1 ...7 8 9 11 12 13 ...196 Harry rimase inchiodato dov’era. Le lettere del Ministero, del signor Weasley e di Sirius erano tutte accartocciate nella sua mano sinistra. Fai qualunque cosa, ma non uscire più di casa. NON USCIRE DALLA CASA DEI TUOI ZII.
«Mi hai sentito!» gridò zio Vernon, chinandosi in avanti, il faccione violetto così vicino che Harry sentì gli spruzzi di saliva colpirgli il viso. «Muoviti! Non vedevi l’ora di andartene mezz’ora fa! Ti accontento! Esci e non oscurare mai più la nostra soglia! Perché poi ti abbiamo tenuto, non lo so. Marge aveva ragione, dovevi andare all’orfanotrofio. Siamo stati troppo deboli, credevamo di fartela passare, credevamo di renderti normale, ma sei sempre stato marcio e io ne ho abbastanza… di gufi !»
Il quinto gufo sfrecciò giù dal camino così veloce che si schiantò a terra prima di rialzarsi per aria con un alto stridio. Harry allungò la mano per afferrare la lettera, che era dentro una busta scarlatta, ma l’uccello si librò sopra la sua testa e volò diritto verso zia Petunia, che emise un urlo e si chinò, le mani sul viso. Il gufo lasciò cadere la busta rossa sulla sua testa, si voltò e volò via su per il camino.
Harry scattò in avanti per prendere la lettera, ma zia Petunia lo precedette.
«Puoi aprirla, se vuoi» disse Harry, «ma sentirò comunque che cosa dice, perché è una Strillettera».
«Lasciala andare, Petunia» ruggì zio Vernon. «Non toccarla, potrebbe essere pericolosa!»
«È indirizzata a me» disse zia Petunia con voce tremolante. «È indirizzata a me, Vernon, guarda! Signora Petunia Dursley, Cucina, Privet Drive, numero quattro… »
Trattenne il fiato, terrorizzata. La busta rossa aveva cominciato a fumare.
«Aprila!» la esortò Harry. «Falla finita! Succederà comunque».
«No».
La mano di zia Petunia tremava. Si guardò intorno disperatamente, come in cerca di una via di fuga, ma troppo tardi: la busta scoppiò in fiamme. Zia Petunia strillò e la lasciò cadere.
Una voce terribile riempì la cucina rimbombando nello spazio limitato, levandosi dal foglio che ardeva sul tavolo.
« Ricorda la mia ultima, Petunia ».
Zia Petunia sembrava sul punto di svenire. Si lasciò cadere sulla sedia vicino a Dudley, il volto tra le mani. I resti della busta si ridussero in cenere, nel silenzio.
«Che cos’è?» chiese zio Vernon con voce roca. «Cosa… io non… Petunia?»
Zia Petunia non rispose. Dudley fissava con aria stolida sua madre, a bocca spalancata. Il silenzio si levava in orride spirali. Harry osservava la zia, profondamente sconvolto, la testa che pulsava, pronta a esplodere.
«Petunia, cara…» disse zio Vernon timidamente. «P-Petunia…»
Lei alzò il capo. Tremava ancora. Deglutì.
«Il ragazzo… il ragazzo deve restare, Vernon» mormorò debolmente.
«C-cosa?»
«Lui rimane» disse lei. Non stava guardando Harry. Si alzò di nuovo.
«Lui… ma Petunia…»
«Se lo buttiamo fuori, i vicini parleranno» disse. Stava riacquistando in fretta i soliti modi bruschi e stizzosi, anche se era ancora molto pallida. «Faranno domande strane, vorranno sapere dov’è andato. Dobbiamo tenerlo».
Zio Vernon si sgonfiò come una vecchia gomma.
«Ma Petunia, cara…»
Zia Petunia lo ignorò. Si rivolse a Harry.
«Devi restare nella tua camera» ordinò. «Non devi uscire di casa. Ora vai a dormire».
Harry non si mosse.
«Di chi era quella Strillettera?»
«Non fare domande» sbottò zia Petunia.
«Sei in contatto con dei maghi?»
«Ti ho detto di andare a dormire!»
«Che cosa voleva dire? Ricorda l’ultima che cosa?»
«Vai a dormire!»
«Come mai…?»
«HAI SENTITO LA ZIA, ADESSO FILA A LETTO!»
