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Fred Hoyle: A come Andromeda

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Fred Hoyle A come Andromeda
  • Название:
    A come Andromeda
  • Автор:
  • Издательство:
    Giangiacomo Feltrinelli
  • Жанр:
  • Год:
    1965
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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«Puoi passare oltre le sentinelle senza che ti facciano domande. Hai bisogno di questi per nascondere la fasciatura.» Prese un paio di grossi guanti da guida dal cassetto e cominciò ad infilarglieli.

«No, per piacere!» Quando i guanti le toccarono la fasciatura tremò, ma lui continuò a infilarli molto piano, con delicatezza.

«Puoi fare un falò sul pavimento. Ti darò dei fiammiferi.»

«Non mandarmici. Non farmi andare là di nuovo.» Gli occhi le bruciavano per la paura, e il viso, nonostante il whisky, era ancora pallido ed estenuato.

«Puoi.» Le ficcò i fiammiferi in tasca, e la spinse gentilmente verso la porta. L’apri, e là, davanti a loro, si stendeva la terra bianca e la notte nera. La neve aveva smesso di cadere e il vento era sparito. Le luci della base risplendevano, gelide, e si poteva appena vedere il profilo degli edifici, scuri contro il terreno, con un’infarinatura di bianco sui tetti. «Puoi farlo,» disse.

André esitò, e lui la prese per un braccio. Dopo un minuto la ragazza usciva nella neve diretta all’edificio del calcolatore. Fleming andò con lei fino a dove poteva. Quando furono quasi in vista delle sentinelle, le diede un colpetto sulla spalla.

«Buona fortuna,» le disse, e tornò riluttante al suo alloggio.

La temperatura si era abbassata e c’era un freddo gelido. Fleming si accorse di avere i brividi, così chiuse la porta e andò alla finestra, e, tirata la tenda, vi si appoggiò per guardare fuori. Fino a quel momento non aveva sentito la fatica delle ultime ore, ma mentre se ne stava lì in attesa, gli piombò addosso una grande onda di stanchezza. Desiderava enormemente sdraiarsi sul letto, dormire, e svegliarsi per scoprire che tutto era finito: cercava di immaginare quel che la ragazza stava facendo, per scoprire le alternative di quello che sarebbe potuto accadere, di quel che sarebbe stato il risultato, ma la sua mente non riusciva ad andare oltre gli avvenimenti della serata e l’immagine della diafana figura di lei che si allontanava sulla neve.

Non riusciva a scaldarsi. Accese la stufetta elettrica, e si versò un altro whisky; avrebbe voluto non averne bevuto tanto in passato, ora avrebbe fatto più effetto; fece vari propositi sul proprio futuro e su quello di Judy, se mai fossero usciti da quella storia. Appoggiandosi con le braccia al davanzale della finestra, attese per quello che gli parve un tempo lunghissimo, fissando l’intatta immobilità della notte.

Verso le tre la neve riprese a cadere, non tempestosa, ora, ma calma e regolare, e le lampade che restavano accese per tutta la notte, qua e là nella base, divennero sempre più confuse dietro i fiocchi di neve che cadevano bianchi. Per un po’ non fu sicuro se era fumo quel che vedeva contro il fanale vicino all’edificio del calcolatore, o se fosse solo la foschia dovuta alla nevicata; poi sentì suonare una campana d’allarme, e udì le grida eccitate delle sentinelle. Alzatosi il bavero del soprabito, aprì la finestra e subito poté sentire e vedere più chiaramente. Era fumo, senza possibilità di errore.

L’istinto lo spingeva a correre fuori, e a vedere di persona quel che era accaduto, a impedire che si domassero le fiamme, ma sapeva che non poteva far altro che contare sulla confusione e sul buio per dare tempo al fuoco e alla ragazza. Con un fumo come quello la sala del calcolatore doveva essere un inferno, in quel momento, e c’erano molte possibilità che nulla ne restasse, forse nemmeno André. D’improvviso si sentì invaso da emozioni contrastanti: certo, aveva voluto che se ne andasse e se ne stesse lontana, eppure l’idea di mandarla a morte non gli era venuta in mente. Una parte di lui voleva che la ragazza vivesse e si sentiva responsabile di lei in misura soffocante. I tre quarti di lei, o quel che era, che lui riusciva a capire, erano una creatura con sentimenti e paure ed emozioni che lui aveva collaborato a creare e che, ora che il cordone tra lei e l’intelletto che la guidava era stato tagliato, era in un limbo e forse lui solo poteva tirarla fuori e salvarla. Certo, se non era già morta.

