J.K. Rowling - Harry Potter e l'Ordine della Fenice

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Harry Potter e l'Ordine della Fenice: краткое содержание, описание и аннотация

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Il quarto volume delle avventure di Harry Potter ci ha lasciato con il fiato sospeso: Lord Voldemort è tornato. Che cosa succederà ora che l’Oscuro Signore è di nuovo in pieno possesso dei suoi terrificanti poteri? Quanta morte e distruzione seminerà nel tentativo di riprendere il dominio dei mondo? Sono le stesse domande che si pone Harry Potter, disperatamente segregato — come tutte le estati — nella casa dei suoi zii Babbani, lontano dal mondo magico che gli appartiene. Ma qualcosa è cambiato anche in lui. Ormai quindicenne, lo ritroviamo divorato dalla frustrazione, dalla rabbia e dall’ansia di ribellione tipiche della sua età. In uno dei libri più attesi nella storia della letteratura, J.K. Bowling non cessa di stupirci. Tessendo un’altra stupefacente trama, riesce questa volta a dar voce alle inquietudini dell’adolescenza, ad arricchire il suo già mirabolante universo di nuove creature e nuovi indimenticabili personaggi, e anche a metterci in guardia contro la stupidità del potere e di chi lo usa per combattere il talento, il coraggio, la fantasia e la diversità.

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«Be’, che cosa vuol dire?» chiese Ron, impaziente.

«Te lo spiego io» rispose Hermione minacciosa. «Vuol dire che il Ministero si sta intromettendo negli affari di Hogwarts».

Attorno a loro si levò un gran sbatacchiare; era chiaro che Silente aveva appena congedato gli studenti, perché tutti si alzavano, pronti a uscire dalla Sala. Hermione scattò in piedi, turbata.

«Ron, dobbiamo mostrare la strada a quelli del primo anno!»

«Oh, sicuro» disse Ron, che chiaramente se l’era dimenticato. «Ehi… ehi, voi! Nanerottoli!»

« Ron! »

«Be’, è vero, sono minuscoli…»

«Lo so, ma non puoi chiamarli nanerottoli!… Voi del primo anno!» gridò Hermione in tono autoritario lungo il tavolo. «Da questa parte, per favore!»

Un gruppo di nuovi studenti si avviò timidamente lungo lo spazio fra i tavoli di Grifondoro e di Tassorosso, ciascuno deciso a non passare per primo. Sembravano davvero molto piccoli; Harry era certo di non aver avuto un’aria così giovane al suo arrivo. Rivolse loro un gran sorriso. Un ragazzino biondo vicino a Euan Abercrombie rimase pietrificato; diede una gomitata a Euan e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Euan Abercrombie sembrò altrettanto spaventato e scoccò uno sguardo di terrore a Harry, che sentì il gran sorriso scivolargli via dalla faccia come Puzzalinfa.

«Ci vediamo dopo» disse a Ron e Hermione, e uscì dalla Sala Grande da solo, sforzandosi di ignorare altri mormorii, altri sguardi fissi e altri cenni al suo passaggio. Tenne lo sguardo puntato davanti a sé facendosi strada fra la calca nella Sala d’Ingresso, poi corse su per la scalinata di marmo, imboccò un paio di scorciatoie nascoste e ben presto si lasciò alle spalle gran parte della folla.

Era stato uno stupido a non prevederlo, pensò con rabbia percorrendo i corridoi molto più sgombri dei piani di sopra. Naturale che lo guardassero tutti: due mesi prima era sbucato dal labirinto del Tremaghi col cadavere di un compagno, affermando che Lord Voldemort era tornato. Non c’era stato tempo, alla fine dell’anno, di dare spiegazioni prima che andassero tutti a casa, anche se avesse avuto voglia di fornire alla scuola intera un resoconto dettagliato dei terribili eventi accaduti in quel cimitero.

Harry aveva raggiunto la fine del corridoio che portava nella sala comune di Grifondoro e si arrestò davanti al ritratto della Signora Grassa prima di rendersi conto che non conosceva la nuova parola d’ordine.

«Ehm…» mormorò, depresso, fissando la Signora Grassa, che si lisciò le pieghe dell’abito di satin rosa e sostenne il suo sguardo con fermezza.

«Niente parola d’ordine, niente ingresso» disse altezzosa.

«Harry, la so io!» Qualcuno arrivava ansante alle sue spalle. Voltandosi Harry vide Neville che trottava verso di lui. «Indovina? Per una volta me la ricorderò…» Agitò il piccolo cactus striminzito che gli aveva mostrato in treno. « Mimbulus mimbletonia! »

«Esatto» disse la Signora Grassa e il suo ritratto sì spalancò verso di loro come una porta, rivelando un buco circolare nella parete.