Sono appena stato attaccato dai Dissennatori e potrei essere espulso da Hogwarts. Voglio sapere che cosa sta succedendo e quando uscirò di qui.
Harry ricopiò queste parole su tre diversi fogli di pergamena non appena fu alla sua scrivania nella camera da letto buia. Indirizzò il primo a Sirius, il secondo a Ron e il terzo a Hermione. La sua civetta, Edvige, era fuori a caccia; la gabbia era sulla scrivania, vuota. Harry fece su e giù per la stanza in attesa del suo ritorno, la testa che gli rimbombava, la mente troppo agitata per dormire, anche se gli occhi gli bruciavano e gli dolevano per la stanchezza. Gli faceva male la schiena per aver trascinato Dudley fino a casa, e i due bernoccoli sulla testa dove la finestra e Dudley lo avevano colpito pulsavano dolorosamente.
Andò su e giù, divorato dalla rabbia e dalla frustrazione, digrignando i denti e serrando i pugni, scoccando sguardi furiosi al cielo vuoto e trapunto di stelle tutte le volte che passava davanti alla finestra. Dissennatori mandati a prenderlo, la signora Figg e Mundungus Fletcher che lo pedinavano, poi la sospensione da Hogwarts e un’udienza al Ministero della Magia, e ancora nessuno che gli dicesse che cosa stava succedendo.
E quella Strillettera, di che cosa, di che cosa parlava? Di chi era la voce che era risuonata così orribile e minacciosa in cucina?
Perché era ancora intrappolato lì, senza spiegazioni? Perché tutti lo trattavano come un bambino cattivo? Non fare altre magie, rimani in casa…
Sferrò un calcio al baule della scuola quando gli passò accanto, ma lungi dallo sfogare la rabbia si sentì peggio, perché ora aveva un dolore acuto all’alluce che si sommava a quello del resto del corpo.
Proprio mentre zoppicava davanti alla finestra, Edvige entrò planando con un morbido fruscio di piume, come un piccolo fantasma.
«Era ora!» esclamò aspro Harry, vedendola atterrare leggera in cima alla gabbia. «Mettila giù, ho del lavoro per te!»
I grandi occhi d’ambra di Edvige lo scrutarono con aria di rimprovero al di sopra della rana morta che reggeva nel becco.
«Vieni qui» disse Harry. Prese i tre rotolini di pergamena e un laccio di cuoio e legò i cartigli alla zampa squamosa. «Portali subito a Sirius, Ron e Hermione e non tornare senza risposte lunghe. Continua a beccarli finché non hanno scritto risposte di una lunghezza dignitosa, se sei costretta. Capito?»
Edvige emise un fischio soffocato, il becco ancora pieno di rana.
«Allora muoviti» disse Harry.
La civetta decollò all’istante. Non appena fu partita, Harry si gettò completamente vestito sul letto e fissò il soffitto buio. In aggiunta a tutte le altre sensazioni deprimenti, si sentiva in colpa per aver trattato male Edvige; era l’unica amica che avesse al numero quattro di Privet Drive. Ma con lei avrebbe fatto la pace quando fosse tornata con le risposte di Sirius, Ron e Hermione.
Avrebbero certo risposto in fretta; non potevano ignorare un attacco di Dissennatori. Probabilmente l’indomani al risveglio avrebbe trovato ad aspettarlo tre grosse lettere piene di comprensione e progetti per il suo immediato trasferimento alla Tana. E con quell’idea confortante, il sonno calò su di lui, scacciando tutti gli altri pensieri.
* * *
Ma Edvige non tornò la mattina dopo. Harry passò la giornata in camera sua e ne uscì solo per andare in bagno. Tre volte quel giorno zia Petunia gli spinse del cibo nella stanza, attraverso la gattaiola che zio Vernon aveva installato tre estati prima. Tutte le volte che Harry la sentiva avvicinarsi cercava di interrogarla sulla Strillettera, ma avrebbe potuto interrogare la maniglia, per le risposte che ottenne. Per il resto, i Dursley si tennero alla larga. Harry non vedeva l’utilità di obbligarli a subire la sua compagnia; un’altra lite non avrebbe sortito nulla, se non forse il risultato di farlo arrabbiare tanto da costringerlo a compiere altre magie illegali.
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