Joe Haldeman - Tricentenario

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Pur di far partire la prima astronave interstellare gli scienziati sono disposti a mettere in scena un gigantesco imbroglio, e alla fine questo si rivelerà un bene.
Vincitore del premio Hugo e Locus per il miglior racconto breve
in 1977.
Nominato per il premio Nebula in 1977.

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Con un filo di voce, Abigail disse: — Sessantaquattro anni non sono tanti, Charlie. Io vado. — Prima non ne aveva parlato.

Charlie continuò, guardandola: — Secondo, dobbiamo lasciare qui coloro che sono assolutamente indispensabili per la manutenzione dell’L-5. Inclusa la centrale elettrica. — Abigail gli sorrise.

— Non intendiamo dividere le coppie, per nove anni o più… ma non accetteremo neppure i bambini. — Charlie attese che il chiasso si placasse. — In questa missione, i bambini sarebbero bagagli. Dovrete trovare loro genitori adottivi. Forse verranno con il prossimo viaggio.

«Perché non possiamo permetterci di portare bagagli. Non sappiamo cosa ci aspetti a 61 Cygni… mille persone sembrano tante, ma non lo sono. Non lo sono, se considerate che abbiamo bisogno di rappresentanti di tutto lo scibile umano e di tutte le capacità umane. Potrebbe saltar fuori che una persona capace di cantare madrigali è più importante di un fisico del plasma. È impossibile saperlo prima.

I quattromila riuscirono a mantenere il segreto, non tanto per forza di carattere quanto per la profonda paranoia nei confronti della Terra e dei terrestri.

E il Tricentenario del senatore Connors venne effettivamente in loro aiuto.

Sebbene vi fosse «Un Solo Mondo» governato dalla «Volontà del Popolo», certe regioni avevano più influenze delle altre, e il nazionalismo non era affatto morto. Questo era un fattore.

Un altro fattore era ciò che i terragnoli provavano nei confronti delle bombe termonucleari immagazzinate a Helsinki. Tutte anticaglia: quasi tutte avevano più d’un secolo. Gli scienziati dicevano che non erano assolutamente pericolose, ma sapete com’è.

Le bombe, tecnicamente, appartenevano ancora ai paesi che le avevano consegnate; e nove su dieci erano divise tra Nord America e Russia. L’altro decimo era suddiviso fra altri 42 paesi. Ogni tanto si radunavano per discutere cosa dovevano farsene di quei cosi maledetti. Tutti desideravano sbarazzarsene in modo utile, ma nessuno era disposto a pagare le spese.

La proposta di Charlie Leventhal era semplice. L’L-5 avrebbe fornito il denaro, i materiali e il personale. Su uno scoglio brullo in mezzo al Mar di Norvegia avrebbero smontato le vecchie bombe, una alla volta, e le avrebbero trasformate in capsule di combustibile per la Daedalus.

La sonda Scilla-Cariddi avrebbe dovuto onorare entrambe le principali potenze spaziali. Ribattezzata John F. Kennedy , avrebbe lasciato l’orbita terrestre in occasione del Tricentenario dell’America. Avrebbe accelerato fino a metà strada, verso il sistema delle due stelle, ad una gravità; poi si sarebbe capovolta e avrebbe rallentato con lo stesso ritmo. Avrebbe usato un congegno magnetico per raccogliere un po’ di antimateria da Scilla. Il 1° maggio 2077 avrebbe cambiato nome e sarebbe diventata la Leonid I. Brezhnev per il viaggio di ritorno. Per motivi di sicurezza, l’antimateria sarebbe stata consegnata a una stazione di ricerche lunare, presso Farside. Gli scienziati dell’L-5 sostenevano che lo sfruttamento dell’energia ricavata dall’annientamento totale della materia avrebbe trasformato la Terra in un paradiso.

GENNAIO 2076

— Al diavolo ! — Charlie era livido. — Non… non voglio! No!

— Ma tu sei l’unico…

— Non è vero, Ab. Lo sai. — Charlie camminava avanti e indietro nel minuscolo ufficio. — Ci sono dozzine di persone che possono dirigere l’L-5. Molto meglio di me.

— Non meglio di te, Charlie.

Lui si fermò di colpo davanti alla scrivania. — Suvvia, Ab. C’è una sola persona veramente adatta per restare a mandare avanti la baracca. Non soltanto ha dato buona prova di sé, ma è anche troppo vecchia per…

— Non sono obbligata ad ascoltare queste fesserie.

— Senti, Ab…

— No, senti tu. Ero appena nata quando incominciammo a costruire la Daedalus. E ci ho lavorato da ragazza e da giovane donna.

