1 ...6 7 8 10 11 12 ...196 Ma Harry stava già sfilando un rotolo di pergamena dalla zampa del gufo. Era così convinto che la lettera fosse di Silente che spiegava tutto — i Dissennatori, la signora Figg, che cosa stava combinando il Ministero, come lui, Silente, intendeva sistemare le cose — che per la prima volta nella vita fu deluso nel vedere la grafia di Sirius. Ignorando la tirata di zio Vernon contro i gufi, ancora in corso, e strizzando gli occhi davanti a una seconda nuvola di fuliggine sollevata dall’ultimo gufo che ripartiva su per il camino, Harry lesse il messaggio di Sirius.
Arthur ci ha appena detto che cosa è successo. Fai qualunque cosa, ma non uscire più di casa.
Harry la trovò una risposta così inadeguata a tutto ciò che era accaduto quella notte che voltò la pergamena, cercando il resto della lettera. Ma non c’era altro.
Ecco che si stava arrabbiando di nuovo. Nessuno aveva intenzione di dirgli “ben fatto” per aver respinto da solo due Dissennatori? Sia il signor Weasley che Sirius parlavano come se lui si fosse comportato male, come se stessero risparmiando le sgridate fino a quando non avessero potuto stabilire la gravità dei fatti.
«…un pacco, voglio dire, un sacco di gufi che filano dentro e fuori casa. Non lo accetto, ragazzo, io non…»
«Non posso impedire ai gufi di arrivare» sbottò Harry, appallottolando la lettera di Sirius.
«Voglio la verità su quello che è successo stanotte!» abbaiò zio Vernon. «Se sono stati i Disserratori a far del male a Dudley, come mai sei stato espulso? Hai fatto una tu-sai-che-cosa, l’hai ammesso!»
Harry trasse un profondo respiro per calmarsi. La testa cominciava a fargli male di nuovo. Voleva più di ogni altra cosa uscire dalla cucina, allontanarsi dai Dursley.
«Ho fatto l’Incanto Patronus per liberarci dai Dissennatori» disse, costringendosi a restare calmo. «È la sola cosa che funziona contro di loro».
«Ma che cosa ci facevano dei Disseccatori a Little Whinging?» chiese zio Vernon in tono offeso.
«Non saprei» rispose Harry stancamente. «Non ne ho idea».
La sua testa pulsava nel bagliore del neon. La sua rabbia si sgonfiò. Si sentiva svuotato, esausto. I Dursley lo fissavano, tutti e tre.
«Sei tu» disse zio Vernon con violenza. «Deve aver a che fare con te, ragazzo, lo so. Perché altrimenti avrebbero dovuto saltar fuori qui? Perché mai dovevano essere in quel vicolo? Tu devi essere l’unico… l’unico…» Chiaramente non riusciva a pronunciare la parola “mago”. «L’unico tu-sai-cosa nel raggio di miglia».
«Non so perché erano qui».
Ma alle parole di zio Vernon, il cervello sfinito di Harry era tornato in azione. Perché i Dissennatori erano venuti a Little Whinging? Come poteva essere una coincidenza il fatto che fossero arrivati nel vicolo dove sì trovava Harry? Erano stati mandati? Il Ministero della Magia aveva perso il controllo sui Dissennatori? Avevano abbandonato Azkaban e si erano uniti a Voldemort, come aveva predetto Silente?
«Questi Disserratori sorvegliano una prigione di pazzi?» chiese zio Vernon, spezzando di colpo il filo dei pensieri di Harry.
«Sì» rispose Harry.
Se solo la testa avesse smesso di fargli male, se solo avesse potuto uscire dalla cucina e raggiungere la sua stanza buia e pensare…
«Oho! Sono venuti ad arrestarti!» esclamò zio Vernon, con l’aria trionfante di chi raggiunge una conclusione inconfutabile. «È così, vero, ragazzo? Sei in fuga dalla legge!»
«Certo che no» disse Harry, scuotendo il capo come per cacciare una mosca, con la mente che correva.
«E allora perché…?»
«Deve averli mandati lui» mormorò Harry, più a se stesso che a zio Vernon.
«Come sarebbe? Chi deve averli mandati?»
«Lord Voldemort» rispose Harry.
