Harry sentì una piccola fitta al pensiero della pila di compiti che lo aspettavano di sopra, ma il cielo era di un azzurro limpido che dava l’euforia, e non era montato sulla sua Firebolt per tutta la settimana…
«Be’, possiamo farli stasera» disse Ron, mentre lui e Harry scendevano per i prati verso il campo di Quidditch, con le scope in spalla; le terribili minacce di Hermione che sarebbero stati bocciati a tutti i G.U.F.O. ancora risuonavano nelle loro orecchie. «E abbiamo anche domani. Si agita per i compiti, è il suo problema…» Ci fu una pausa e poi aggiunse, in tono appena più ansioso: «Credi che parlasse sul serio quando ha detto che non ci avrebbe lasciato copiare da lei?»
«Sì» rispose Harry. «Però è importante anche questo, dobbiamo allenarci se vogliamo continuare a far parte della squadra di Quidditch…»
«Sì, è vero» disse Ron, rincuorato. «E abbiamo un sacco di tempo…»
Mentre si avvicinavano al campo di Quidditch, Harry guardò alla sua destra, dove gli alberi della foresta proibita fremevano oscuri. Nulla si alzò in volo; il cielo era vuoto, a parte alcuni gufi che volteggiavano lontano attorno alla Torre della Guferia. Aveva già abbastanza preoccupazioni, il cavallo volante non gli faceva alcun male, e lo cacciò via dalla mente.
Presero delle palle dall’armadio dello spogliatoio e cominciarono ad allenarsi: Ron sorvegliava le tre alte porte, Harry giocava da Cacciatore e tentava di far passare la Pluffa oltre Ron. Ron era proprio bravo; bloccò i tre quarti dei tiri di Harry e giocava sempre meglio via via che si allenavano. Dopo un paio d’ore tornarono al castello per il pranzo, durante il quale Hermione annunciò senza giri di parole che li riteneva due irresponsabili; poi tornarono al campo di Quidditch per i veri allenamenti. Tutti i loro compagni, tranne Angelina, erano già nello spogliatoio.
«Tutto bene, Ron?» chiese George con una strizzatina d’occhi.
«Sì» rispose Ron, che era diventato sempre più silenzioso man mano che si avvicinavano al campo.
«Pronto a farci fare brutta figura, prefettuccio?» domandò Fred, sbucando tutto spettinato e con un ghigno malizioso dal collo della divisa da Quidditch.
«Taci» mormorò Ron, il volto di pietra, infilando la divisa per la prima volta. Gli andava bene, considerato che era appartenuta a Oliver Baston, parecchio più largo di spalle.
«Bene, tutti quanti» disse Angelina, arrivando già vestita dall’ufficio del Capitano. «Cominciamo. Alicia e Fred, potete portare la cesta delle palle? Oh, c’è un po’ di gente là fuori a guardare, ma voglio che la ignoriate, d’accordo?»
Qualcosa nel suo finto tono disinvolto suggerì a Harry che forse sapeva chi erano gli spettatori non invitati; infatti uscirono dallo spogliatoio nella vivida luce solare sotto una tempesta di fischi e urla della squadra di Serpeverde e di tifosi assortiti, raggruppati a metà delle tribune vuote. Le loro voci echeggiavano forte nello stadio.
«Che cosa cavalca quel Weasley?» gridò Malfoy con la sua beffarda voce strascicata. «Chi è che ha gettato un Incantesimo Volante su quel vecchio ciocco muffito?»
Tiger, Goyle e Pansy Parkinson sghignazzarono e strillarono. Ron, inforcata la sua scopa, decollò scalciando il suolo e Harry lo seguì, guardando le sue orecchie che arrossivano.
«Ignorali» disse, accelerando per raggiungerlo, «vedremo chi riderà dopo che avremo giocato contro di loro…»
«Questo è l’atteggiamento che voglio, Harry» approvò Angelina, librandosi sopra di loro con la Pluffa sottobraccio e rallentando per restare sospesa davanti alla sua squadra volante. «Bene, tutti quanti, cominceremo con qualche passaggio per scaldarci, tutti quanti, per favore…»
«Ehi, Johnson, che senso ha quell’acconciatura?» strillò Pansy Parkinson da sotto. «Che te ne fai di tutti quei vermi che ti escono dalla testa?»