«Potrei portarti là fuori con uno shuttle e mostrarti i bulloni che ci ho messo con le mie mani. Mezzo secolo fa.

— Ma è il mio…

— Mi sono guadagnata il biglietto, Charlie. — La voce di Abigail si addolcì. — L’età è un fattore, sì. Questo è solo il primo di molti viaggi… e quando la nave tornerà, io sarò troppo vecchia. Tu sarai nel fiore della vita… e avrai più di vent’anni d’esperienza come Coordinatore. Sono sicura che ti faranno comandante al prossimo…

— Non voglio essere comandante. Non voglio essere Coordinatore. Voglio soltanto andare !

— Tu e altre tremila persone.

— E fra le mille che non vogliono andare, e non possono, non ce n’è una che potrebbe diventare Coordinatore? Potrei citare tanti di quei nomi…

— Non si tratta di questo. Sull’L-5 non c’è nessuno che abbia l’influenza e le conoscenze che tu hai sulla Terra. Non c’è nessuno che capisca i terragnoli altrettanto bene.

— Questo è razzismo, Ab. I terragnoli sono esattamente come me e te.

— Alcuni sì. Non mi pare che tu corra sulla Terra ogni volta che ne avresti la possibilità… perché? Perché ti piace il panorama di quassù? Perché ti piace vivere in scatola?

Charlie non aveva una risposta pronta. Ab continuò: — Il Coordinatore dovrà dare parecchie spiegazioni, e dovrà cercare di appianare le cose fra l’L-5 e la Terra. Questo è sempre stato il tuo lavoro, Charlie. E poi, qui sei conosciuto e rispettato. Rappresenti l’unica scelta logica.

— Non sto discutendo la tua logica.

— Lo so. — Non era necessario che parlassero del documento, firmato tra gli altri anche da Charlie, che conferiva alla dottoressa Bemis l’autorità finale nella scelta dell’equipaggio della Daedalus-Kennedy-Brezhnev. — Cerca di non odiarmi troppo, Charlie. Devo fare ciò che è meglio per la mia gente. Per tutta la mia gente.

Charlie le lanciò un’occhiataccia e uscì.

GIUGNO 1976

Da Fax Pix , 4 giugno 2076

LA FATTORIA SPAZIALE PARTIRÀ PER LE STELLE IL MESE PROSSIMO

1. La John F. Kennedy , che partirà per Scilla-Cariddi il mese prossimo, è come una piccola L-5 con le bombe nella coda (foto a sinistra in alto).

A. Il viaggio durerà venti mesi. Potrebbero portare poca gente e riempire la nave di viveri, aria e acqua, oppure portare tanta gente con un’ecologia chiusa, come l’L-5.

B. Avrebbero potuto portare soltanto un paio di centinaia di persone per mandare avanti le colture e il resto. Ma quasi tutti i matti spaziali volevano andare. Tanto, sono abituati a vivere così (e senza andare da nessuna parte).

C. Quando torneranno, la fattoria verrà usata come punto di partenza per l’L-4, simile all’L-5 ma all’inizio un po’ più piccola, e piazzata dall’altra parte della Luna (illustrazione in basso a sinistra).

2. Per le altre notizie e illustrazioni sul Tricentenario, vedere la quarta di copertina.

LUGLIO 2076

Charlie stava concludendo una settimana di soggiorno sulla Terra quando venne lanciata la John F. Kennedy. Stanco di venire intervistato, sgattaiolò via dalla sala dei media al porto degli shuttle, al Cape. La tessera bianca gli permise di recarsi sulla pista d’atterraggio, da solo.

Lo shuttle di mezzanotte veniva rifornito di carburante in fondo alla pista, e luccicava d’un color bianco-rosato nell’ultima luce del sole al tramonto. L’immagine si distorceva nel calore irradiato dalla distesa di tarmac. L’odore del catrame ammollato era associato in modo indelebile, nella sua mente, al sollievo della partenza.

Raggiunse il centro della pista e consultò l’orologio. Cinque minuti. Accese una sigaretta e la buttò via. Ricontrollò i calcoli mentali: il volo avrebbe avuto inizio in basso, a sud-ovest. Alzò la mano per escludere il sole. Come sarebbero apparse, 150 bombe al secondo? Per i mass-media si chiamavano capsule di combustibile. Coloro che le avevano scrupolosamente montate e portate in orbita e installate nei serbatoi le chiamavano bombe. Dieci volte più luminose della luna piena, avevano detto. Sull’L-5 non bisognava guardare da quella parte senza un filtro scuro.

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