Sergej Luk'janenko - I guardiani della notte

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La notte di Mosca è pericolosa. Criminali e assassini si aggirano per le strade e si mescolano agli Altri: vampiri e mutanti, stregoni e fattucchiere che escono in caccia dopo il tramonto. La loro forza è immensa, ma non bastano le armi tradizionali per combatterli. Solo Anton e quelli come lui possono riconoscerli, perché compito dei Guardiani e quello di far rispettare l'antica tregua stipulata tra le Forze della Luce e le Forze delle Tenebre. Ma qualcosa nella pace millenaria che divide il popolo della Notte da quello del Giorno sì e incrinato, e il destino dell'umanità ora è legato a quello di un ragazzo che non sa di possedere un enorme potere. Comincia così una guerra senza esclusione di colpi, tra macchine di lusso e una civetta parlante, mafia russa e minacce apocalittiche, vodka e sortilegi.

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Ma per cambiare i destini dell'umanità, non era obbligatorio essere un Altro. Anzi, sarebbe addirittura stato d'impiccio. Molto meglio utilizzare il sostegno della Guardia e condurre, trascinare dietro di sé le masse umane, che tanto hanno bisogno della felicità da noi elaborata.

E lui le avrebbe trascinate. Non sapevo come, non sapevo dove, ma le avrebbe trascinate. Solo che anche le Forze delle Tenebre avrebbero fatto le proprie mosse. Ogni presidente ha il proprio killer. Ogni profeta ha mille interpreti pronti a pervertire l'essenza della religione, a sostituire il sacro fuoco con i roghi dell'Inquisizione. Ogni libro sarebbe prima o poi volato tra le fiamme, dalle sinfonie avrebbero tratto canzonette da bettola. Avrebbero trovato una salda base filosofica a qualsiasi turpitudine.

Sì, non avevamo imparato nulla. Probabilmente non ne avevamo voglia.

Ma almeno mi restava un po' di tempo. E il diritto di fare la mia mossa. L'unica.

Se solo avessi saputo quale.

Esortare Svetlana a non ascoltare Geser, a non lasciarsi coinvolgere nella magia superiore, a non dirigere il destino altrui?

E perché, poi? Non era forse giusto così? Si sarebbero corretti gli errori commessi, sarebbe cominciato un futuro di felicità per ogni uomo preso singolarmente e per l'umanità nella sua interezza. Io mi sarei liberato dal peso degli errori commessi, Svetlana dalla consapevolezza che il suo successo era costato l'altrui disgrazia. Sarebbe entrata nei ranghi delle Grandi Maghe. Qual era il prezzo dei miei dubbi confusi? E cosa nascondevano: una preoccupazione sincera o il vile interesse personale? Cos'era la Luce, cosa le Tenebre?

— Ehi, bello!

Il proprietario della bancarella davanti a cui mi ero fermato mi fissava. In modo non proprio cattivo, ma certo irritato.

— Vuoi comprare qualcosa?

— Ti sembro un idiota? — domandai.

— Eccome. O compri o ti levi di torno.

In un certo senso aveva ragione. Ma adesso ero pronto a contrattaccare. — Non sai quanto sei fortunato. Io attiro la folla, ti procuro i clienti.

Il commerciante aveva un aspetto pittoresco. Corpulento, paonazzo e con due braccia grassocce, su cui il grasso e i muscoli si muovevano in modo uniforme. Mi gettò uno sguardo di valutazione, evidentemente senza trovare in me nulla di minaccioso, e fece per lanciarmi una frecciata.

Poi, di colpo, sorrise. — Be', allora procurameli. Ma con un po' più di energia. Prova a inscenare un acquisto. Al limite, puoi anche far finta di darmi soldi.

Tutto questo era molto strano e inaspettato.

Sorrisi anch'io di rimando. — Vuoi che ti compri per davvero qualcosa?

— E perché? Questa è paccottiglia per turisti. — L'uomo smise di sorridere, ma la tensione e l'aggressività di prima non tornarono a dipingersi sulla sua faccia. — Fa un caldo della madonna, perdo le staffe con tutti. Se solo piovesse!

Guardai il cielo e alzai le spalle. Pareva che qualcosa stesse cambiando. Qualcosa si muoveva nell'azzurro terso di quel forno celeste.

— Credo che stia per succedere — annunciai.

— Sarebbe bello.

Scambiai con lui un cenno di saluto e mi immersi nel flusso della folla.

Anche se non sapevo cosa fare, ora almeno sapevo dove andare. E non era poco.

Capitolo 7

Le nostre forze sono in gran parte prese in prestito.