La sirena d’allarme della base risuonò all’improvviso, lugubre e minacciosa, e tutte le luci del recinto sembravano avanzare e danzare dietro la nebbia dei fiocchi di neve. Oltre il gemito delle sirene sentiva i motori delle auto mettersi in moto, e vedeva il raggio bianco di un riflettore levarsi tagliente, improvviso, dall’alto della torre principale di guardia, e cominciare a muoversi avanti e indietro lentamente per la base.

Immaginava la marea in tensione e i comandi che si increspavano come un’onda attraverso il centro: il telefono della sentinella chiamare la sala di guardia, il comandante delle sentinelle telefonare a Quadring, l’ufficiale di turno alle pattuglie di sicurezza, alla squadra antincendio, alle sentinelle del recinto, e Quadring telefonare a Geers, e forse Geers a Londra, a un ministro assonnato e a un comandante di zona che si sarebbe trascinato in pigiama, fuori dal letto, per sventare qualsiasi manovra di sabotaggio fosse stata messa in azione.

Si sforzava di vedere cosa accadesse dietro la cortina di quei fiocchi leggeri e maledisse la sirena che copriva gli altri suoni. Un’autopompa sfrecciò oltre il suo alloggio, ruggendo e scampanando, e i suoi fari e il raggio del riflettore rivelarono le figure di altre persone in corsa, gente imbacuccata in cappotti militari che si abbottonavano correndo, e soldati con fucili automatici e mitragliatori. Un’altra autopompa passò, un Land Rover con un esploratore radar che girava in alto, poi le luci si spensero e la sirena finì di stridere, lasciando un guazzabuglio di suoni e di movimenti soffocati dalla neve, nel buio. Un minuto dopo si aggiunse un secondo riflettore, che inondò lo spazio aperto tra i quartieri di abitazione e l’area dei tecnici dove si trovava l’edificio del calcolatore, e in quello spazio si addentrò un altro veicolo che correva veloce. Era una jeep aperta nella quale poté scorgere chiaramente Quadring seduto di fianco all’autista che parlava in un telefono da campo. Di fronte a essa una sola figura attraversava lo spiazzo, e per una frazione di secondo pensò che si trattasse della ragazza; poi vide che era Judy, con un soprabito che le svolazzava dietro le spalle e gli scuri capelli scompigliati, attorno al viso. La jeep si fermò e Quadring le parlò brevemente, poi l’autista riavviò la macchina e Judy attraversò dietro di essa lo spiazzo dirigendosi all’alloggio di Fleming.

Spinse la porta senza bussare, e prima di vederlo si guardò attorno agitatissima, per un istante.

«Cos’è accaduto?» ansimò.

Fleming le parlò senza distogliere lo sguardo dalla finestra. «È stata lei. Ci ha pensato André. Il codice sta bruciando.»

«André?» gli si avvicinò senza capire. «Ma è morta.»

Non c’era molto tempo per dare spiegazioni, ma lui le fece un breve riassunto, mentre Judy gli stava accanto, guardando fuori.

«Pensavo fossi stato tu,» disse, comprendendo solo una parte del racconto che lui le faceva. «Grazie a Dio.»

«Che ti ha detto Quadring?» le chiese.

«Mi ha detto solo di attenderlo qui.»

«L’ha trovata?»

«Non so. Non credo che ne abbia idea. Stava dando ordine alle sentinelle di sgombrare il campo e di sparare a vista se qualcuno avesse disubbidito.»

Il suono delle grida e dei veicoli in movimento si faceva sempre più smorzato: qualunque cosa stesse accadendo, si svolgeva all’altra estremità della base. La colonna di fumo che si levava dall’edificio del calcolatore si era gonfiata e ispessita, e dal centro guizzava una lingua di fuoco chiaramente visibile tra le macchie bianche dei riflettori. Fleming e Judy guardavano e ascoltavano senza parlare, poi, dalla confusione che avevano davanti a loro, provenne il colpo secco di un fucile, seguito da un altro e da un altro ancora.

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