Sergej Luk'janenko - I guardiani della notte

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I guardiani della notte: краткое содержание, описание и аннотация

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La notte di Mosca è pericolosa. Criminali e assassini si aggirano per le strade e si mescolano agli Altri: vampiri e mutanti, stregoni e fattucchiere che escono in caccia dopo il tramonto. La loro forza è immensa, ma non bastano le armi tradizionali per combatterli. Solo Anton e quelli come lui possono riconoscerli, perché compito dei Guardiani e quello di far rispettare l'antica tregua stipulata tra le Forze della Luce e le Forze delle Tenebre. Ma qualcosa nella pace millenaria che divide il popolo della Notte da quello del Giorno sì e incrinato, e il destino dell'umanità ora è legato a quello di un ragazzo che non sa di possedere un enorme potere. Comincia così una guerra senza esclusione di colpi, tra macchine di lusso e una civetta parlante, mafia russa e minacce apocalittiche, vodka e sortilegi.

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— Anton, non hai svelato nulla di inatteso ad alcuno dei presenti — disse pacatamente il Capo.

— Il permesso è accordato? — domandai.

Geser guardò Maksim. L'Inquisitore alzò la testa. Con voce sorda disse: — Il permesso è accordato.

— Obiezione da parte della Guardia del Giorno — annunciò Zavulon in tono annoiato.

— Obiezione respinta — replicò indifferente Maksim. Di nuovo lasciò cadere la testa sul petto.

— Una Grande Maga può prendere in mano il gessetto — dissi. — Ogni nuova riga nel Libro del Destino porterà via con sé una piccola parte della sua anima. La porterà via e la restituirà modificata. Il destino di un uomo può essere cambiato solo sacrificando la propria anima.

— Lo so — disse Sveta. Fece un sorriso. — Anton, perdonami. Credo che tutto ciò sia giusto. Sarà un vantaggio per tutti.

Negli occhi di Egor guizzò un lampo di diffidenza. Percepì che qualcosa non quadrava.

— Anton, sei un agente della Guardia — disse Geser. — Se hai qualche obiezione, puoi parlare.

Obiezioni? Su cosa, in sostanza? Sul fatto che Egor sarebbe diventato un mago della Luce anziché delle Tenebre? Che si sarebbe tentato, pur tra mille insuccessi, di portare il Bene tra gli uomini? Che Svetlana sarebbe diventata una Grande Maga?

A costo di sacrificare per questo tutto ciò che di umano Sveta ancora possedeva?

— Non dirò niente — dichiarai.

Era un'illusione, o davvero negli occhi del Capo era balenato lo stupore?

Difficile capire cosa pensava in realtà un mago superiore.

— Cominciamo — disse lui. — Svetlana, sai cosa devi fare.

— Sì. — Mi guardò. Mi allontanai di qualche passo. Geser fece altrettanto. Rimasero in due, Svetlana ed Egor. Ugualmente smarriti. Ugualmente tesi. Lanciai un'occhiata a Zavulon. Se ne stava in attesa. Lentamente Svetlana aprì l'astuccio — lo schiocco della chiusura risuonò come uno sparo — e, quasi facendosi violenza, ne estrasse il gessetto. Minuscolo. Davvero si era così consumato nel corso dei millenni, a mano a mano che la Luce tentava di cambiare i destini del mondo?

Geser sospirò.

Svetlana si accucciò e cominciò a tracciare un cerchio intorno a sé e al ragazzino.

Non avevo nulla da dire, nulla da fare.

Avevo raccolto talmente tanta forza, che adesso traboccavo.

Avevo il diritto di compiere il Bene.

Non bastava la semplice comprensione.

Cominciò a soffiare il vento. Timidamente, quasi con prudenza. Si placò.

Guardai in alto e sobbalzai. Stava succedendo qualcosa. Lì, nel mondo degli uomini, le nubi avevano coperto il cielo. Non mi ero nemmeno reso conto che fossero spuntate.

Svetlana terminò di disegnare il cerchio. Si rialzò.

Tentai di guardarla attraverso il Crepuscolo e subito distolsi gli occhi. Nella sua mano ardeva come un tizzone arroventato. Chissà se provava dolore.

— Si avvicina una tempesta — disse Zavulon da lontano. — Una vera tempesta, come non si vedeva da tempo.

Fece una risata.

Nessuno prestò attenzione alle sue parole. Tranne forse il vento, che si mise a soffiare con più convinzione e prese a intensificarsi sempre di più. Guardai in giù: per il momento, tutto era ancora tranquillo. Svetlana agitò il pezzo di gesso nell'aria, come abbozzando qualcosa di visibile solo a lei. Una sagoma rettangolare, con un disegno al suo interno.

