George Martin - Tempesta di spade. I fiume della guerra. I portale delle tenebre.

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Tempesta di spade. I fiume della guerra. I portale delle tenebre.: краткое содержание, описание и аннотация

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Solo che questa vacca sapeva remare. Sotto le brache marroni di stoffa grezza si intravedevano polpacci più robusti delle radici di quercia. I forti muscoli delle braccia si allungavano e si contraevano a ogni colpo di remi. Brienne aveva remato per metà della notte, ma non mostrava alcun segno di stanchezza. Il che era molto di più di quanto Jaime potesse dire di suo cugino ser Cleos Frey, che arrancava per mantenere il passo con l’altro remo. “Una paesanotta grossa e forte, direbbe uno a guardarla. Eppure parla come una donna di lignaggio, ed è armata di spada lunga e di daga. Certo… Ma sa usarle?” Era quanto Jaime intendeva scoprire nel momento stesso in cui si fosse liberato di quei ceppi.

Aveva anelli di ferro ai polsi, e altri anelli alle caviglie, ciascuna coppia connessa da un tratto di pesante catena non più lungo di un avambraccio. “Per cui pensate che la mia parola di Lannister non sia abbastanza?” li aveva derisi mentre lo incatenavano. Era decisamente ubriaco quando lo aveva detto, grazie al vino di Catelyn Stark. Della loro fuga da Delta delle Acque ricordava solo frammenti sconnessi. C’erano stati dei problemi con il carceriere, ma la donzella lo aveva reso innocuo in un battito di ciglia. Erano saliti lungo una scala a chiocciola senza fine, girando e girando. Jaime aveva le gambe molli come fili d’erba, ed era caduto un paio di volte o tre, finché la donna guerriera non gli aveva offerto un braccio a cui appoggiarsi. A un certo punto, lo avevano avvolto in una cappa da viandante e lo avevano spinto sul fondo di una barca. Ricordava la voce di lady Catelyn che dava ordine a qualcuno di sollevare la grata della Porta dell’acqua. Rimandava ser Cleos Frey ad Approdo del Re, latore di nuove controproposte per la regina, aveva dichiarato in tono che non ammetteva replica.

Poi Jaime doveva essersi appisolato. Il vino lo aveva reso sonnolento. Provava un piacere indicibile nel riuscire nuovamente ad allungare il corpo, un lusso che, nella buia segreta le catene attaccate alle pareti gli avevano negato. Era da molto tempo che Jaime aveva imparato a dormire in sella nel corso di lunghe marce. Dormire in questa circostanza non fu molto più difficile. “Tyrion si piegherà in due dalle risate nel sentire che sono fuggito dormendo della grossa.” Ma adesso era di nuovo sveglio, e le catene gli davano fastidio.

«Mia signora» propose. «Tu liberami da questi ferri, e io ti darò il cambio al remo.»

L’espressione di lei tornò ad accigliarsi: le labbra contratte scoprirono grossi denti da cavallo. «Tu ti terrai i tuoi ferri, Sterminatore di re.»

«Davvero intendi remare fino ad Approdo del Re, donzella?»

«Mi chiamerai Brienne. Non donzella. »

«Il mio nome è ser Jaime. Non Sterminatore di re.»

«Neghi di avere assassinato un re?»

«No. Tu neghi il tuo sesso? In tal caso, slacciati quelle brache e fammi vedere» le rivolse un sorriso innocente. «Ti chiederei di aprirti il corpetto, ma da quel che vedo non sarebbe un grande spettacolo.»

Ser Cleos era a disagio. «Cugino, ricordati le buone maniere.»

“Il tuo sangue Lannister è parecchio annacquato, cugino.” Cleos era il figlio che Genna, zia di Jaime, aveva avuto da quel cataplasma di Emmon Frey, il quale aveva vissuto nel terrore di lord Tywin a partire dal giorno stesso in cui ne aveva sposato la sorella. Quando il decrepito lord Walder Frey era sceso in guerra schierando le Torri Gemelle dalla parte di Delta delle Acque, ser Emmon aveva scelto la fedeltà verso la moglie contro la fedeltà verso il proprio padre. “Ma Castel Granito non ha fatto un grande affare” rifletté Jaime. Ser Cleos assomigliava a una donnola, combatteva come un’oca e aveva il coraggio di una pecora particolarmente temeraria. Lady Stark gli aveva promesso di liberarlo se lui avesse portato a Tyrion un suo messaggio, e ser Cleos aveva immediatamente accettato, impegnandosi con un solenne giuramento.

