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Joe Haldeman: Tricentenario

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Joe Haldeman Tricentenario

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Pur di far partire la prima astronave interstellare gli scienziati sono disposti a mettere in scena un gigantesco imbroglio, e alla fine questo si rivelerà un bene. Vincitore del premio Hugo e Locus per il miglior racconto breve in 1977. Nominato per il premio Nebula in 1977.

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Joe Haldeman

Tricentenario

DICEMBRE 1975

Gli scienziati sostenevano che il Sole poteva far parte di un sistema doppio. Perché il suo compagno restasse sconosciuto, ovviamente, doveva essere piccolo e fioco, e lontano migliaia di unità astronomiche.

Alla fine l’avrebbero trovato; anzi, li avrebbero trovati. E sarebbero stati utili.

GENNAIO 2075

L’ufficio era lussuoso persino secondo i criteri della Washington del 21° secolo. Il senatore Connors aveva la passione dell’antiquariato. Una parete era occupata da volumi rilegati in pelle; un grosso telescopio di ottone simboleggiava il suo ruolo di Collegamento con la Lega delle Scienze. Un tappeto navajo, proveniente dal suo Stato, copriva quasi tutto il parquet. Un grosso orologio a pendolo. Quadri, vecchie carte geografiche.

Il terminale del computer era nascosto nel primo cassetto della massiccia scrivania di teak. Sulla scrivania: un sottomano, un portapenne con la stilografica, e un telefono Bell, nero, vecchio d’un secolo e senza video. Il telefono trillò.

Il segretario gli annunciò che il dottor Leventhal aspettava d’essere ricevuto. — Continui a rispondermi per trenta secondi, — disse il senatore. — Poi riattacchi e lo faccia entrare.

Posò il ricevitore e andò allo specchio a muro. Si rassettò la cravatta e la cappa; poi, con l’unghia dell’indice, pareggiò la linea del rossetto. Si passò la mano tra i lunghi capelli bianchi ormai radi e tornò accanto alla scrivania, con una mano sul telefono.

La pesante porta si aprì con un fruscio. Un uomo basso e magro s’inchinò leggermente. — Sire.

Il senatore gli andò incontro tendendogli le mani. — Oh, piantala, Charlie. Dammi le zampe. — L’uomo gli prese entrambe le mani, solo per un istante. — Quando mai sono stato «Sire» per te, stupido?

— Dalla settimana scorsa — disse Leventhal, — i soci della Lega ti chiamano in modi ben peggiore di «Sire».

Il senatore annuì due volte. — Vero. È vero. E li capisco. Ma la volontà del popolo…

— Sicuro. — Leventhal lo pronunciò come fosse una parola sola: — Lavolontadelpopolo.

Connors andò alla libreria e aprì un pannello intarsiato. — Bevi qualcosa?

— Sì, Bo. — Charlie sospirò e sedette su un soffice divano. — D’accordo. Sherry o qualcosa di simile.

Il senatore portò i bicchieri e sedette accanto a Charlie. — Avresti dovuto darmi ascolto. Avresti dovuto incaricare la Lega dei Pubblicitari di scrivere la proposta.

— Abbiamo ottimi scrittori.

— Si è visto. Meno del due per cento dell’elettorato si è preso il disturbo di votare; e quasi tutti in favore della richiesta dell’amministrazione. Ora, prendi la Lega degli Ingegneri…

— Prendili tu gli ingegneri e…

— Loro si sono rivolti alla Lega dei Pubblicitari. — Connors alzò le spalle. — E hanno ottenuto gli stanziamenti.

— È facile far accettare ponti, centrali elettriche e shuttles. È difficile far accettare la scienza pura.

— Una ragione di più per…

— Già, sicuro. Chiedi il doppio e danne la metà ai pubblicitari. Forse l’anno prossimo. Non è di questo che sono venuto a parlare.

— La faccenda della radio?

— Giusto. Hai letto il rapporto?

Connors guardò il bicchiere.

— Charlie, lo sai che non ho il tempo di…

— Ma qualcuno l’ha letto.