Gli agenti delle Tenebre le attingono dalle sofferenze altrui. Per loro è di gran lunga più semplice. Non è nemmeno necessario fare del male agli uomini. È sufficiente attendere. È sufficiente guardare attentamente tutt'intorno e aspirare, aspirare la sofferenza altrui, proprio come si sorbisce un cocktail con la cannuccia.

Anche noi potremmo farlo. Seppure in un modo un po' diverso. Possiamo assumere forza quando gli uomini stanno bene, quando sono felici.

C'è solo un piccolo dettaglio, che rende il processo praticabile da parte delle Forze delle Tenebre, mentre di fatto lo proibisce a noi. Felicità e dolore non sono affatto ai due poli opposti nella scala dei sentimenti umani. Altrimenti non esisterebbero la dolce malinconia e la gioia maligna. Si tratta di due processi paralleli, di due correnti paritarie di quella forza che agli Altri è concesso di percepire e utilizzare.

Quando un mago delle Tenebre beve la sofferenza altrui, essa aumenta.

Quando un mago della Luce afferra la gioia altrui, essa diminuisce.

Possiamo assimilare la forza in qualsiasi momento. E assai di rado ci permettiamo di farlo.

Quel giorno decisi che mi era permesso.

Ne presi un po' da una coppietta abbracciata davanti all'ingresso della metropolitana. Erano felici, molto felici, in quel momento. Tuttavia sentivo che si sarebbero separati per molto tempo e che la tristezza li avrebbe ineluttabilmente toccati. Decisi che avevo il diritto di farlo. La loro gioia era vivida e sfarzosa come un bouquet di rose rosse.

Un bambino mi passò accanto di corsa. Lo sfiorai: si sentiva bene, non avvertiva nemmeno quella calura opprimente e stava correndo a comprarsi un gelato. Si sarebbe ripreso in fretta. La sua forza era semplice e pura come i fiori di campo. Un mazzo di fiori di camomilla, strappati con le mie mani senza esitazione.

Vidi una vecchietta affacciata a una finestra. L'ombra della morte le era già in qualche modo accanto, e probabilmente lei stessa ne percepiva la presenza. Eppure sorrideva. Quel giorno il nipote era passato a trovarla. Più che altro per verificare se la nonna era ancora viva o se per caso, invece, aveva finalmente liberato il suo prezioso appartamento nel centro di Mosca. Questo lo capiva anche lei. Eppure era felice. Mi vergognai in maniera insopportabile, ma la sfiorai lo stesso e le presi un po' di forza. Un bouquet di erbe e foglie autunnali giallo-arancione prossime ad appassire…

Me ne andavo, come talvolta nei miei incubi notturni, in cui distribuivo felicità a destra e a manca. A tutti, e in modo che nessuno ne uscisse offeso. Solo che dietro di me stavolta si stendeva una scia di tutt'altro genere. Sorrisi che si spegnevano, rughe che di colpo solcavano la fronte, labbra morsicate all'improvviso.

Era evidente dove stavo andando.

Nessuna pattuglia di Guardiani del Giorno mi avrebbe fermato lungo il tragitto.

Del resto, anche gli agenti della Luce, vedendo ciò che stava succedendo, avrebbero taciuto.

Avrei fatto ciò che ritenevo necessario. Ciò che mi consideravo in diritto di compiere. Prendere in prestito. Rubare. E il modo in cui avrei agito con la forza ricevuta avrebbe determinato il mio destino.

Avrei regolato tutti i miei conti.

Oppure mi si sarebbe spalancato davanti il Crepuscolo.

Un mago della Luce, una volta cominciato ad attingere forza dagli uomini, si gioca tutto. E qui non funzionano le consuete contrattazioni tra le azioni delle Guardie. La quantità di Bene messo a frutto non è semplicemente tenuta a superare il Male provocato.

Non dovevo nutrire il minimo dubbio circa il fatto che stessi saldando i conti.

Innamorati, bambini, vecchi. Una compagnia intenta a bere birra presso un monumento. Temevo che la loro gioia fosse fasulla, invece si rivelò autentica. Così mi presi la loro forza.

Perdonatemi.

Avrei potuto scusarmi per tre volte con ciascuno. Pagare per ciò che avevo rubato. Ma si sarebbe trattato di una menzogna.

Mi stavo semplicemente battendo per il mio amore. In primo luogo. Nonché per voi, che presto sareste stati oggetto di una nuova, inaudita felicità.

Ma questa, a sua volta, si poteva definire la verità?

Dando battaglia per il proprio amore, si combatte davvero ogni volta per tutto il mondo?

Per tutto il mondo, non contro il mondo intero.

La forza!

La forza.

La forza?

Raccoglievo i suoi granelli, a volte con cura e attenzione, altre volte bruscamente e con noncuranza, perché la mano non tremasse, per non distogliere lo sguardo per la vergogna.

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