I giuramenti che li legavano, Jaime più di tutti, erano stati prestati in quella cella sotterranea. Erano il prezzo della loro liberazione. Lady Stark aveva appoggiato contro il petto di Jaime la punta della spada della donzella dicendo: «Giura che mai più prenderai le armi contro gli Stark o i Tully. Giura che imporrai a tuo fratello di onorare la promessa di restituirmi le mie figlie sane e salve. Giuralo sul tuo onore di cavaliere, sul tuo onore di Lannister, sul tuo onore di confratello investito della Guardia reale. Giuralo sulla testa di tua sorella, e di tuo padre, e di tuo figlio. Giuralo sugli antichi dèi e su quelli nuovi, e io ti rimanderò da Cersei. Rifiuta, e io avrò il tuo sangue». Catelyn aveva fatto ruotare la punta della lama e Jaime aveva l’impressione di sentire ancora sulla pelle la pressione dell’acciaio attraverso gli stracci.

“Mi domando che cosa avrebbe da dire l’Alto Sacerdote sul sacro vincolo dei giuramenti prestati quando si è ubriachi fradici, incatenati a un muro e con una spada premuta contro il torace.” Non che a Jaime importasse particolarmente di quel grasso imbroglione, né degli dèi che dichiarava di servire. Ricordò il secchio pieno di escrementi che lady Catelyn aveva rovesciato con un calcio sul pavimento della cella. Aveva detto che il suo onore di Lannister valeva meno di quel liquame putrescente. Strana donna, ad affidare le sue figlie a un uomo il cui onore era meno di merda. In ogni caso, almeno un po’, di lui era costretta a fidarsi. “No, è in Tyrion che ripone le sue speranze, non in me.” «Forse non è poi così stupida» disse a voce alta.

«Non sono stupida.» La donna che in quel momento lo teneva prigioniero interpretò la battuta nel modo sbagliato. «E nemmeno sorda.»

Jaime preferì essere gentile, deriderla sarebbe stato talmente facile da toglierne il gusto. «Stavo parlando a me stesso, e non di te. Stando in una cella, è un’abitudine che si prende facilmente.»

Lei lo guardò, la fronte aggrottata, poi continuò a remare, senza rispondere.

“Svelta di lingua quanto attraente di viso.” «Dal modo in cui ti esprimi, direi che tu sia di origini nobili» insistette Jaime.

«Mio padre è Selwyn di Tarth, per grazia degli dèi lord di Evenfall» perfino queste parole uscirono a fatica.

«Tarth» disse Jaime. «Una roccia troppo grossa nel mare Stretto, se ricordo bene. Ed Evenfall ha prestato giuramento di fedeltà a Capo Tempesta. Per cui, com’è che sei al servizio di Robb di Grande Inverno?»

«Sono al servizio di lady Catelyn. E lei mi ha ordinato di portarti sano e salvo da tuo fratello Tyrion ad Approdo del Re, non di fare giochetti di parole con te. Fa’ silenzio.»

«Ho la nausea di fare silenzio, donna.»

«E allora parla con ser Cleos. Non ho niente da dire ai mostri.»

Jaime ululò. «Ci sono mostri, qua attorno? Nascosti sott’acqua, forse? Nel folto dei cespugli? E io non ho nemmeno la mia spada!»

«Un uomo che ha violato sua sorella, che ha assassinato il suo re, che ha lanciato un bambino innocente dall’alto di una torre non merita nessun altro nome.»

“Innocente? Quel dannato ragazzino ci stava spiando .” L’unica cosa che Jaime aveva desiderato quel giorno era stare un’ora da solo con Cersei. Il viaggio verso nord era stato un vero e proprio tormento: vederla ogni momento senza poterla toccare, sapendo che Robert, ubriaco marcio, caracollava nel letto con lei ogni notte in quella grande e scricchiolante casa su ruote. Tyrion ce l’aveva messa tutta per tenerlo di buonumore, ma non era bastato.

«Riguardo a Cersei» ammonì Jaime «farai bene a misurare le parole, donzella.»

«Mi chiamo Brienne, non donzella. »

«Che t’importa di come ti chiama un mostro?»

«Mi chiamo Brienne» ripeté lei, instancabile come un mastino.

«Lady Brienne?» Lei fu talmente a disagio da far percepire a Jaime l’esistenza di un punto debole. «O magari ser Brienne sarebbe più di tuo gusto?» rise. «No, temo di no. Si può addobbare una vacca da latte con pizzi, merletti e crinolina, la si può avvolgere tutta quanta nella seta, ma questo non significa che si possa cavalcarla in battaglia.»

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