochi stranieri apparivano sorprendentemente diversi quanto un kdatlyno o un burattinaio di Pierson.

E così arrivammo al Camelot.

Il Camelot è basso, a due piani, e si estende come una piovra cubista su alcuni ettari nel centro di Sirius Mater. Quasi tutti i forestieri alloggiano lì, perché nelle stanze e nei corridoi c’è il controllo della gravità, e poi è vicino all’Istituto della Conoscenza, il più bel museo e il più efficiente complesso di ricerca dello spazio umano.

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