«Si» disse Harry, guardando a sua volta l’orologio. Erano le due in punto. «Vorrei che si sbrigasse…»
Calì scese raggiante di orgoglio.
«Dice che ho tutti i requisiti di una vera Veggente» dichiarò a Harry e Ron. «Ho visto un mucchio di cose… be’, buona fortuna!»
E corse giù per la scala a chiocciola incontro a Lavanda.
«Ronald Weasley» disse la familiare voce velata sopra le loro teste. Ron fece una smorfia rivolto a Harry e sparì su per la scaletta d’argento. Harry era l’ultimo rimasto. Sedette per terra, la schiena contro il muro, ascoltando una mosca che ronzava contro la finestra inondata di sole, il pensiero al di là del prato, con Hagrid.
Alla fine, dopo una ventina di minuti, i grossi piedi di Ron ricomparvero sulla scala.
«Com’è andata?» gli chiese Harry alzandosi.
«Uno schifo» rispose Ron. «Non ho visto niente, così mi sono inventato qualcosa. Non credo di averla convinta, comunque…»
«Ci vediamo in sala comune» mormorò Ron mentre la voce della professoressa Cooman chiamava «Harry Potter!»
La stanzetta della torre era più calda che mai; le tende erano tirate, il fuoco acceso, e il solito aroma nauseante fece tossire Harry mentre inciampava nella folla di sedie e tavoli fino a raggiungere la professoressa Cooman, che lo aspettava seduta davanti a una grossa sfera di cristallo.
«Buona giornata, mio caro» disse con voce dolce. «Se gentilmente vuoi guardare nell’Occhio… fai pure con calma… poi dimmi che cosa vedi…»
Harry si chinò sulla sfera di cristallo e la fissò più intensamente che poteva, nella speranza che gli mostrasse qualcosa oltre alla solita nebbia bianca vorticante. Ma non successe nulla.
«Allora?» lo esortò la professoressa Cooman. «Che cosa vedi?»
Il calore era soffocante e le narici di Harry bruciavano per il fumo profumato che si alzava dal fuoco. Pensò a quello che aveva appena detto Ron e decise di fingere.
«Ehm…» disse, «una forma scura… mmm…»
«A cosa assomiglia?» sussurrò la professoressa Cooman. «Pensaci…»
Harry si concentrò e gli venne in mente Fierobecco.
«A un Ippogrifo» disse deciso.
«Davvero!» bisbigliò la professoressa Cooman, scarabocchiando furiosamente sulla pergamena che teneva in bilico sulle ginocchia. «Ragazzo mio, forse vedi le conseguenze dei guai del povero Hagrid con il Ministero della Magia! Guarda meglio… ti sembra che l’Ippogrifo abbia… la testa?»
«Sì» disse Harry in tono fermo.
«Sicuro?» insistette la professoressa Cooman. «Sei sicuro, caro? Non lo vedi contorcersi a terra, magari, con una sagoma scura che brandisce l’ascia dietro di lui?»
«No!» disse Harry, che cominciava ad avvertire un vago malessere.
«Niente sangue? Hagrid non piange?»
«No!» ripeté Harry, desideroso di andarsene da quella stanza e dal calore. «Sta bene, adesso… vola via…»
La professoressa Cooman sospirò.
«Be’. caro, credo che ci fermeremo qui… un po’ deludente… ma sono certa che hai fatto del tuo meglio».
Sollevato, Harry si alzò, prese la borsa e fece per andarsene, ma poi una voce alta e dura parlò alle sue spalle.
« Accadrà questa notte » .
Harry si voltò. La professoressa Cooman si era irrigidita sulla sedia, lo sguardo perso e la bocca tremante.
«Co… come?» disse Harry.
Ma la professoressa Cooman parve non sentirlo. I suoi occhi si rovesciarono. Harry rimase lì spaventato. Sembrava che lei stesse per avere una specie di attacco. Esitò, pensando di correre fino all’infermeria. Poi la professoressa Cooman parlò di nuovo con quella voce dura, cosi diversa dal solito:
« Il Signore Oscuro è solo e senza amici, abbandonato dai suoi seguaci. Il suo servo è rimasto in catene per dodici anni. Questa notte, prima di mezzanotte, il servo si libererà e cercherà di unirsi al padrone. Il Signore Oscuro risorgerà con l’aiuto del servo, più grande e più orribile che mai. Questa notte… prima di mezzanotte… il servo… si libererà… per unirsi… al padrone… »
La testa le ricadde sul petto. L’insegnante emise una sorta di grugnito. Poi, all’improvviso, la sua testa si rialzò.