La sala comune di Grifondoro era accogliente come sempre, una confortevole stanza rotonda in una torre, piena di poltrone spellate e mollicce e di vecchi tavoli traballanti. Un fuoco scoppiettava allegramente nel camino e alcuni ragazzi si scaldavano le mani prima di salire nei loro dormitori; dall’altra parte della stanza, Fred e George Weasley stavano appendendo qualcosa alla bacheca. Harry li salutò con la mano e puntò diritto verso la porta che conduceva al dormitorio dei maschi; non aveva molta voglia di chiacchierare al momento. Neville lo seguì.

Dean Thomas e Seamus Finnigan erano arrivati per primi e stavano coprendo le pareti accanto ai loro letti di poster e fotografie. Parlavano quando Harry aprì la porta, ma s’interruppero di colpo non appena lo videro. Harry si chiese se per caso stavano parlando di lui, poi se per caso stava diventando paranoico.

«Ciao» disse; si avvicinò al proprio baule e lo aprì.

«Ehi, Harry» rispose Dean, che si stava infilando un pigiama con i colori dei West Ham. «Belle vacanze?»

«Non male» borbottò Harry, poiché una cronaca veritiera della sua vacanza avrebbe occupato gran parte della notte e non se la sentiva. «E tu?»

«Sì, tutto bene» disse Dean con una risatina soffocata. «Meglio di quelle di Seamus, comunque: mi stava raccontando proprio adesso».

«Perché, che cos’è successo, Seamus?» chiese Neville posando con delicatezza la sua Mimbulus mimbletonia sul comodino.

Seamus non rispose subito; era molto impegnato ad assicurarsi che il poster della squadra di Quidditch dei Kenmare Kestrels fosse ben diritto. Poi disse, dando ancora la schiena a Harry: «La mamma non voleva che tornassi qui».

«Che cosa?» fece Harry, immobilizzandosi nell’atto di tirar fuori i suoi abiti.

«Non voleva che tornassi a Hogwarts».

Seamus si voltò e prese il pigiama dal baule, sempre senza guardare Harry.

«Ma… perché?» chiese Harry, esterrefatto. Sapeva che la madre di Seamus era una strega e non riusciva a capire come potesse essere diventata così simile ai Dursley.

Seamus non rispose finché non ebbe finito di abbottonarsi il pigiama.

«Be’» disse poi con voce misurata, «immagino… per colpa tua».

«Che cosa vuoi dire?» chiese Harry in fretta.

Il suo cuore batteva forte. Aveva la vaga sensazione che qualcosa gli si stesse chiudendo addosso.

«Be’» ripeté Seamus, evitando ancora lo sguardo di Harry, «lei… ehm… be’, non sei solo tu, è anche Silente…»

«Crede alla Gazzetta del Profeta ?» disse Harry. «Crede che io sia un bugiardo e Silente un vecchio pazzo?»

Seamus lo guardò.

«Sì, qualcosa del genere».

Harry non replicò. Gettò la bacchetta sul comodino, si tolse la veste, la ficcò rabbioso nel baule e s’infilò il pigiama. Era stufo marcio; stufo di essere la persona che tutti fissavano e di cui tutti parlavano di continuo. Se avessero saputo, se uno solo di loro avesse avuto la più vaga idea di come ci si sentiva a essere quello a cui erano successe tutte quelle cose… Che ne sapeva la signora Finnigan, quella stupida? pensò con ferocia.

S’infilò nel letto e fece per tirare le tende attorno a sé, ma Seamus disse: «Senti… cos’è successo veramente quella notte quando… sì, insomma, quando… con Cedric Diggory?»

Sembrava teso e curioso allo stesso tempo. Dean, che era chino sul suo baule nel tentativo di recuperare una ciabatta, si immobilizzò, e Harry capì che stava ascoltando.

«Perché me lo chiedi?» ribatté Harry. «Basta che tu legga La Gazzetta del Profeta come tua madre, no? Ti dirà tutto quello che hai bisogno di sapere».

«Non prendertela con mia madre» sbottò Seamus.

«Me la prendo con chiunque mi dà del bugiardo» ribatté Harry.

«Non parlarmi con quel tono!»

«Io parlo come mi pare e piace» disse Harry, con ira crescente, tanto che riprese la bacchetta dal comodino. «Se è un problema dividere il dormitorio con me, vai a chiedere alla McGranitt di spostarti… così tua mamma non sta più in pensiero…»

«Lascia stare mia madre, Potter!»

«Che cosa succede?»

Ron era apparso sulla soglia. I suoi occhi spalancati si spostarono da Harry, inginocchiato sul letto con la bacchetta puntata contro Seamus, a Seamus, in piedi con i pugni levati.

«Offende mia madre!» urlò Seamus.

«Che cosa?» disse Ron. «Harry non lo farebbe mai… abbiamo conosciuto tua madre, ci è simpatica…»

«Prima che si mettesse a credere a quello schifo della Gazzetta del Profeta !» gridò Harry.

«Ah» fece Ron, cominciando a capire. «Ah… ecco».

«La sai una cosa?» disse Seamus infervorato, scoccando a Harry un’occhiata velenosa. «Ha ragione. Io non voglio più stare in dormitorio con lui, è pazzo».

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