— Oh, sì. Un bravo specialista d’astronomia del mio staff: mi ha fatto un riassunto. Molto, molto interessante.

— C’è una civiltà intelligente a undici anni-luce di distanza… è molto interessante?

— Sicuro. Davvero sensazionale. — Un silenzio imbarazzato. — Uh, che cosa avete intenzione di fare?

— Due cose. Prima, stiamo cercando di capire che dicono. È difficile. Secondo, vogliamo inviare un messaggio in risposta. Questo è facile. E qui entri in scena tu.

Il senatore annuì, con aria piuttosto guardinga.

— Lascia che ti spieghi. Abbiamo già mandato in precedenza altri messaggi a questa stella, 61 Cygni. Per la precisione è una stella doppia, con un compagno oscuro.

— Come noi.

— All’incirca. Comunque, i messaggi non hanno mai avuto risposta. Quelli non ascoltavano, evidentemente; non trasmettono.

— Ma se abbiamo…

— Quel che riceviamo è più o meno quello che si riceverebbe a undici anni-luce dalla Terra. Una gran confusione, suoni vecchi di undici anni. Molto debole. Ma evidentemente non è generato da una sorgente naturale.

— Allora noi stiamo già mandando un messaggio di risposta. Dello stesso tipo che loro inviano a noi.

— Sì, giusto, ma…

— E io che cosa c’entro?

— Bo, non vogliamo parlargli bisbigliando… vogliamo gridare! Attirare la loro attenzione. — Leventhal sorseggiò il vino e si appoggiò alla spalliera. — E per questo abbiamo bisogno di una quantità enorme d’energia.

— Uh, verissimo. Charlie, l’energia è denaro. Di quanto stai parlando?

— Tutto. Voglio chiudere la Valle della Morte per dodici ore.

Il senatore spalancò la bocca, in silenzio. Poi: — Charlie, hai lavorato troppo. Un altro Blackout? Di proposito?

— Non ci sarà nessun Blackout. La Valle della Morte ha riserve d’emergenza per quattordici ore.

— A metà potenza. — Il senatore vuotò il bicchiere e tornò al bar scuotendo la testa. — Prima mi dici che vuoi energia. Poi dici che vuoi spegnerla. — Ritornò portando la bottiglia avvolta nella tela da sacco. — Non ha senso, ragazzo mio.

— Non voglio spegnerla. Voglio usarla in un altro modo.

— Cos’è? Un indovinello?

— No, ascolta. Sai che l’energia, in realtà, non arriva dalla griglia della Valle della Morte: quella è solo una stazione di transito e un accumulatore. L’energia viene dalla stazione orbitale…

— Questo lo so, Charlie. Ho un Certificato Scientifico.

— Sicuro. Quindi abbiamo un grande laser a micro-onde in orbita, che trasmette un fascio ristretto d’energia. Abbastanza per far funzionare il Nord America. Abbastanza…

— È appunto quello che intendo io. Non puoi…

— E allora lo giriamo dalla parte opposta e lo puntiamo verso una griglia sulla Luna. Trasmettiamo l’energia alla grande antenna radio di Farside. La trasformiamo in onde radio e la puntiamo verso 61 Cygni. Con una potenza tale da fargli friggere le otturazioni dei denti.

— Non mi pare molto amichevole.

— In realtà non sarebbe tanto potente… ma lo sarebbe molto di più di qualunque sorgente naturale da ventun centimetri.

— Non saprei, ragazzo mio. — Il senatore si soffregò gli occhi e fece una smorfia. — Forse potrei farlo di nascosto, informando poche persone di quello che deve succedere. Ma funzionerebbe solo per pochi minuti… perché avete bisogno di dodici ore, del resto?

— Ecco, il laser non si punterà automaticamente sulla Luna, come fa con la Valle della Morte. Calcola che ci vorrà circa un’ora per girarlo e puntarlo.

«E poi, non vogliamo inviare semplicemente una raffica di onde radio. Abbiamo bisogno di un programma di cinque ore, che all’inizio stabilisce un linguaggio comune, e poi parla di noi, e alla fine rivolge loro qualche domanda. Vogliamo trasmetterlo due volte.

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