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Terry Pratchett: La luce fantastica

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Terry Pratchett La luce fantastica
  • Название:
    La luce fantastica
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    1991
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-04-35085-7
  • Рейтинг книги:
    5 / 5
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La luce fantastica: краткое содержание, описание и аннотация

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Il seguito diretto di «I colori di magia». La continuazione d’avventure di Scuotivento e Duefiori dopo la caduta dal Bordo del Disco. 

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— …una nullità, un fallito, giusto un… che cosa?

— Come farai ad aprire la porta? — domandò lei.

Scuotivento la guardò a bocca aperta. Poi guardò la porta. Era davvero molto solida e la serratura era a posto.

Ma lui ci era entrato una volta, tanto tempo prima. Lo studente Scuotivento aveva spinto la porta, questa si era aperta, e un attimo dopo l’Incantesimo era balzato nella sua mente e gli aveva rovinato la vita.

— Ascolta — disse una voce da dietro la griglia, sforzandosi di essere gentile. — Va’ a trovarci un mago, fa’ il bravo.

Scuotivento respirò a fondo prima di ordinare con voce rauca: — Fatevi indietro.

— Cosa?

— Trovate qualcosa per nascondervi — abbaiò. La sua voce ebbe un tremito leggero. — Anche voi due — disse rivolto a Bethan e a Duefiori.

— Ma tu non puoi…

— Parlo sul serio!

— Parla sul serio — affermò Duefiori. — Quella piccola vena sulla sua tempia, sai, quando pulsa in quel modo, be’…

— Piantala!

Scuotivento alzò un braccio con gesto incerto e lo puntò contro la porta.

Il silenzio era totale.

"Oh dei" pensò "che succede ora?"

Nei profondi recessi oscuri della sua mente l’Incantesimo si agitò a disagio.

Scuotivento si sforzò di mettersi in sintonia (o quel che fosse) con il metallo della serratura. Se fosse stato in grado di seminare la discordia tra i suoi atomi perché questi si separassero…

Non accadde nulla.

Scuotivento deglutì con forza e rivolse la sua attenzione al legno. Era vecchio, quasi fossilizzato, e probabilmente non sarebbe bruciato nemmeno se cosparso d’olio e gettato in una fornace. Ci provò comunque e spiegò alle vetuste molecole che dovevano cercare di saltare su e giù per scaldarsi…

Nel silenzio pieno di tensione della sua mente guardò minaccioso l’Incantesimo, che si mostrava sbigottito.

Esaminò allora l’aria intorno alla porta e la possibilità di torcerla in forme prodigiose così che la porta esistesse in un’altra serie totalmente diversa di dimensioni.

La porta rimaneva dov’era, sprezzante nella sua solidità.

Scuotivento ormai sudava e cominciava mentalmente il percorso senza fine verso la lavagna davanti alla classe sghignazzante. Disperato, rivolse di nuovo la sua attenzione alla serratura. Doveva comporsi di pezzetti di metallo, non molto pesanti.

Rumori appena percettibili provenivano dalla griglia. Erano i maghi che scuotevano la testa, la tensione allentata.

Uno bisbigliò: — Te l’avevo detto…

Un piccolo sfregamento, uno scatto.

Il viso del mago era una maschera. Il sudore gli gocciolava giù dal mento.

Un altro scatto, lo stridere di perni riluttanti. Trymon aveva oliato la serratura, ma l’olio era stato assorbito dalla ruggine e dalla polvere di anni. A meno di servirsi di un meccanismo esterno, l’unico modo con cui un mago possa spostare qualcosa con la magia è di usare la propria mente come una leva.

Scuotivento cercava con tutte le sue forze d’impedire che il cervello gli uscisse dalle orecchie.

La serratura si scosse. Aste metalliche si contorsero, cedettero, spinsero delle leve.

Le leve scattarono, i denti ingranarono. Il congegno si sbloccò con un lungo rumore stridente che fece cadere Scuotivento in ginocchio.

La porta si spalancò girando sui cardini forzati. Cauti, i maghi scivolarono fuori.

Duefiori e Bethan aiutarono Scuotivento a rialzarsi. Lui barcollava, grigio in faccia.

— Non male — commentò uno dei maghi, osservando da vicino la serratura. — Un po’ lento, forse.

— Lascia perdere! — scattò Jiglad Wert. — Venendo qui, voi tre avete visto qualcuno?