Egor cominciò a gemere debolmente e rovesciò la testa all'indietro. Cercai di fare un passo e subito mi fermai. Una barriera invalicabile mi bloccava. Ma non sarebbe comunque servito a nulla.

Non era questo.

Quando non si sa come agire, non si deve prestare fede a nulla. Non alla mente fredda, non al cuore puro, non alle mani ardenti.

— Anton!

Mi voltai verso Geser. Il Capo sembrava preoccupato. — Non è una semplice tempesta, Anton. È un uragano. Ci saranno delle vittime.

— Le Forze delle Tenebre? — domandai semplicemente.

— No. Le forze elementari.

— Forse hanno alzato un po' troppo il gomito con il punto centrale della forza? — chiesi.

Il Capo non reagì alla mia presa in giro.

— Anton, che grado di magia ti è stato concesso?

Naturalmente sapeva della mia transazione con Zavulon.

— Terzo.

— Puoi fermare l'uragano — disse Geser. Era una semplice constatazione. — Tutto si risolverà in una pioggia torrenziale. Hai raccolto forza sufficiente.

Il vento riacquistò impeto. Ormai non si sarebbe più placato. Ci investiva e ci strattonava, quasi avesse deciso di strapparci dal tetto. Cominciarono a cadere le prime gocce di pioggia.

— Forse questa è l'ultima possibilità — aggiunse il Capo. — Ma spetta a te decidere.

Con un suono cristallino, intorno a lui spuntò uno scudo magnetico: era come se Geser fosse stato coperto con un sacco di cellofan. Non avevo ancora mai visto prendere simili misure di difesa contro una furia degli elementi tutto sommato ordinaria.

Svetlana continuava a disegnare il Libro del Destino. Il suo vestito ondeggiava al vento. Egor non si muoveva, se ne stava in piedi come inchiodato a un'invisibile croce. Forse non era già più in sé. Cosa accade a una persona, quando perde il suo vecchio destino e non ne ha ancora trovato uno nuovo?

— Geser, tu ti stai preparando a scatenare un tifone al cui confronto questa tempesta non è nulla! — gridai.

Il vento copriva le parole.

— È inevitabile — rispose lui. Aveva parlato in una specie di sussurro, ma ogni parola era risuonata in modo perfettamente chiaro. — Si sta già levando.

Il Libro del Destino divenne visibile anche nel mondo di qua. Ovviamente Svetlana non l'aveva disegnato in senso letterale, ma l'aveva estratto dagli strati più profondi del Crepuscolo. Ne aveva fatto una copia. Qualunque sua modifica si sarebbe riflessa sull'originale. Il Libro del Destino aveva l'aspetto di un modello, un plastico composto di linee infuocate, ardenti, sospese nell'aria. Toccandolo, le gocce di pioggia sfrigolavano.

Ora Svetlana avrebbe cominciato a cambiare il destino di Egor.

Poi, di lì a dieci anni, Egor avrebbe cambiato il destino del mondo.

Come sempre, per il Bene.

Come sempre, senza successo.

Barcollai. In un istante, in modo del tutto inaspettato, il vento si era tramutato in uragano. Tutt'intorno stava succedendo qualcosa di inimmaginabile. Vedevo le macchine fermarsi lungo il viale e stringersi contro il ciglio della strada, lontano dagli alberi.

Senza emettere alcun suono — l'urlo del vento copriva ogni altro fragore — un enorme cartellone pubblicitario si abbatté in mezzo all'incrocio. Alcune figure, che si erano attardate all'aperto, correvano verso le abitazioni, nella speranza di trovarvi riparo.

Svetlana si fermò. Il puntolino ardente bruciava nella sua mano.

— Anton!

Percepii appena la sua voce. — Anton, cosa devo fare? Dimmelo! Anton, devo compiere tutto questo?

Il cerchio di gesso la proteggeva — anche se non del tutto, perché per poco la veste non le si strappava di dosso — permettendole di tenersi in piedi.

Tutto sembrò scomparire. La guardavo, vedevo il gessetto ardente, pronto ormai a cambiare il destino. Svetlana attendeva una risposta, solo che io non avevo nulla da dirle. Nulla, perché io stesso non conoscevo la risposta.

Alzai le braccia verso il cielo infuriato e vidi comparire sulle mie mani i colori della forza.

— Credi di potercela fare? — domandò Zavulon. — La tempesta si è intensificata.

La sua voce spiccava sul fragore dell'uragano altrettanto nitida di quella del Capo.

Geser fece un sospiro.

Aprii le mani e le volsi verso il cielo. Lassù le stelle erano scomparse e solo le nubi si rincorrevano, tra i fulmini e gli scrosci di pioggia.

Si trattava di uno dei sortilegi più semplici. Uno dei primi che ci venivano insegnati.

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