La McGranitt chiuse gli occhi come per invocare la pazienza e si voltò verso la Umbridge.
«Sì?»
«Credo che meritino qualcosa di più di una punizione» disse la Umbridge, con un sorriso ancora più ampio.
La McGranitt spalancò gli occhi.
«Purtroppo» rispose, tentando un sorriso di rimando che assomigliava di più a un sintomo del tetano, «conta quello che penso io, visto che sono nella mia Casa, Dolores».
«Be’, in realtà, Minerva» precisò leziosa la Umbridge, «credo che scoprirà che la mia opinione conta. Dove l’ho messa? Cornelius l’ha appena mandata… voglio dire» e diede in una risatina fasulla mentre frugava nella borsa, «il Ministro l’ha appena mandata… ah sì…»
Estrasse una pergamena e la srotolò. Si schiarì la voce con affettazione prima di leggere.
« Hem hem… Decreto Didattico Numero Venticinque » .
«Un altro!» esclamò con veemenza la McGranitt.
«Sì» disse la Umbridge, sempre sorridendo. «In effetti, Minerva, è stata proprio lei a farmi capire che era necessario un ulteriore emendamento… ricorda come mi ha scavalcato, quando non volevo consentire alla squadra di Quidditch di Grifondoro di ricomporsi? Ha portato il caso davanti a Silente, che ha insistito perché la squadra tornasse a giocare. Be’, non potevo accettarlo. Ho preso subito contatti con il Ministro, e lui ha convenuto che l’Inquisitore Supremo deve avere il potere di sottrarre privilegi agli allievi, o non avrebbe… o, per meglio dire, non avrei più autorità di un qualsiasi insegnante! E ora vede, Minerva, che avevo ragione a non volere che la squadra di Grifondoro si ricostituisse? Hanno dei caratteri spaventosi… stavo leggendo il Decreto, comunque… hem hem… All’Inquisitore Supremo è conferita la massima autorità sulle punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi riguardanti gli allievi di Hogwarts, nonché la facoltà di alterare punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi comminate da altri membri del personale. Firmato Cornelius Caramell, Ministro della Magia, Ordine di Merlino, Prima Classe eccetera eccetera » .
Arrotolò la pergamena e la ripose nella borsa, senza smettere di sorridere.
«Dunque… credo proprio che dovrò squalificare questi due dal gioco del Quidditch a tempo indeterminato» disse, guardando da Harry a George e viceversa.
Harry sentì il Boccino agitarsi freneticamente nella sua mano.
«Squalificarci?» ripeté, e la sua voce suonò stranamente remota. «A tempo… indeterminato?»
«Sì, signor Potter, ritengo che una squalifica a vita sia l’ideale» disse la Umbridge, con un sorriso che si allargava sempre più mentre Harry si sforzava di capire quello che aveva appena sentito. «Lei e il signor Weasley qui presente. E per essere sicuri, credo che anche il gemello di questo giovanotto vada fermato… se le sue compagne di squadra non gliel’avessero impedito, sono certa che avrebbe attaccato anche lui il giovane Malfoy. Naturalmente le loro scope sono confiscate; le terrò al sicuro nel mio ufficio, per essere certa che la squalifica non venga violata. Ma non sono irragionevole, professoressa McGranitt» proseguì, rivolgendosi alla McGranitt, che la fissava, immobile come una statua di ghiaccio. «Il resto della squadra può continuare a giocare, non ho visto segni di violenza da parte loro. Bene… buon pomeriggio».
E con uno sguardo di somma soddisfazione, la Umbridge uscì dall’ufficio, lasciandosi alle spalle una scia di orripilato silenzio.
* * *
«Squalificati» mormorò Angelina con voce sepolcrale, quella sera nella sala comune. «A vita. Niente Cercatore e niente Battitori… ora che accidenti facciamo?»
Non pareva proprio che avessero vinto la partita. Ovunque Harry guardasse, c’erano facce sconsolate e furiose; la squadra era sprofondata nelle poltrone attorno al fuoco, tutti tranne Ron, che non si vedeva dalla fine dell’incontro.
«È così ingiusto» disse Alicia, stordita. «Insomma, e Tiger, che ha tirato quel Bolide dopo il fischio? Lui l’ha squalificato?»