Registrò vagamente quanto fosse strano che i Dursley, che si ritraevano, strizzavano gli occhi, trasalivano e piagnucolavano all’udire parole come “mago”, “magia” o “bacchetta”, potessero ascoltare il nome del mago più malvagio di tutti i tempi senza il minimo tremore.
«Lord… un momento» disse zio Vernon, il volto contratto, un’espressione di crescente comprensione negli occhi porcini. «Ho sentito quel nome… era quello che…»
«Ha assassinato i miei genitori, sì» concluse Harry per lui.
«Ma è sparito» disse zio Vernon impaziente, senza minimamente pensare che l’assassinio dei genitori di Harry potesse essere un argomento penoso. «L’ha detto quel tipo gigante. È sparito».
«È tornato» rispose Harry gravemente.
Era molto strano, trovarsi lì in piedi nella cucina chirurgicamente asettica di zia Petunia, accanto al frigorifero ultimo modello e al televisore wide-screen, a parlare tranquillamente di Lord Voldemort con zio Vernon. L’arrivo dei Dissennatori a Little Whinging sembrava aver aperto una breccia nell’enorme muro invisibile che separava il mondo inesorabilmente non magico di Privet Drive dal mondo al di là. Le due vite di Harry si erano in un certo modo fuse e tutto era stato rovesciato; i Dursley chiedevano dettagli del mondo magico, e la signora Figg conosceva Albus Silente; i Dissennatori veleggiavano per Little Whinging, e lui rischiava di non tornare mai più a Hogwarts. La testa di Harry pulsò in modo ancor più doloroso.
«Tornato?» sussunò zia Petunia.
Stava guardando Harry come non lo aveva mai guardato prima. E all’improvviso, per la primissima volta nella sua vita, Harry apprezzò a fondo il fatto che zia Petunia fosse la sorella di sua madre. Non avrebbe saputo dire perché questo lo colpisse con tanta forza in quel momento. Sapeva solo di non essere l’unica persona nella stanza ad avere una vaga idea di ciò che poteva significare il ritorno di Lord Voldemort. Zia Petunia non l’aveva mai guardato così in tutta la sua vita. I suoi grandi occhi sbiaditi (così diversi da quelli della sorella) non erano serrati per il disgusto o la rabbia: erano spalancati e colmi di paura. La furibonda finzione che zia Petunia aveva sostenuto per tutta la vita di Harry — che non esisteva la magia e non esisteva mondo al di fuori di quello che abitava con zio Vernon — sembrava essere crollata.
«Sì» disse Harry, rivolto direttamente a zia Petunia, questa volta. «È tornato un mese fa. Io l’ho visto».
Le mani di lei trovarono le enormi spalle fasciate di pelle di Dudley e le serrarono.
«Un momento» riprese zio Vernon, spostando lo sguardo dalla moglie a Harry e viceversa, chiaramente stordito e confuso dalla comprensione senza precedenti che sembrava essere scattata fra loro. «Un momento. Dici che questo Lord Voldchecosa è tornato».
«Sì».
«Quello che ha assassinato i tuoi genitori».
«Sì».
«E adesso sta mandando i Dissalatori a darti la caccia?»
«Pare di sì» rispose Harry.
«Capisco» disse zio Vernon, spostando lo sguardo dalla pallida moglie a Harry e tirandosi su i pantaloni. Sembrava che si stesse ingrossando; il suo faccione violetto si dilatava davanti agli occhi di Harry. «Be’, questo decide tutto» disse, e il petto della camicia si tese mentre lui si gonfiava, « puoi andartene da questa casa, ragazzo! »
«Che cosa?» chiese Harry.
«Mi hai sentito: FUORI!» urlò zio Vernon, e perfino zia Petunia e Dudley sussultarono. «FUORI! FUORI! Avrei dovuto farlo anni fa! Gufi che trattano questo posto come un trespolo, pudding che esplodono, mezzo salotto distrutto, la coda di Dudley, Marge che rimbalza sul soffitto e quella Ford Anglia volante… FUORI! FUORI! È finita! Hai chiuso! Non resterai qui se un pazzo ti dà la caccia, non metterai in pericolo mia moglie e mio figlio, non ci procurerai altri guai. Se stai imboccando la strada dei tuoi inutili genitori, io ne ho abbastanza! FUORI!»
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