— Sicuro, Charlie, sarebbe magnifico. — E lo pensavo davvero. — Hai deciso dove andare?
— Diavolo, non m’importa. Basta andarmene da qui.
— Chissà se Paradiso è ancora…
— No. — Charlie indicò il barista con il pollice. — Ci abita lui.
— Non so. Credo che deva esserci un elenco.
Un uomo entrò nella taverna, spingendo un carrello carico di fascicoli. — Maggiore Mandella? Capitano Moore?
Siamo noi — disse Charlie.
— Questi sono i vostri documenti militari. Spero che li troverete interessanti. Sono stati trasferiti su carta quando la vostra Forza d’Attacco è rimasta la sola che doveva ancora tornare, perché sarebbe stato poco pratico tenere in funzione le normali reti informative per così pochi dati.
Precorrevano sempre le tue domande, anche quando non ne avevi da formulare.
Il mio fascicolo era cinque volte più spesso di quello di Charlie. Probabilmente era più grosso di quello di chiunque altro, poiché a quanto pareva ero l’unico militare sopravvissuto per tutta la durata della guerra. Povera Marygay. — Chissà che razza di rapporto aveva redatto su di me il vecchio Stott. — Aprii il fascicolo.
Fissato alla prima pagina c’era un quadratino di carta. Tutte le altre pagine erano candide, ma quello era ingiallito dal tempo, e si andava sbriciolando agli orli.
La grafia era familiare, troppo familiare anche dopo tanto tempo. La data era di 250 anni prima.
Rabbrividii e mi sentii accecare improvvisamente dalle lacrime. Non avevo mai avuto motivo di credere che lei fosse ancora viva. Ma non avevo mai saputo veramente che fosse morta, prima di vedere quella data.
— William? Che cosa…
— Lasciami stare, Charlie. Per un minuto solo. — Mi asciugai gli occhi e chiusi il fascicolo. Non avrei neppure dovuto leggerlo, quel biglietto. Ora che mi avviavo verso una nuova vita, dovevo abbandonare i vecchi fantasmi.
Ma anche un messaggio dall’oltretomba era una specie di contatto. Riaprii il fascicolo.
11 ottobre 2878
William…
tutto questo è nel tuo fascicolo personale. Ma dato che ti conosco, so che saresti capace di buttarlo via. Voglio essere sicura che tu riceva questo biglietto.
Evidentemente, sono sopravvissuta. Forse sopravviverai anche tu. Raggiungimi.
Ho saputo dalla documentazione che sei andato a Sade-138 e che non tornerai per un paio di secoli. Non è un problema.
Io vado su un pianeta che chiamano Middle Finger, il quinto di Mizar. È a due balzi tra collapsar, dieci mesi soggettivi. Middle Finger è una specie, di riserva per eterosessuali. Lo chiamano "base approvvigionamento controllo eugenetico."
Non importa. C’è voluto tutto il mio danaro, e tutto il danaro di altri cinque veterani, ma abbiamo comprato dalla FENU un incrociatore. E l’usiamo come macchina del tempo.
Quindi io sono una navetta relativistica, e ti aspetto. Non fa altro che allontanarsi di cinque anni-luce da Middle Finger e tornare indietro, molto velocemente. Ogni dieci anni invecchio di circa un mese. Perciò, se tu torni secondo le previsioni e sei ancora vivo, avrò solo ventotto anni quando arriverai qui. Sbrigati!
Non ho mai trovato nessun altro e non voglio nessun altro. Non m’importa se hai novant’anni o trenta. Se non potrò essere la tua amante, sarò la tua infermiera.
Marygay
— Senta, barista.
— Sì, maggiore?
— Conosce un pianeta chiamato Middle Finger? C’è ancora?
— Certo che c’è. Dove dovrebbe essere? — Domanda ragionevole. — Un posto bellissimo. Un pianeta giardino. Certuni non lo considerano abbastanza emozionante.
— Cos’è questa storia? — chiese Charlie.
Porsi al barista il bicchiere vuoto. — Ho appena scoperto dove andremo.
Da "La Nuova Voce", Paxton, Middle Finger, 24.6
14.2.3143
IL PRIMOGENITO
DI UNA VETERANA
Marygay Potter Mandella (24 Post Road, Paxton) ha dato alla luce venerdì scorso un magnifico maschietto di tre chili.
Marygay si vanta di essere la seconda in ordine di anzianità tra gli abitanti di Middle Finger, poiché è nata nel 1977. Ha combattuto durante quasi tutta la Guerra Eterna, poi ha atteso per 261 anni il suo compagno a bordo della navetta temporale.
Il bimbo, per il quale i genitori non hanno ancora scelto un nome, è nato in casa con l’assistenza di un’amica di famiglia, la dottoressa Diana Alsever-Moore.
FINE