«No» disse Ginny mesta; lei e Hermione erano sedute ai due lati di Harry. «Avrà solo una punizione, ho sentito Montague che ne rideva a cena».
«E squalificare Fred, che non ha fatto nulla!» esclamò furiosa Alicia, battendosi più volte il pugno sul ginocchio.
«Non per scelta» precisò Fred, con una faccia bruttissima. «Avrei ridotto quel piccolo rifiuto a una polpetta se voi tre non mi aveste trattenuto».
Harry fissava infelice la finestra scura. Nevicava. Il Boccino che aveva catturato sfrecciava su e giù per la sala comune; la gente lo guardava come ipnotizzata e Grattastinchi saltava da una sedia all’altra, cercando di acchiapparlo.
«Io vado a letto» annunciò Angelina, alzandosi lentamente. «Forse è tutto un brutto sogno… forse mi sveglierò domani mattina e scoprirò che non abbiamo ancora giocato…»
Alicia e Katie la seguirono subito. Fred e George si trascinarono a letto poco dopo, lanciando occhiate torve, e Ginny se ne andò non molto più tardi. Solo Harry e Hermione rimasero accanto al fuoco.
«Hai visto Ron?» chiese Hermione a voce bassa.
Harry scosse il capo.
«Credo che ci stia evitando» disse Hermione. «Dove credi che…»
In quel preciso istante, con un cigolio alle loro spalle, il ritratto della Signora Grassa si aprì e Ron entrò arrancando dal buco. Era molto pallido e aveva neve sui capelli. Quando vide Harry e Hermione si fermò di botto.
«Dove sei stato?» chiese ansiosa Hermione, balzando in piedi.
«In giro» mugugnò Ron. Portava ancora la divisa da Quidditch.
«Sei congelato» disse Hermione. «Vieni a sederti!»
Ron si avvicinò al camino e sprofondò nella poltrona più lontana da Harry, senza guardarlo. Il Boccino rubato sfrecciò sopra le loro teste.
«Mi dispiace» mormorò Ron, guardandosi i piedi.
«Di cosa?» chiese Harry.
«Di aver pensato di poter giocare a Quidditch» rispose Ron. «Domani mattina mi dimetto, per prima cosa».
«Se ti dimetti» rispose Harry stizzito, «resteranno solo tre giocatori in squadra». E quando Ron lo guardò perplesso, spiegò: «Mi hanno squalificato per il resto della vita. E anche Fred e George».
«Cosa?» urlò Ron.
Hermione gli raccontò tutta la storia; Harry non avrebbe sopportato di doverla ripetere da capo. Quando ebbe finito, Ron era più angosciato che mai.
«È tutta colpa mia…»
«Non sei stato tu a farmi picchiare Malfoy» ribatté Harry furioso.
«…se non fossi un tale disastro a Quidditch…»
«…questo non c’entra niente».
«…è stata quella canzone a farmi impazzire…»
«…avrebbe fatto impazzire chiunque».
Hermione si alzò e andò alla finestra, lontano dalla discussione, a guardare la neve che vorticava contro i vetri.
«Senti, smettila, d’accordo?» sbottò Harry. «Va già abbastanza male senza che tu ti addossi la colpa di tutto!»
Ron non rispose, ma guardò l’orlo bagnato della sua veste con aria infelice. Dopo un po’ disse, con voce sorda: «Non mi sono mai sentito peggio in vita mia».
«Benvenuto nel club» disse amareggiato Harry.
«Be’» intervenne Hermione, con la voce che tremava appena. «Io so una cosa che potrebbe farvi star meglio tutti e due».
«Ah, sì?» chiese Harry, scettico.
«Sì» rispose Hermione, voltando le spalle alla finestra nera come la pece e bagnata di neve, con un sorriso che le si allargava sul volto. «Hagrid è tornato».
CAPITOLO 20
IL RACCONTO DI HAGRID
Harry si precipitò a prendere il Mantello dell’Invisibilità e la Mappa del Malandrino dal suo baule; fece così in fretta che lui e Ron erano pronti almeno cinque minuti prima che Hermione scendesse di corsa dal suo dormitorio con guanti, sciarpa e uno dei suoi bitorzoluti berretti da elfo in testa.
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