Angelina scostò dal viso le lunghe treccine e continuò tranquillamente: «Sparpagliatevi, allora, e vediamo che cosa riusciamo a fare…»
Harry si allontanò dagli altri in retromarcia e raggiunse l’altra estremità del campo. Ron si ritrasse verso la porta di fronte. Angelina prese la Pluffa con una mano e la scagliò forte a Fred, che la passò a George, che la passò a Harry, che la passò a Ron, che la lasciò cadere.
I Serpeverde, guidati da Malfoy, esplosero in urla e scoppi di risate. Ron, che si era precipitato per afferrare la Pluffa prima che toccasse il suolo, sterzò dalla picchiata in maniera goffa, e scivolò di lato sulla scopa, poi tornò in quota, tutto rosso. Harry vide Fred e George scambiarsi uno sguardo, ma stranamente nessuno dei due disse nulla, cosa di cui fu loro grato.
«Passala, Ron» gridò Angelina, come se niente fosse.
Ron lanciò la Pluffa ad Alicia, che la ripassò a Harry, che la passò a George…
«Ehi, Potter, come va la cicatrice?» urlò Malfoy. «Sicuro che non hai bisogno di un riposino? Dev’essere, vediamo un po’, una settimana intera che non vai in infermeria, per te è un record, no?»
George passò ad Angelina; lei passò indietro a Harry, che non se l’aspettava, ma prese la palla con la punta delle dita e la passò rapido a Ron, che si tuffò e la mancò di pochi centimetri.
«Dài, Ron» disse Angelina seccata, mentre lui si precipitava di nuovo verso terra, inseguendo la Pluffa. «Stai attento».
Sarebbe stato difficile dire se fosse più rossa la faccia di Ron o la Pluffa. Malfoy e il resto della sua squadra ululavano dal ridere.
Al terzo tentativo, Ron prese la Pluffa; forse per il sollievo la passò con tanto entusiasmo a Katie che la colpì forte in faccia.
«Scusa!» gemette Ron, scattando in avanti per vedere se le aveva fatto male.
«Torna al tuo posto, sta bene!» abbaiò Angelina. «Quando passi a una compagna, cerca di non ribaltarla dalla scopa, d’accordo? Per quello ci sono i Bolidi!»
Il naso di Katie sanguinava. Giù in basso, i Serpeverde battevano i piedi e sghignazzavano. Fred e George volarono verso Katie.
«Ecco, prendi questo» le disse Fred, dandole qualcosa di piccolo e viola che si era sfilato di tasca, «sistemerà tutto in un attimo».
«D’accordo» gridò Angelina, «Fred, George, andate a prendere le mazze e un Bolide. Ron, vai su alle porte. Harry, lascia andare il Boccino quando lo dico io. Cercheremo di segnare nella porta di Ron, naturalmente».
Harry filò dietro ai gemelli per andare a prendere il Boccino.
«Ron non se la sta cavando molto bene, eh?» borbottò George, quando i tre atterrarono vicino alla cesta delle palle e la aprirono per estrarre un Bolide e il Boccino.
«È solo nervoso» rispose Harry, «andava benone quando mi sono allenato con lui stamattina».
«Be’, spero che non abbia già dato il massimo» disse Fred di malumore.
Tornarono in aria. Quando Angelina fischiò, Harry liberò il Boccino e Fred e George lasciarono il Bolide. Da quel momento, Harry quasi non si rese conto di quello che facevano gli altri. Il suo compito era riacchiappare la pallina dorata svolazzante che valeva centocinquanta punti per la squadra del Cercatore e questo richiedeva enorme rapidità e abilità. Accelerò, vorticando e scartando tra i Cacciatori, la tiepida aria autunnale che gli frustava il volto; le urla remote dei Serpeverde erano un ruggito insignificante nelle sue orecchie… ma troppo presto un fischio lo costrinse di nuovo a fermarsi.
«Stop… stop… STOP!» gridò Angelina. «Ron… non stai coprendo la porta centrale!»
Harry si voltò a guardare Ron, che galleggiava davanti all’anello di sinistra, lasciando gli altri due completamente scoperti.
«Oh… mi dispiace…»
«Continui a spostarti mentre guardi i Cacciatori!» disse Angelina. «O stai al centro finché non devi muoverti per difendere un anello, oppure gira intorno agli anelli, ma non svolazzare da una parte, è così che hai lasciato passare gli ultimi tre tiri!»
Читать дальше
Конец ознакомительного отрывка
Купить книгу