«Mi dispiace tanto, caro ragazzo» disse sognante. «Dev’essere il caldo, sai… mi sono addormentata…»
Harry continuò a guardarla.
«C’è qualcosa che non va, mio caro?»
«Lei… lei mi ha appena detto che il… il Signore Oscuro risorgerà… che il suo servo sta per tornare da lui…»
La professoressa Cooman parve decisamente stupita.
«Il Signore Oscuro? Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato? Mio caro ragazzo, non è una cosa sulla quale si può scherzare… risorgere, addirittura…»
«Ma l’ha detto lei un momento fa! Ha detto che il Signore Oscuro…»
«Ti devi essere assopito anche tu, caro!» disse la professoressa Cooman. «Non avrei mai la presunzione di prevedere una cosa così inverosimile!»
Harry ridiscese la scaletta e la scala a chiocciola, stupefatto… aveva appena ascoltato la professoressa Cooman formulare una vera profezia? O forse aveva solo pensato di concludere l’esame con una scena impressionante?
Cinque minuti dopo filava oltre i troll della sorveglianza, verso l’ingresso della Torre di Grifondoro, con in mente l’eco delle parole della professoressa Cooman. I compagni lo incrociarono diretti dalla parte opposta, ridendo e scherzando, puntando verso i prati e un po’ di quella libertà a lungo agognata; quando Harry ebbe superato il buco del ritratto ed entrò nella sala comune, la trovò quasi deserta. Tn un angolo però c’erano Ron e Hermione.
«La professoressa Cooman» esclamò Harry ansante, «mi ha appena detto…»
Ma si interruppe di colpo alla vista delle loro facce.
«Fierobecco ha perso» disse Ron pianissimo. «Hagrid ha appena mandato questo».
Il biglietto di Hagrid questa volta era asciutto, senza macchie di lacrime, ma la sua mano doveva aver tremato mentre scriveva, tanto che il messaggio si leggeva a stento.
Appello perso. Esecuzione al tramonto. Nulla da fare. Non venite. Non voglio che vedete.
Hagrid
«Dobbiamo andare» disse subito Harry. «Non può stare là seduto da solo ad aspettare il boia!»
«Al tramonto, però» disse Ron, che guardava nel vuoto fuori dalla finestra. «Non ci daranno mai il permesso… specialmente a te, Harry…»
Harry si prese la testa tra le mani, riflettendo.
«Se solo avessimo il Mantello dell’Invisibilità…»
«Dov’è?» chiese Hermione.
Harry le disse di averlo lasciato nel passaggio sotto la strega orba.
«…se Piton mi trova un’altra volta da quelle parti, finisco nei guai, e sul serio» concluse.
«È vero» disse Hermione alzandosi. «Se vede te… come si fa ad aprire la gobba della strega?»
«Devi… darle un colpo di bacchetta e dire Dissendium » rispose Harry. «Ma…»
Hermione non attese il resto della frase; attraversò la stanza, aprì con una spinta il ritratto della Signora Grassa e sparì dalla loro vista.
«Non sarà andata a prenderlo…» disse Ron attonito.
E invece sì. Hermione tornò un quarto d’ora dopo con il Mantello argenteo piegato con cura e nascosto sotto gli abiti.
«Hermione, non so che cosa ti prende ultimamente!» disse Ron sbalordito. «Prima picchi Malfoy, poi pianti la lezione della Cooman…»
Hermione parve piuttosto lusingata.
Scesero a cena con tutti gli altri, ma alla fine non tornarono alla Torre di Grifondoro. Harry aveva nascosto il Mantello sotto i vestiti; doveva tenere le braccia incrociate per nascondere il rigonfio. S’infilarono in una stanza vuota accanto alla Sala d’Ingresso, in ascolto, finché non furono certi che fosse deserta. Sentirono ancora qualcuno attraversare l’ingresso di corsa, e una porta che sbatteva. Hermione fece capolino dalla porta.
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