— No — rispose Duefiori.

— Qualcuno ha rubato l’Octavo.

Scuotivento alzò la testa di scatto e i suoi occhi si rimisero a fuoco.

— Chi?

— Trymon…

Scuotivento deglutì. — Un uomo alto? Capelli biondi, somiglia a un furetto?

— Adesso che me lo dici…

— Stava nella mia classe — aggiunse Scuotivento. — Dicevano sempre che sarebbe andato lontano.

— E andrà parecchio più lontano se apre il libro — osservò uno dei maghi, che si stava arrotolando in trotta una sigaretta con dita tremanti.

— Perché? Che cosa accadrà? — domandò Duefiori.

I maghi si scambiarono un’occhiata.

— È un segreto antico, tramandato da mago a mago, e non possiamo trasmetterlo a chi non ha le loro conoscenze — rispose Wert.

— Oh, andiamo.

— Oh be’, probabilmente non ha più nessuna importanza. Una sola mente non può contenere tutti gli incantesimi. Crollerebbe e lascerebbe un buco.

— Cosa? Nella sua testa?

— Uhm, no. Nel tessuto dell’Universo. Lui potrebbe credersi in grado di controllarlo da solo, ma…

Percepirono il suono prima ancora di udirlo, iniziò nelle pietre come una lenta vibrazione, poi aumentò d’improvviso in un gemito così acuto da trapassare i timpani e perforare direttamente il cervello. Era simile a una voce umana che cantasse o salmodiasse o gridasse, ma con ipertoni più bassi e più orribili.

I maghi impallidirono. Poi, come un solo uomo, si girarono e corsero su per la scala.

All’esterno dell’edificio si era radunata una grande folla. Alcuni reggevano delle torce, altri si erano fermati nell’atto di ammucchiare delle fascine intorno ai muri. Ma tutti avevano lo sguardo alzato alla Torre dell’Arte.

I maghi si fecero strada tra la gente, che non fece caso a loro, e si voltarono anche loro a guardare.

Il cielo era pieno di lune. Ognuna era tre volte più grande della luna del Disco, e ognuna era in ombra salvo uno spicchio rosato dove batteva la luce della stella.

Ma in primo piano, sulla cima della Torre dell’Arte regnava una frenesia incandescente, nella quale s’intravedevano delle forme confuse, per nulla rassicuranti. Il suono era divenuto un ronzio amplificato un milione di volte.

Alcuni dei maghi caddero in ginocchio.

— Lo ha fatto — disse Wert, scuotendo la testa. — Ha aperto la via.

— Quelle cose sono demoni? — chiese Duefiori.

— Oh, demoni. I demoni sarebbero un picnic, paragonato a ciò che sta cercando di farsi strada lassù — esclamò Wert.

— Sono peggio di qualsiasi cosa sia possibile immaginare — aggiunse Panter.

— Quanto a me, riesco a immaginarne di assai brutte — disse Scuotivento.

— Queste sono peggiori.

— Oh!

— E cosa pensate di fare in proposito? — domandò una voce con accento deciso.

I maghi si voltarono. Bethan li fissava con aria sprezzante, a braccia conserte.

— Pardon? — disse Wert.

— Voi siete dei maghi, no? Be’, datevi da fare.

— Che? Affrontare quello? — chiese Scuotivento.

— Conosci qualcun altro?

Wert si fece avanti. — Signora, non credo che lei capisca bene…

— Le Dimensioni Sotterranee si riverseranno nel nostro Universo, giusto? — lo interrogò la ragazza.

— Be’, sì…

— Saremo divorati tutti da esseri con tentacoli al posto della faccia, giusto?

— Niente di tanto piacevole, ma…

— E voi lascerete semplicemente che ciò accada?

— Ascolta — intervenne Scuotivento. — È tutto finito, capisci? Non si possono rinchiudere gli incantesimi dentro il libro, non si può ritrattare ciò che è stato detto, non si può…

— Si può tentare !

Scuotivento si rivolse a Duefiori con un sospiro. L’amico non c’era. Gli occhi del mago si volsero inevitabilmente verso la base della Torre dell’Arte, appena in tempo per vedere la figura grassoccia del turista, la spada nella mano inesperta, sparire nella porta.

I piedi di Scuotivento presero da soli una decisione, assolutamente sbagliata, dal punto di vista della sua testa.

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